KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Il “Tribunale dei Ministri”: ancora tra politica e diritto…

10 min read
Bisognerebbe mandare al governo
coloro che non amano il potere
Platone
 
I reati commessi dal Presidente del Consiglio dei Ministri, o da un Ministro, nell’esercizio delle loro funzioni sono qualificati come “reati ministeriali”: l’art. 96 della Costituzione, collocato nella sezione I (disciplina del Consiglio dei Ministri) del titolo III (sul Governo) della parte II relativa all’ordinamento della Repubblica, si occupa direttamente di questo tipo di illeciti[1], che possono essere commessi solo dal Capo del Governo[2], o dai Ministri[3], in occasione o a causa dello svolgimento delle loro funzioni, cioè con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti alla loro carica pubblica. L’art. 96 recita:
“Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.”
La disposizione in esame si riferisce chiaramente alla responsabilità penale dei membri dell’esecutivo: quella politica e quella amministrativa sono disciplinate dall’art. 95 Cost., nel senso che il Governo è responsabile politicamente nei confronti del Parlamento quando si discosta dall’indirizzo “politico amministrativo” sul quale ha chiesto ed ottenuto la fiducia dalle Camere[4]. Inoltre, sui Ministri, grava una “responsabilità amministrativa” in relazione all’attività da essi svolta al vertice dei rispettivi dicasteri e, come “funzionari dello Stato”, possono essere responsabili civilmente ai sensi dell’art. 28 della Costituzione[5] stessa.
Non è ammissibile, invece, per i Ministri una responsabilità “disciplinare”, cioè per violazione dei doveri di ufficio, propria di tutti i pubblici funzionari; ciò perché la loro qualità di organi costituzionali li sottrae ad una subordinazione gerarchica verso un’autorità superiore, e, quindi, a qualsiasi controllo in tal senso.
Analogamente a quanto accade per il Capo dello Stato (art. 90, comma 1 Cost.[6]) la Costituzione traccia una distinzione specifica tra i reati commessi dai membri del Governo nell’esercizio delle proprie funzioni e quelli compiuti come privati cittadini. Di questi ultimi, tanto i Ministri che il Capo dello Stato rispondono al pari di qualsiasi altro soggetto.
Nel testo originale della Carta fondamentale l’articolo 96 fu approvato per armonizzare la disciplina della responsabilità del Capo del Governo e dei Ministri a quella prevista dall’art. 90 sulla messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica[7]: una procedura, questa, che prevedeva delle “Commissioni parlamentari inquirenti” a giudicare i reati ministeriali e che, all’atto pratico, dimostrava evidenti limiti, dovuti al rischio di faziosità del loro operato a scapito dei principi di eguaglianza (art. 3 Cost.), di legalità (art. 25 Cost.) e della divisione dei poteri da parte di tale “judex suspectus”, composto di membri del Parlamento a giudicare un membro del Governo.
Tale assetto, previsto da una norma ordinaria di attuazione dell’art.96, è stato oggetto di Referendum abrogativo nel novembre 1987, nel quale ha prevalso il voto favorevole alla cancellazione della norma[8].
La successiva riforma costituzionale riformulando, come detto sopra, l’art. 96, ha affidato alla Magistratura ordinaria la giurisdizione sui reati ministeriali, cercando di contemperare due diverse esigenze: da un lato, quella di mantenere delle garanzie nei confronti di chi svolge un’alta e delicata funzione, così da evitare eventuali strumentalizzazioni politiche, dall’altra, quella di non fissare un regime processuale eccessivamente differenziato da quello riservato al comune cittadino[9].
Tuttavia la procedura prevista dalla Legge Costituzionale n.1/1989, è assai particolare: il procedimento ha inizio nel momento in cui vengono presentate, potenzialmente da chiunque, “denunzie, referti o rapporti” relativia reati ministeriali, che devono essere inviati al Procuratore della Repubblica del Tribunale del capoluogo del distretto di Corte d’Appello competente per territorio[10].
Ricevuta la “notitia criminis”, il PM non deve indagare, ma limitarsi a trasmetterla, entro 15 giorni, a un Collegio di Magistrati (ordinari di tribunale e giudicanti), previstoall’art.7 della Legge, unitamente alle sue richieste di accusatore: presso il Tribunale ordinario del capoluogo del distretto di Corte d’Appello, infatti, è istituito un Collegio composto di tre membri effettivi (e tre supplenti[11]), comunemente noto come “Tribunale dei Ministri”, anche se la legge non usa mai questa espressione, sezione “specializzata” dell’organo di primo grado, presieduto dal Magistrato con funzioni più elevate[12], o, in caso di parità di funzioni, da quello più anziano d’età[13].
