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Intervista con Max Fuschetto

14 min read

 World music e lingua arberesh, ricerca tra colto e popular, la straordinaria voce di Andrea Chimenti in ‘Les Roses d’Arbèn’, il compositore campano torna con un’opera suggestiva ed enigmatica, un elogio della diversità

Sùn Ná: il nuovo disco di Max Fuschetto
 
Max Fuschetto – Sùn Ná
…Musica colta, etnica e popular, tra sogno, luoghi indefiniti e respiri…
10 tracce – 45′ 26″
Hanagoori Music/distr. Audioglobe
 
 
Sùn Ná… quando qualcuno mi chiede cosa significa mi diverto a suggerire di leggerlo in dialetto: a tale richiesta la magica parola dischiude immediatamente la sua corolla di significati. Sognare, ecco, Sunnà. Sùn Ná sono due parole di lingua Yoruba presenti in un canto africano raccolto da Gerhard Kubik che significano “dormi ora”: quando le ho utilizzate come parola chiave del brano d’apertura Oniric States of Mind, c’è stato l’improvviso schiudersi di un’assonanza che sulle prime non avevo colto. Sùn Ná, dormi ora; Sunnà, sognare. Occhi aperti occhi chiusi…”. Dopo il successo del debutto Popular GamesMax Fuschetto torna con il secondo album Sùn Ná(Hanagoori Music/Audioglobe), un titolo che evoca curiose assonanze e apre nel migliore dei modi un’opera incentrata sul ricordo, gli oggetti magici, la memoria, le consonanze.
 
Compositore, oboista, autore sempre attento all’incrocio dei linguaggi, Max Fuschetto ha raccolto gli ottimi risultati di Popular Games (2010) e ha lavorato sperimentando nuovi equilibri e inedite combinazioni sonore: in Sùn Ná la messe strumentale e vocale sospende e sfuma il confine tra gli strumenti tradizionali e il corpo elettronico e, come di consueto nella scrittura di Fuschetto, spicca il crossover linguisticoSùn Ná è un elogio della diversità e delle connessioni: si canta in francese, in inglese, in lontane lingue africane, in arbereshe, tra musica colta, etnica, popular, improvvisazione e molto altro. “Il mio stesso parlare – dichiara l’autore – è un crossover: dialetto campano (vivo ascoltando almeno tre dialetti), italiano, inglesi maccheronici, un ‘orevuar’ qua e là, la lettura di autori giapponesi coi loro fouton ecc. Ma Sùn Ná vive soprattutto di relazioni, da Antonella Pelilli, che ha traghettato la sua esperienza nel campo arberesh, offrendo anche una visione lirica nuova e personale, alla vibrante chitarra elettrica di Pasquale Capobianco. Il mio compito è stato quello di farle dialogare insieme in maniera coerente.
 
Fuschetto trasforma forme consuete come quelle della canzone in esperienze liquide che lasciano libero l’inconscio di procedere: i temi chiave sono il sogno, il ritorno nei luoghi mitici dell’infanzia, l’amore, il mare inteso come condominio di casbe dove si inseguono le voci della diversità. In Sùn Ná Fuschetto ha raccolto preziose collaborazioni tra le quali spicca uno special guest d’eccezione: Andrea Chimenti, che chiude l’album con la sua inconfondibile voce in Les Roses d’Arbèn. “Quando ho immaginato che in Les Roses d’Arbèn sarebbe stata una originale variante, in virtù dell’idea poetica di base riferibile alle liriche trovadoriche, ho pensato che l’estensione della melodia era perfetta per la voce di Andrea: gli ho fatto ascoltare il brano, a lui è piaciuto molto, tanto che abbiamo immediatamente registrato. Né è venuta fuori una cosa completamente naturale, la sua partecipazione rispondeva a una necessità di natura estetica e ho trovato questo molto bello”. Accanto a Fuschetto musicisti di varia estrazione, da Pasquale Capobianco e Irvin Vairetti della storica rock band degli Osanna a Giulio Costanzo delle Percussioni Ketoniche, dal violoncello del S. Carlo Silvano Fusco alla fascinosa voce in lingua arberesh di Antonella Pelilli. Compare anche la scrittrice e regista Monica Mazzitelli, autrice del videoclip di Les Roses d’Arbèn (che vede la presenza dello stesso Chimenti), di imminente pubblicazione.
 
Il tour promozionale è già cominciato a marzo: le successive date sono 20 Maggio (Giulianova), 29 maggio (Fano e Pesaro), 30 Agosto (Ieranto), 9 settembre (IrnoFestival, Salerno).
 
