Myricae è il titolo del mio nuovo album, una raccolta di nove brani strumentali inediti, selezionati tra tutto il materiale scritto negli ultimi cinque anni. È un lavoro che ha come protagonista il mio strumento, la chitarra, in tutte le sue forme, colori e accezioni e il mio modo di fare musica.
Comprende brani registrati in sala, senza sovraincisioni, totalmente in presa diretta e altri sui quali ho voluto includere interventi di produzione e contributi di artisti ospiti.
Questo album nasce dall’esigenza artistica di mettere a nudo la mia musica tra scrittura e improvvisazione, a cavallo tra jazz, musica etnica, classica e d’avanguardia e di lavorare in modo profondo sul mio strumento, sulle sonorità che può produrre in forma acustica o elettrica.
Myricae è una dedica a mio padre, una figura fondamentale per il mio percorso artistico, grazie a cui ho avuto la possibilità di dedicarmi alla musica ricevendo sostegno e incoraggiamento.
Il titolo stesso dell’album, che fa riferimento a una raccolta di poesie di Giovanni Pascoli, è stato scelto dopo aver ritrovato una scatola contenente varie audiocassette registrate proprio da mio padre in modo amatoriale durante la mia infanzia, nel momento in cui muovevo i miei primi passi musicali. Una di queste era intitolata proprio “Myricae”, cioè “tamerici”. Il titolo faceva riferimento alla metafora fatta da Pascoli, tra questi piccoli arbusti e il suo modo di esprimersi: una poesia che cantava temi familiari, vita quotidiana, affetti intimi.
Ho trovato una grande assonanza tra questo concetto e il mio modo di comporre e fare musica: una necessità quotidiana, espressione di me stesso, delle piccole e grandi cose della vita. Buon ascolto!
Luca Falomi
Note di copertina
In un tempo complesso come quello che stiamo vivendo tornare all’essenza significa andare coraggiosamente controcorrente.
È ciò che ha fatto Luca Falomi con questa opera matura e poetica concepita nei cinque anni che hanno cambiato il volto del mondo e degli uomini.
Myricae sa di terra e di vento. Sa del mare della Liguria, terra dalla quale il compositore e strumentista proviene e che respira di Mediterraneo attraversando mito e rito.
Le sue ultime chitarre si spogliano del superfluo per vestire la sostanza che rimanda all’anima e al cuore.
Che musica è la sua? Sono suoni che lasciano spazio. Fendono il silenzio che esplode in mille schegge attraverso una creatività trasbordante che egli esprime sia attraverso la scritture che l’esecuzione mai fine a sé stessa ma sempre in ascolto e in dialogo con i vari ospiti che impreziosiscono questo lavoro discografico.
Myricae è il boato del silenzio in risposta a quello provocato dal tempo che corre e scorre incessantemente, tra conflitti e scoperte, umanesimo e tecnologia.
Un ossimoro che la musica, seppur scevra di parole, rappresenta più di ogni altro linguaggio artistico, offrendo un immaginario che rimanda ai temi pascoliani dai quali Falomi ha attinto a piene mani per alimentare il pàthos e la poesia che affiorano in questa opera magnificente e fiorita.
Le tamerici profumano di sale e promettono l’eternità.
Paolo Fresu
Dalle note di copertina
Abeat records 2025
https://www.abeatrecords.com/music/shop/myricae/
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Intervista
Davide
Buongiorno Luca e ben ritrovato su queste pagine. Un anno fa abbiamo parlato di “Mare aperto” realizzato in trio con Alessandro Turchet e Max Trabucco. Ora, anche se presenti alcuni ospiti, ti presenti con un disco sostanzialmente da solista, il quale raccoglie cinque anni di composizioni alla chitarra. Quindi il tutto sembrerebbe iniziare nell’anno della pandemia. Com’è dunque nato questo tuo progetto e come si è evoluto, attraverso quali fondamenti ideali e quali necessità probabilmente più intime e personali?
