Il regista sipontino Stefano Simone ritorna con un nuovo film e questa volta lo fa, più che mai, in maniera inconsueta e sorprendente. Il titolo del film – Il fantasma di Alessandro Appiani – potrebbe trarre in inganno gli spettatori, inducendoli a pensare a una pellicola horror o velata di mistero, come spesso il regista ci ha abituati in questi anni. E invece ecco la sorpresa: il lungometraggio, di circa un’ora e mezza, è una bella commedia, leggera e con un paio di gag spiritose.
Un film che scorre senza pause e che rende la visione godibile per lo spettatore. Non mancano i riferimenti ad altri film del camaleontico regista, in particolare a L’uomo col cilindro. Infatti, in una scena viene mostrato alla protagonista un libro intitolato Luoghi arcani e misteriosi con l’immagine di Villa Rosa che campeggia sulla copertina (Villa Rosa è la location dove è ambientata la narrazione de L’uomo col cilindro). Altro riferimento al medesimo film è la camminata dei protagonisti sui binari morti.
Pur essendo una commedia, un filo di mistero percorre tutta la pellicola e annoda le morti di alcuni personaggi alla presenza di un fantasma, quello di Alessandro Appiani. Il finale è un piacevole colpo di scena. Come le location risultano appropriate al contesto, anche la musica si mostra funzionale, coinvolgendo lo spettatore e creando suspense. Ben curati i dialoghi. Ma a fare alzare l’asticella del livello qualitativo del lungometraggio è senza dubbio la bravura di tutti gli attori, specialmente dei giovani protagonisti Rosa Vairo e Matteo Mangiacotti, veri talenti naturali.