 
Antonella Pelilli: voce
Pasquale Capobianco: chitarre
Andrea Chimenti: voce
Giulio Costanzo: percussioni
Silvano Fusco: violoncello
Irvin Vairetti: voce
Valerio Mola: contrabasso
Andrea Paone e Marco Caligiuri: batteria
Vezio Iorio: viola
Franco Mauriello: clarinetto
Luca Martingano: corno
Giuseppe Branca: flauto
 
Max Fuschetto: oboe, sax soprano, pianoforte, piano rhodes
 
Info:
 
Max Fuschetto:
 
Audioglobe:
 
Synpress44 Ufficio stampa:
 

Precedente intervista – http://www.kultunderground.org/art/1519

 

Intervista
 
Davide
Ciao Max, ben tornato su Kult Underground e ben tornato soprattutto con questo splendido lavoro musicale. Dal tuo precedente lavoro d’esordio a questa secondo sono passati cinque anni. Cosa hai fatto oltre a “Sùn Ná”?
 
Max
È stato un periodo alquanto movimentato da un punto di vista compositivo, il passo immediatamente successivo a Popular Games è stato quello di Nuragas, un brano che nasce dall’esplorazione e dall’utilizzo di materiali sonori originali. Nuragas è un brano realizzato utilizzando solo campanacci di mucca. Vengono sfruttate le possibilità del canone e i processi di sovrapposizione ritmica che ho sperimentato negli anni. Nella seconda versione, quella con elettronica, ho aggiunto anche l’antica tecnica dell’hochetus. Dal 2014 Nuragas è stato eseguito al Festival Universale delle culture, alla Perdonanza Celestiniana dell’Aquila, al Festival di Ravello, al Festival dello Scabec con i Tenores di Bitti. La prossima tappa sarà a Città di Castello il 27 Giugno.
 
Davide
“Sùn Nà” suona più omogeneo di “Popular Games”. Come ti sei misurato rispetto all’inevitabile confronto e riferimento a un precedente lavoro e al suo evolversi, o al tuo stesso evolverti?
 
Max
Nel mio piccolo ho sempre pensato a Popular Games come una sorta di Jean Santeil di Proust. Questo romanzo d’avvio, pur nel suo essere embrionale e sospeso nelle risoluzioni, contiene però molte direzioni della Recherche. Popular Games raccoglieva parte del mio passato: l’idea musicale di Portami con te, riscritta in Sùn Ná col titolo Quem Ma Tia, l’avevo realizzata intorno ai diciott’anni ma, vivendo in un mondo ai margini, il Fortore e la mia S. Marco dei Cavoti, allora non avrei saputo come realizzarla. Sempre in Popular Games, brani come Yee Moon Ye lo e Harsh voices rappresentavano il mio primo tributo al pensiero musicale africano e li avevo scritti a metà degli anni novanta già così come sono nel disco. In Sùn Ná si trascende rispetto agli elementi più evidenti: l’Africa, Bali  ci sono ma non si vedono; mi sono poi imposto un ensemble strumentale omogeneo. Inoltre è dedicato anche alla voce e al linguaggio poetico.
 
Davide
Il poeta Pascoli diceva che il sogno è l’infinita ombra del vero. Cosa lega, dal tuo punto di vista, il sogno e la musica, ma anche il vero e la musica?
 
Max
Una volta avevo dieci anni, suonavo ancora il pianoforte e non ero iscritto al consevatorio. Una notte ho sognato che ero all’organo ed eseguivo un brano che, rispetto alla musica che suonavo normalmente, era estremamente complesso oltre che bello. Più volte in sogno e negli anni si è ripetuta questa strana alchimia. Vi ho sempre riflettuto. Come potevo concepire una musica di questo genere che andava oltre la mia immaginazione? Evidentemente, nonostante tutta la nostra conoscenza, riguardo ai meccanismi dell’inconscio non sappiamo ancora nulla. E su questo nulla si può costruire.
 
Davide
Appena ho letto il titolo “Sùn Ná “, ti dirò, sapendo della tua terra d’origine, avevo pensato invece a qualcosa che avesse a che fare con il Sannio, magari col nome di una qualche dea sannita. Cosa c’è o rimane di fondamentalmente legato alle tue origini quando dialoghi con altre culture?
 