Luca
Buongiorno a te e grazie per questo spazio a me dedicato. Il progetto Myricae era nei miei pensieri già dal 2015/16 anche se con differenze sostanziali perché avevo pensato di utilizzare alcune locations suggestive sia per acustica che a livello estetico per registrare le mie composizioni, una sorta di esperienza immersiva e di performance. In seguito, però, ho pensato che non fosse ancora il momento giusto e ho dato la priorità ad altri progetti condivisi come Naviganti e Sognatori, Motus Laevus ed Esperanto, con i quali ho pubblicato vari album e altre collaborazioni molto belle. Nel primo lockdown mi sono trovato a riprendere in mano tutto il materiale che avevo scritto e ho trovato alcune cose molto belle che ho terminato e sistemato. Gli anni successivi sono stati molto produttivi e “fertili” dal punto di vista creativo e ad un certo punto mi sono trovato con un bel repertorio per le mani, coerente e che musicalmente mi soddisfaceva molto e ho deciso di mettere in cantiere Myricae. Particolare non di poco conto, ho ritrovato alcune audiocassette registrate da mio padre durante la mia infanzia, dove suonavo i miei primi brani, ancora bambino. Una di queste, aveva in copertina una mia foto in bianco e nero e portava proprio il titolo “Myricae”. Mio padre aveva voluto richiamare in modo simpatico Pascoli e Virgilio, evocando le tamerici come simbolo di semplicità e cura con la quale si portano avanti i propri progetti, come arbusti che giorno dopo giorno crescono. Quest’immagine è questo titolo mi sono piaciuti talmente tanto che ho deciso di intitolare in questo modo il mio album e dedicarlo a mio padre, figura per me importantissima a livello personale e artistico.
Davide
Nelle note di copertina hai scritto di aver voluto mettere a nudo la tua musica tra scrittura e improvvisazione, a cavallo tra diversi generi: cos’hai dunque scoperto e da cosa hai liberato la tua musica e il tuo modo di farne che prima era invece avvolto o ricoperto?
Luca
Non so se ho scoperto qualcosa di nuovo ma sicuramente ho sviluppato maggiormente il mio approccio allo strumento e al suonare da solo. In precedenza forse avevo timore di espormi così tanto, negli anni invece è diventata un’esigenza vera e propria che mi ha portato a passare molto tempo sul mio strumento, a ricercare molte sonorità che precedentemente non utilizzavo, a organizzare il discorso musicale esclusivamente sul mio strumento, per l’appunto tra scrittura e improvvisazione. La chitarra è uno strumento davvero completo sotto molti punti di vista. Può diventare una piccola orchestra e sto cercando di utilizzarla come tale.
Davide
Hai lavorato anche sulle sonorità che il tuo strumento, la chitarra, può produrre in forma acustica o elettrica. In che modo e verso quali nuovi equilibri essenziali e nuove consapevolezze e personali, anche tecniche?
Luca
Sono un grande amante dei suoni acustici e puri e ritengo che contengano in sé una grande complessità. Amò cimentarmi con strumenti diversi: nel mio album spazio dalla chitarra classica alla chitarra baritona, passando per elettriche, acustiche, 12 corde. Ogni strumento ha un suo carattere e suggerisce qualcosa di diverso a livello emotivo. Come dice la parola, uno “strumento” non è altro che un mezzo per esprimersi, che ha un suo carattere e può ispirarci o comunque portarci a esprimerci in modi differenti. Quindi mi sono fatto ispirare dai miei strumenti e li ho utilizzati al tempo stesso per evocare sensazioni, pensieri e paesaggi che avevo dentro.
Davide
Hai già spiegato perché hai intitolato questo lavoro come la raccolta poetica di Giovanni Pascoli e presa da un verso di Virgilio (“Non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici”), che stava a significare che non a tutti piace una poesia semplice. Quella del Pascoli, tuttavia, era una poesia solo apparentemente semplice. Qual è stato il tuo lavoro sulla semplicità nel comporre, suonare e arrangiare questi brani senza tuttavia perdere in profondità?