Secondo l’art.8 della Legge Cost. il Tribunale dei Ministri effettua un primo vaglio della documentazione posta a base delle accuse, svolgendo il ruolo sia di Giudice delle Indagini Preliminari che di Pubblico Ministero, quasi che di fronte a tali accuse e a tali “indagati” il legislatore abbia voluto assicurare una garanzia di terzietà rafforzata nella valutazione delle prove, affidata a Magistrati giudicanti e non al Procuratore “accusatore”. Entro 90 giorni dal ricevimento degli atti il Tribunale stesso, compiute le indagini preliminari, e “solo” sentito il Pubblico Ministero, “se non ritiene che si debba disporre l’archiviazione[14]” dispone la richiesta di “autorizzazione a procedere[15].
Nel procedimento stabilito dalla Legge Costituzionale la garanzia più importante per l’indagato membro del Governo, e al contempo il punto di attrito più delicato fra diritto e politica, è rappresentato appunto dall’intervento del Parlamento[16].
L’art.5 della Legge in esame recita: “L’autorizzazioneprevista dall’articolo 96 della Costituzione spetta alla Camera cui appartengono le persone nei cui confronti si deve procedere, anche se il procedimento riguardi altresì soggetti che non sono membri del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati. Spetta al Senato della Repubblica se le persone appartengono a Camere diverse o si deve procedere esclusivamente nei confronti di soggetti che non sono membri delle Camere.
L’art.9 continua specificando che: “Il Presidente della Camera competente… invia immediatamente alla Giunta … per le autorizzazioni a procedere in base al regolamento della Camera stessa gli atti trasmessi…[17]”.
A questo punto, dopo l’esame nella commissione/Giunta specializzata[18], il caso passa all’Assemblea plenaria di Senato o Camera, chiamata ad esprimere l’ultima parola sulla concessione o meno dell’autorizzazione a procedere, in definitiva sulla possibilità del componente (o ex) del Governo di essere sottoposto a processo penale per atti commessi nell’esercizio delle sue funzioni, riconosciuti come reati penali da perseguire.
I termini utilizzati dal Legislatore del 1989 a questo riguardo, indicano che la questione è essenzialmente politica più che giuridica: “L’Assemblea si riunisce entro sessanta giorni dalla data in cui gli atti sono pervenuti al Presidente della Camera competente e può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l’autorizzazione a procedere ove reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo.”
Risulta evidente che una formula così ampia, generica e aperta ad una possibile interpretazione tutta politica, “insindacabile” da parte dell’istituzione più politica del nostro ordinamento repubblicano, il Parlamento appunto, assicura al Presidente del Consiglio, o al Ministro sotto accusa, una sorta di “privilegio” che in realtà dovrebbe essere una garanzia per la “continuità” dello svolgimento delle loro delicate funzioni di governo[19].
Nel caso contrario in cui il ramo del Parlamento coinvolto decida di concedere l’autorizzazione a procedere, l’art.11 L.Cost.n.1/1989 prescrive che il giudizio di primo grado sia celebrato dal Tribunale ordinario del capoluogo del Distretto di Corte d’Appello competente per territorio. Non più, però, dal Tribunale dei Ministri, i cui componenti, che hanno svolto le indagini, non possono partecipare alle ulteriori fasi del procedimento, celebrato secondo le norme ordinarie del Codice di Procedura Penale.
L’art. 96 della Costituzione prevede, in definitiva, una norma a tutela dei Membri del Governo che limita, in modo significativo, le reali possibilità operative del potere giudiziario, nell’accertamento e punizione di reati; il legislatore costituzionale del 1989 ha compiuto la scelta politica per la quale la “tutela di un interesse dello stato costituzionalmente rilevante”, o il perseguimento di un “preminente interesse pubblico nell’esercizio delle funzioni governative” debbano prevalere anche di fronte alla commissione di reati.
All’istituzione custode della sovranità popolare, il Parlamento, la valutazione circa la presenza effettiva di questi interessi da tutelare…
 