Max
La cultura della mia terra è sempre dentro di me; i suoni del paesaggio sonoro mi comunicano nella loro incontaminata bellezza una musica sempre nuova fatta di complesse polifonie, di poliritmie sghembe in cui ogni punto sonoro è vita pulsante. L’ho raccontato nel testo di Paisagem Do Rio (traccia 6 di Sùn Ná ). Anche molte musiche extraeuropee accolgono il mondo della natura. In un  brano registrato nell’isola di Bali, l’incipit è una polifonia di ance che imitano la ruvidezza e la gutturalità del gracidare delle rane. Riguardo a questo mondo sotterraneo, invisibile e magico mi viene in mente Musica della Notte della suite All’aria aperta di Bèla Bartòk.
 
Davide
Per navigare tra tanti mari e terre diverse, ci vogliono due stelle polari, una boreale, l’altra australe. Quali sono per te questi due poli celesti, ovvero quali punti di riferimento più importanti mantieni saldi nelle tue esplorazioni?
 
Max
Il primo è la ricerca da cui viene l’innovazione, l’altro è la spontaneità da cui viene il piacere di fare. Il resto accade vivendo.
 
Davide
Non pensi che la multiculturalità in una società culturalmente superficiale, come pare essere quella dell’Italia oggi, comporti ugualmente qualche rischio? Che significato ha per te la multiculturalità/interculturalità, l’incontro dell’altro e di altro da noi, specialmente nell’Italia di oggi (che sembra non avere più una sua identità culturale profonda) e di un “più” auspicabile futuro?
 
Max
Mi chiedi di tematiche complesse per le quali purtroppo non credo esista una ricetta. La cosa che più mi spaventa sono le contraddizioni che esistono dentro di noi. La frase che a riguardo mi ha colpito di più è stata quella di Arvo Part contenuta nell’intervista a Restagno e cioè che l’unico modo per migliorare il mondo è migliorare noi stessi. Credo che mettendo in relazione questa affermazione al nostro agire ci trovi scoperti su più fronti. È da qui che si deve partire per quanto mi riguarda.
 
Davide
Non può mancare una domanda sui musicisti e sulle voci che ti accompagnano in questo lavoro. Scrivi anche gli arrangiamenti o lasci che siano gli altri a crearli?
 
Max
Il lavoro di scrittura è mio e il processo compositivo avviene partendo da elementi di volta in volta differenti per cui nel disco non si può parlare di arrangiamenti. In Oniric States of Mind   il punto di partenza è la linea del contrabasso da cui è venuto fuori tutto il resto. L’unico brano che vede una compartecipazione nella scrittura è Quem ma Tia (Portami con te) dove la ricomposizione del brano parte dalla originale interpretazione armonica realizzata da Pasquale Capobianco alla chitarra. Una importante presenza in Sun Na è quella della poetessa e cantante Antonella Pelilli che ha realizzato delle bellissime liriche per il disco  e  ha interpretato i brani vocali con bellezza e levità. Il violoncello di Silvano Fusco, le voci uniche di Andrea Chimenti e Irvin Vairetti, il contrabasso di Valerio Mola, il tocco percussivo di Andrea Paone, Giulio Costanzo e Marco Caligiuri, i fiati di Franco Mauriello, Luca Martingano e Giuseppe Branca, la viola di Vezio Jorio. Il sostegno di Monica Mazzitelli. Grazie a loro Sùn Ná  ha un suono che è stato più volte sottolineato nelle recensioni che hanno accompagnato l’uscita del disco. 
 
Davide
Il brano “Samaher” si riferisce al personaggio del romanzo “La sposa liberata” di Abraham Yehoshua, quindi a quello che sta capitando tra arabi ed ebrei? Ovvero, più in generale, quando il sogno diventa invece un incubo?
 
Max
Direi che Samaher, con il suo sovrapporsi progressivo di elementi eterogenei, con l’intreccio costante di voci che cantano lingue differenti e con il suo urlo finale e liberatorio rappresenta la mia visione di questo esasperante conflitto che affiorava da bambino quasi quotidianamente sull’ unico canale che allora si prendeva dalle mie parti, il primo. Leggendo Yehoshua, ma anche altri autori dell’area mediorientale, ho capito di quanto in realtà abbiano bisogno gli uni degli altri.
 
Davide
La copertina e le immagini astratte del booklet, se ho capito bene, sono quelle entottiche, colorate e luminose di quando si chiudono gli occhi verso il sole? Le istruzioni scritte sembrano quelle del sunning del metodo Bates. Cosa volevi rappresentare esattamente e perché?
 