Luca
Amo tantissimo la musica quando è al tempo stesso accessibile e complessa. Nel mio percorso ho sviluppato gusti musicali molto precisi e particolari e cerco di affinare continuamente la mia tecnica compositiva. Sono un amante della melodia e delle armonie evocative. Quando c’è un bel tema o un giro armonico accattivante (o tutti e due insieme), l’ascoltatore entra subito in un mondo. Il mio approccio alla scrittura è molto diretto e mi porta a dare una forma musicale ai miei pensieri, ai miei sentimenti, a ciò che vivo nella mia vita. Penso che la musica sia uno dei modi che abbiamo per esprimerci, proprio come parlare una lingua. Per esprimere un pensiero, spesso, bastano poche parole giuste e credo che lo stesso concetto valga per la musica. Spesso sento musicisti che si perdono dentro a fiumi di note senza senso o che tendono a voler stupire con un uso eccessivo del virtuosismo o che da anni propongono sempre gli stessi concetti musicali in modo quasi autoriferito. Io cerco di usare le mie capacità tecniche in funzione della musica che suono e con il passare degli anni tendo a togliere anzi che aggiungere, arrivando a concetti musicali semplici e comprensibili ma non banali e inseriti sempre in un contesto interessante e stimolante artisticamente.
Davide
L’album, sebbene la tue chitarre siano lo strumento principale, si avvale anche di alcune collaborazioni. Ci presenti, dunque, gli ospiti di “Myricae”? Inoltre, perché quelle precise scelte sonore e canore in alcuni brani? Come dialoga la tua chitarra con le sonorità occasionali degli altri strumenti e con la voce umana o il viceversa in questo lavoro?
Luca
Myricae è nato come un progetto in solo e in un primo tempo addirittura avevo pensato di non sovraincidere nessuna parte aggiuntiva ma di suonare tutto in presa diretta. Successivamente, arrangiando i brani e suonandoli, ho sentito l’esigenza di dare una vita diversa ad alcuni di essi, che ritenevo potessero avere uno sviluppo differente arricchendoli con altri strumenti e sonorità. Ho coinvolto come coproduttore Stefano Della Casa, uno dei miei più cari amici, polistrumentista e compositore di musiche per il cinema. Stefano mi ha aiutato in tutte le scelte musicali consigliandomi sempre per il meglio grazie alla sua visione musicale, alla sua esperienza e al suo gusto. Gli ho anche affidato la produzione di due brani, “Enigma” e “Sciarada”, sui quali si è espresso con sintetizzatori e un uso davvero bello dell’effettistica, arricchendo le mie composizioni con nuovi colori e suggestioni. Sul brano “Peace song” ho coinvolto altri due amici: Giovanni Ceccarelli al rhodes e Marco Fadda alle percussioni, due artisti che stimo moltissimo e che hanno un’estetica molto simile alla mia. Sul brano “Stefano e Irene”, invece, ho voluto mettere in risalto la cantabilità del tema doppiando la mia chitarra con la bellissima voce di Giulia Beatini, una cantante di formazione classica, specializzata in musica barocca e contemporanea ma da sempre versatile e attenta a tutte le forme musicali. Giulia ha utilizzato una vocalità leggera e quasi aerea che si è sposata alla perfezione con la mia chitarra, creando un sound nuovo e per mio gusto bellissimo.
Davide
C’è a volte, più o meno conscio o inconscio, chiaro e dichiarato o nascosto, un senso nella disposizione delle tracce di un album. Come si articola il viaggio musicale di “Myricae” dalla iniziale “Sciarada” alla conclusiva “Step on time”? Cosa racconterebbe ulteriormente l’ordine delle tracce da te infine deciso?
Luca
I brani che ho selezionato per Myricae sono stati composti in momenti diversi, nel corso degli anni e in un certo senso hanno un carattere biografico, raccontano i miei pensieri e alcuni momenti della mia vita. Quando mi approccio a un album mi piace creare un percorso che possa coinvolgere l’ascoltatore in un’esperienza immersiva, cercando di mantenere viva l’attenzione di brano in brano. In questo caso è stato piuttosto facile dare un ordine alle tracce, alternando brani più intimi ad altri più arrangiati e complessi e ragionando sul carattere stesso delle composizioni, le tonalità e il tempo. Una volta ipotizzata la tracklist ho avvertito la necessità di inserire una sorta di introduzione a tutto l’album, qualcosa di “trasognato”, che potesse dalle prime note prendere per mano l’ascoltatore e portarlo nel mio mondo. E così è nato “Sciarada”: un arpeggio semplice ma musicalmente interessante suonato sulla chitarra baritona con una cellula melodica in aggiunta molto simile a quella del brano Enigma e uno sviluppo per sovrapposizione che porta a un solo di chitarra elettrica. Mi è piaciuto molto creare un trait d’union che collegasse idealmente la traccia di apertura con un altro brano dell’album, in modo da richiamare all’ascolto elementi e atmosfere simili ma con un diverso sviluppo.