E’ più facile assumere un sottosegretario
che una responsabilità
Leo Longanesi
 
(Nell’immagine in testa all’articolo: Roma, Palazzo Chigi: sala del Consiglio dei Ministri)

[1] reati c.d. “propri”.

[2] Spesso chiamato atecnicamente “premier”, esso è un organo costituzionale di primo rilievo, che coordina l’attività del Governo e dell’Esecutivo in generale. Viene nominato dal Presidente della Repubblica dopo le consultazioni, con l’affidamento dell’incarico di governo e quindi della creazione della struttura che egli presiederà e che dovrà prima ottenere la fiducia delle Camere. Tale struttura si sostanzia nei ministri, che coordina mediante la funzione di stimolo o di freno, nel segretario generale e nei sottosegretari e nelle diverse ulteriori strutture o dipartimenti tecnico-amministrativi.
Dirige la politica del Governo e risponde dinanzi al Parlamento.

[3] Organo costituzionale monocratico, necessario e di nomina del Capo dello Stato con un distinto atto rispetto a quello di nomina del Presidente, che li presiede in Consiglio. Ad ogni Ministro viene affidato un compito di indirizzo e vigilanza su di una branca dell’amministrazione pubblica. 

[4] Art.95 I comma, Cost.: “Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri.”. La sfiducia votata anche da un solo ramo del Parlamento costituisce la “sanzione” a questo tipo di responsabilità.

[5]6 Costituzione PARTE I – Diritti e doveri dei cittadini – Titolo I – Rapporti civili
Art.28: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.”
 
[6] Cfr. Kultunderground n.279-OTTOBRE 2018: “Impeachment”: Presidente in stato d’accusa…” di Alberto Monari, rubrica Diritto.
 
[7] Art. 96. Cost. (testo originale 1948)
“Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri sono posti in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune per reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni.”

[8] Il Partito Radicale, il Partito Liberale Italiano e il Partito Socialista Italiano presentarono nel 1987 la richiesta di referendum per ottenere, tra altri obiettivi, l’abrogazione della “Commissione inquirente”. Il quesito, «Volete voi l’abrogazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della l. 10 maggio 1978 n. 170 recante (Nuove norme sui procedimenti d’accusa di cui alla l. 25 gennaio 1962 n. 20)?», ottenne una percentuale di SI dell’85,04%, con un quorum di affluenza alle urne del 65,10 %. Fonte Wikipedia.

[9] L.Cost. 16 gennaio 1989, n. 1 Modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e norme in materia di procedimenti per i reati di cui all’articolo 96 della Costituzione, pubblicata nella Gazz. Uff. 17 gennaio 1989, n. 13.

[10] Art.6 L.Cost.n.1/1989. 

[11] Estratti a sorte tra tutti i magistrati in servizio nei tribunali del distretto che abbiano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato di tribunale o qualifica superiore. Il Tribunale dei Ministri è competente per tutti i reati ministeriali commessi nel distretto ove è istituito. Art.7, I comma, L.Cost.n.1/1989.

[12] La Legge n.392/1951 (Distinzione dei magistrati secondo le funzioni. Trattamento economico della magistratura nonché dei magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della Giustizia militare e degli avvocati e procuratori dello Stato) all’art. 1. “Categorie dei magistrati” stabilisce: 
“I magistrati ordinari si distinguono secondo le funzioni in magistrati di Tribunale, magistrati di Corte di appello, magistrati di Corte di cassazione”.

[13] Il Collegio si rinnova ogni due anni ed è immediatamente integrato in caso di cessazione o di impedimento grave di uno o più dei suoi componenti. Alla scadenza del biennio, per i procedimenti non definiti, è prorogata la funzione fino alla definizione del procedimento. Art.7, II comma, L.Cost.n.1/1989.

[14]2. In caso diverso, il collegio, sentito il Pubblico ministero, dispone l’archiviazione con decreto non impugnabile”.
Art.8, II comma L.Cost.n.1/1989. Dunque nel caso in cui il Tribunale non ravvisi la commissione del reato da parte del membro del Governo, l’archiviazione del caso non è assolutamente contestabile.

[15] In questa fase torna protagonista il Pubblico Ministero che “su mandato” del Tribunale dei Ministri, trasmette materialmente la richiesta al ramo del Parlamento competente.

[16] L’autorizzazione a procedere costituisce una dichiarazione di volontà di una pubblica autorità (politica o amministrativa) diretta a consentire l’esercizio dell’azione penale da parte della magistratura in considerazione della natura del reato (autorizzazione a procedere “oggettiva”; alcuni reati di natura politica possono essere perseguiti solo dopo l’autorizzazione del Ministro della Giustizia), o della qualità del soggetto passivo (c.d. autorizzazione a proc. “soggettiva”).

[17] Art. 9, II comma L.Cost.n.1/1989:  “La Giunta riferisce all’Assemblea della Camera competente con relazione scritta, dopo aver sentito i soggetti interessati ove lo ritenga opportuno o se questi lo richiedano; i soggetti interessati possono altresì ottenere di prendere visione degli atti.”.

[18] La Giunta per le autorizzazioni a procedere è una Giunta parlamentare della Camera dei Deputati formata in proporzione alle forze politiche presenti in quel ramo del Parlamento, e composta da 21 Deputati. Al Senato l’organo corrispondente assume la denominazione di Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, composta da 23 Senatori.

[19] L’art.10 L.Cost.n.1/1989, prevede che nei procedimenti per i reati ministeriali di cui all’art. 96, il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Ministri e gli inquisiti appartenenti al Senato o alla Camera “non possono essere sottoposti a misure limitative della libertà personale, a intercettazioni telefoniche o sequestro o violazione di corrispondenza, perquisizioni personali o domiciliari senza l’autorizzazione della Camera (…) salvo che siano colti nell’atto di commettere un delitto per il quale e’ obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura” e che “Nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri non può essere disposta l’applicazione provvisoria di pene accessorie che comportino la sospensione degli stessi dal loro ufficio.

Commenta