Max
Pur non avendo idea del metodo Bates, quando ero adolescente me ne andavo in un luogo silenzioso e carico di stroria del mio paese dove batteva il sole tutto il pomeriggio e chiudevo gli occhi. Il risultato in termini di colori e di movimento degli stessi era meraviglioso e  mi dava  la sensazione di annullarmi nel Sole. Nel booklet l’ho ricordata e ho voluto fosse anche una provocazione estetica. Marianna Longo, che ha curato il design complessivo, è riuscita a cogliere il senso di quello che le avevo descritto e ha inserito nel booklet una poetica che mi è cara, quella degli oggetti magici e che mi ricorda Klee. Ho voluto anche inserire due belle immagini di Cristina Zuppa e Antonio Coppola che esprimevano nel linguaggio fotografico alcuni elementi delle liriche.
 
Davide
Il tour promozionale è già iniziato. Chi ti sta accompagnando dal vivo? Che riscontri stai avendo dal pubblico e che tipo di relazione ti piace instaurare con esso?
 
Max
Il 21 Marzo abbiamo presentato il disco a Napoli e poi ci sono stati una serie di concerti che ci hanno portato anche al “Primo congresso mondiale dei diritti linguistici” di Giulianova promosso dall’Università di Teramo. Un riconoscimento per la notra attività, soprattutto di Antonella Pelilli e mia, di rivalutazione di una lingua minoritaria come l’arberesh. È stato un momento importante e per questo vorrei ringraziare Giovanni Agresti e Silvia Pallini. Il pubblico   stimola  un livello percettivo differente e, vista la difficoltà di realizzare alcuni brani del disco perché ci vorrebbe un’orchestra, mi sollecita a riscritture differenti, a soluzioni nuove che possono essere il preludio a qualcos’altro.
 
Davide
Sognare è la suprema genialità, scriveva Søren Kierkegaard. E suonare, cos’è per te? Che cosa  cerchi nella musica? In tutta la musica e quindi attraverso la tua?
 
Max
Suonare è sperimentare, suonare è toccare, è lasciarsi attraversare dalle vibrazioni. E anche  attendere che le vibrazioni risuonino nella nostra mente. I musicisti: operatori di frequenze e volumi credo dicesse Edgar Varese. Le soluzioni sonore riguardo alla chitarra elettrica di Secret Shadows (traccia 2 di Sun Na) o in Samaher mi sono venute anche toccando la chitarra elettrica. Se non l’avessi tenuta fra le mani molte delle intuizioni musicali non sarebbero apparse.  Immaginare e sperimentare, sperimentare e immaginare…
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Max

Un pensiero trasversale, un lampo o forse un tuono oppure la contemplazione del silenzio… tutto è possibile, rimango in attesa.

 
Davide
Grazie e à suivre…
 
 

 

MAX FUSCHETTO biografia
 
 
Max Fuschetto è un compositore, oboista e sassofonista campano.
 
Ha all’attivo diversi dischi come Frontiere (2005) in cui riscrive, insieme al pianista compositore Girolamo De Simone, musiche di Sakamoto, Brian Eno, Michael Nyman e presenta la composizione originale Shadows & Papillons. Nel 2010 pubblica Popular Games, un album di composizioni originali che ha riscosso  successo di pubblico e critica: è stato presentato in anteprima a Rai Radio Tre nella trasmissione Il terzo Anello e File Urbani, è stato trasmesso nel maggio 2013 dalla Deutschlandfunk Radio Berlin insieme a una lunga intervista.
 
Max Fuschetto collabora in qualità di compositore ed esperto di elettronica con l’ensemble Percussioni Ketoniche, per cui ha scritto il brano per campanacci Nuragas. Nel 2014, oltre alle esecuzioni all’Auditorium Parco della Musica di Roma, Nuragas è stato eseguito con live electronics al Festival di Ravello, al Forum Universale delle Culture, alla Perdonanza de L’Aquila e di nuovo a Napoli alla Chiesa di Donnaregina Nuova con i Tenores di Bitti. Ha collaborato inoltre con Robert Carl, Enrico Cocco,  Vito Ranucci, Mauro Bortolotto, Pericle Odierna e il S. Carlo di Napoli. Fuschetto ha anche scritto musica per cortometraggi come Midsommar di Monica Mazzitelli (2012). Collabora stabilmente con la cantante e autrice di lingua arberesh Antonella Pelilli,con cui condivide progetti artistici come l’ultimo tour estivo dedicato alle culture minoritarie, che trovano nel nuovo  lavoro discografico un luogo d’eccellenza di sperimentazione.
 
Il 9 marzo 2015 vede finalmente la luce il nuovo album Sùn Ná (distribuito da Audioglobe), con la partecipazione straordinaria di Andrea Chimenti. Un disco che ancora una volta, con maggiore profondità del passato, immagina e compie un percorso tra musica colta, pop d’autore, world music, contemporanea ed elettronica. Per l’occasione, Sùn Ná ottiene uno streaming in anteprima esclusiva sulla prestigiosa testata SentireAscoltare.
 
