Sono almeno 20 le voci narranti che si susseguono e si intrecciano a raccontare la storia di questo romanzo, più le “voci off” dei titoli dei giornali, dei sottopancia nei programmi di cronaca che devastano i palinsesti pomeridiani delle tv generaliste e quelle – non meglio identificate – degli anonimi commentatori che configurano lo strato della “gente comune”.
Come in Cattedrale di Carver, tutti i personaggi sono variamente intrecciati l’uno all’altro, e come nel miglior Stephen King (It, The Dome) la pluralità di voci narranti tratteggia il malessere che pervade una comunità, il Male corrente, collettivo, generico che si catalizza episodicamente in questa o quella situazione “mostruosa” che la società tende poi ad espellere dal proprio corpo come un’abominevole metastasi.
In questo caso è l’omicidio di una bambina di 8 anni a scatenare il consueto, necrofilo, scompiglio mediatico che travolge questa piccola, provinciale comunità qualunque: tutti i personaggi ne sono variamente affetti, ma le personalità più instabili ne vengono addirittura “contagiate”.