Davide
Segovia disse che “tra le creature di Dio due, il cane e la chitarra, hanno le dimensioni e le forme giuste per non essere separati dall’uomo”. Cos’è stata per te la chitarra quando hai iniziato a studiarla e a suonarla, cos’è diventata oggi?
Luca
Sono assolutamente d’accordo con Segovia! La chitarra è uno strumento facile da trasportare e da imbracciare in qualsiasi situazione. Non ha il volume di uno strumento a fiato e questo permette a noi chitarristi di suonare quasi ovunque e in qualsiasi momento (o almeno lo crediamo, salvo poi rompere le scatole a tutti!). Per me la chitarra è stata una folgorazione quando ero bambino. L’ho sentita suonare all’asilo e ne sono rimasto completamente stregato. Nella mia infanzia la vivevo quasi come una necessità quotidiana, un oggetto che si animava sotto le mie dita e che mi metteva continuamente alla prova. Ogni giorno c’era un ostacolo da superare e qualche sfida da affrontare, che poteva essere suonare un brano per intero senza commettere errori, imparare una scala o tirare giù a orecchio una melodia che avevo ascoltato su un album o provare a improvvisare su un giro armonico, a volteincidendo delle basi con mezzi piuttosto rudimentali. Col passare del tempo la chitarra è diventata parte di un mondo sempre più vasto, quello della musica, che comprende anche l’ascolto, la scrittura e in senso lato l’essere parte di una comunità di artisti. Il mio strumento è anche un rifugio da tutto e da tutti, mi permette di isolarmi nel mio mondo e di avvicinarmi a una forma di meditazione e di catarsi. Continuo a sentire la necessità quotidiana di suonare e quando non riesco a farlo per qualche giorno sento aumentare lo stress e il bisogno di riequilibrarmi.
Davide
Anche se forse non ti sei ispirato direttamente al libro del Pascoli, c’è una sua poesia nella raccolta “Myricae” che tu sceglieresti la quale possa rappresentare idealmente questo tuo lavoro? Se sì, quale e perché?
Luca
Ho avuto modo di rileggere Myricae di Giovanni Pascoli qualche anno fa in occasione di un mio concerto a Villa Torlonia (la sua abitazione), quando l’organizzatore me ne regalò una copia da collezione molto bella. Non mi sono ispirato a nessuna poesia in particolare, anche perché stilisticamente l’opera di Pascoli presenta forme poetiche molto classiche, mentre la mia musica è decisamente più sperimentale e non legata a quel tipo di riferimenti. Ho trovato, però, alcune assonanze interessanti con i temi affrontati da Pascoli, come ad esempio il senso del mistero della vita, la malinconia, gli affetti più cari, la casa come rifugio dal mondo e in generale la poetica del fanciullino, cioè la capacità di riuscire a guardare la realtà che ci circonda con stupore e meraviglia, che tendiamo a perdere crescendo e diventando adulti.
Davide
Cosa seguirà?
Luca
Ci sono varie cose in cantiere. La prima è un altro album live in studio con il mio quartetto che ho assemblato in questi mesi proprio per presentare Myricae dal vivo. Sto scrivendo molta musica nuova e mi piacerebbe registrarla il prossimo anno. Poi in autunno sarò in studio con Anais Drago e Fausto Beccalossi per registrare un nuovo progetto dedicato a Federico Garcia Lorca dal titolo Gracia. Sto anche lavorando su un libro/cd ma su questo non posso ancora spoilerare nulla! Nei prossimi mesi sarò impegnato nella promozione del mio album e vi invito a seguire il mio calendario di concerti sul mio sito www.lucafalomi.com o sui miei canali social.
Davide
Grazie e à suivre…