 
Curriculum esteso
 
Max Fuschetto è oboista, sassofonista e compositore.
 Si diploma in oboe al conservatorio Nicola Sala di Benevento e negli anni di apprendistato si dedica all’esecuzione del repertorio classico e contemporaneo, sia come solista che in “small and large” ensemble.
 Collabora con l’Orchestra della Nuova Scarlatti, con il Teatro S.Carlo, con la Piccola Orchestra dell’Emilia Romagnaesibendosi al Teatro comunale di Bologna, al Regio di Parma, a Castelgandolfo, al Bibiena di Mantova, al Belvedere di S.Leucio.
Nel 1993 è al Festival del Mondo Arabo al teatro romano di Cartagine.
Questi anni sono caratterizzati anche dall’esplorazione sistematica delle musiche che gli sono più congeniali: la popular music, la musica colta del novecento, un certo Jazz, la musica africana subsahariana, i gamelan balinesi il cui primo approdo è il music theatre Red Bush (2000), per voce e piccolo ensemble, in collaborazione col compositore Pericle Odierna e su testi di Giuliana Cacciapuoti.
L’anno successivo realizza Overture per Koyaanisqatsi per quartetto ed elettronica per il Teatro d’innovazione Galleria Toledo di Napoli e Fase Rem per soprano ed elettronica eseguito in prima nella rassegna Doppio Sogno a Villa Pignatelli.
E’ di quest’anno la collaborazione col pianista compositore Girolamo De Simone che in duo eseguono accanto ai propri lavori le musiche di compositori di frontiera come Sakamoto, Nyman, Eno, Vangelis originalmente riscritte. 
Dai concerti realizzati in sale significative come il Teatro Cherubini di Firenze e l’Auditorium Parco della Musica di Roma nasce il discoFrontiere che avrà nel 2006 il premio “Fontana d’Argento “.
Nel 2004 si consolida la collaborazione col gruppo delle Percussioni Ketoniche con FishingSong (Compositori a confronto Reggio Emilia 2005) e Nuragas (2010) un brano per 22 campanacci rielaborato nel 2014 in una versione con live electronic.
Nel 2006 su commissione del Ravello Festival scrive Popular games for Cello Solo nell’esecuzione di Silvano Maria Fusco.
Nel 2009 pubblica il disco Popular Games (per Hanagoorimusic/Konsequenz) che viene trasmesso in anteprima nella trasmissione di Rai Radio Tre File Urbani (17gennaio 2009).
Il CD Popular Games ha ricevuto recensioni su Il Giornale della Musica, Repubblica, Alias, Il Fatto Quotidiano, Rockerilla, Jam, InSound, Equipecò, Slowcult, Music on Tnt. 
Nel 2012 realizza Midsommar ispirato all’omonimo racconto di Monica Mazzitelli.  
Ha collaborato inoltre con Vito Ranucci (Il giardino delle Delizie), Enrico Cocco, Robert CarlMauro Bortolotti.
Nel maggio 2013 è stato intervistato dalla Deutschlandfunk Radio Berlin insieme a Vito Ranucci e Girolamo De Simone per uno speciale dedicato alla musica Contemporanea a Napoli).
Nel 2014, nell’ambito del festival internazionale del 700 napoletano, in Resurrection – Jommelli Granular – presenta in prima assoluta “Evanescent Vision” dedicata al compositore napoletano Niccolò Jommelli. 
Come compositore e performer, con le Percussioni Ketoniche, partecipa a Campane in scena, dicembre 2013 Auditorium Parco della Musica di Roma (Accademia nazionale di S. Cecilia) e nel 2014  al Festival di Ravello, alla Perdonanza Celestiniana de l’Aquila, al Forum internazionale delle culture di Napoli e ad un memorabile concerto coi Tenores di Bitti, organizzato dall SCABEC alla basilica di Donna Regina Nuova di Napoli. Sempre del 2014, la partecipazione a “Cultura arberesh in tour” con Antonella Pelilli attraverso l’alto e il basso Molise culminato nel concerto “ Mater Mediterranea “ a Napoli, complesso monumentale della Pietrasanta.
Nel marzo del 2015 pubblica il suo nuovo album Sùn Ná (Hanagoori Music/Audioglobe) con la partecipazione straordinaria di Andrea Chimenti. Un disco che ancora una volta, con maggiore profondità del passato, immagina e compie un percorso tra musica colta, pop d’autore, world music, contemporanea ed elettronica.

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