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Marco Valerio Editore

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Marco Valerio Editore

Una breve storia della Vostra Casa Editrice e della sua collocazione sul mercato italiano.

Marco Valerio nasce nell’agosto del 2000 da un progetto culturale e imprenditoriale specifico. L’idea che il mondo dell’editoria stesse cambiando profondamente e fosse necessario un approccio innovativo. I risultati, dobbiamo dire, ci hanno dato ragione, permettendoci una crescita graduale ma costante e un’attenzione positiva da parte dei lettori.

Quali sono al momento i Vostri punti di forza?

La specializzazione del catalogo anzitutto, con una linea culturale ben definita. In fondo, come scrive il nostro direttore editoriale, un editore è colui che scrive un lunghissimo libro fatto di mille capitoli, quanti i testi che sceglie di pubblicare. Un unico dialogo con il lettore, attraverso momenti e opere diversi.

Parlateci di una iniziativa cui volete dare il massimo risalto, e alla quale tenete molto.

Da alcuni mesi abbiamo portato i libri “fuori dalle librerie”. Organizziamo aperitivi culturali, dibattiti in luoghi insoliti, come le enoteche appunto, con risultati inattesi. Ed incontriamo i lettori senza finalizzare le presentazioni alla vendita del libro.

DOMANDE SPECIFICHE SUI VOSTRI RAPPORTI CON GLI AUTORI ESORDIENTI

I Vostri consigli a un autore esordiente?

Limare, limare e ancora limare la propria opera. Non avere fretta. Gesualdo Bufalino tenne “La diceria dell’untore” in un cassetto per anni.

Un esordiente come deve presentarVi un manoscritto?

Assolutamente non in allegato email. Gli allegati vengono cestinati in modo automatico. La ragione è cruda e semplice: non possiamo stampare decine di migliaia di pagine ogni giorno. Solo ed esclusivamente per via postale, non per raccomandata. Il nostro indirizzo è chiaramente scritto sul sito della casa editrice, www.marcovalerio.com

Altre cose da evitare assolutamente: lettere del tipo “non sono interessato a pubblicazioni a pagamento”. Noi non siamo editori a pagamento. Chi invia manoscritti a pioggia senza neppure sapere a chi si rivolge merita soltanto il cestino. Neppure porre una data precisa di scadenza: i tempi di lettura e valutazione sono lenti, anzi lentissimi. Scriverci: “se non mi rispondete entro due settimane” equivale a garantirsi che non si riceverà mai alcuna risposta.

Dal punto di vista pratico, non inviare dattiloscritti in corpo illeggibile, fogli sparsi privi di rilegatura, anche solo economica, allegare sempre un floppy disk o un cdrom con il testo in formato word. Ricordarsi di inserire nel plico rilegato i propri dati completi di recapiti telefonici e postali: spesso le lettere di accompagnamento si perdono e ci è accaduto di non sapere a chi appartenesse un manoscritto interessante. Inutili le lettere di presentazione di illustri accademici o altolocati autorità di qualsiasi campo, a meno siano già autori della nostra casa editrice (nel qual caso saranno loro stessi a presentarci gli aspiranti autori). Tantomeno farsi presentare da uno scrittore che pubblica con una casa editrice concorrente.

Se si è pubblicato a proprie spese, dirlo tranquillamente. Guai a scoprirlo dopo. Può comportare la cancellazione immediata dal catalogo dell’opera.

Come può orientarsi un esordiente nella selezione delle case editrici a cui inviare il proprio lavoro?

Anzitutto farsi un’idea del catalogo della casa editrice cui ci si rivolge. E’ inutile proporre una raccolta di fiabe a un editore che pubblica soltanto saggistica o un saggio a un editore che pubblica soltanto narrativa. Magari leggere qualche libro di quell’editore, per capire il tipo di opere che predilige, l’orientamento culturale, le scelte stilistiche.

Vi sentite di indicare qualcosa di particolare a un emergente circa la revisione dei suoi testi?

Lavorare di lima, anzitutto. Accettare le osservazioni degli amici e correggere i punti deboli. In fase successiva, accettare le osservazioni degli editor. Decine di manoscritti sono stati accantonati perché l’autore si rifiutava di intervenire su capitoli deboli o di riscrivere parti insufficienti.

Quando è il momento per un autore esordiente di spedire la sua opera agli editori?

Sempre l’anno prossimo. Se un libro è buono, può restare in un cassetto anche vent’anni. Resterà un buon libro e troverà infine il proprio spazio.

Ritenete che sia fondata l’utilità dei corsi di scrittura?

Sono nelal quasi totalità dei casi un sistema per spendere denaro, per chi li frequenta, e di incassarne, per chi li gestisce. Scrivere bene è un dono, come dipingere. Meglio leggere cento libri che fingere di scriverne uno. L’esercizio è essenziale: più si scrive e più si impara a scrivere. Questo non significa che i propri esercizi debbano essere inviati alle case editrici, naturalmente. Anzi, è meglio distruggerli…

E il ruolo delle Agenzie Letterarie nel panorama editoriale italiano quale è? C’è da fidarsi?

Agenzie letterarie? Esistono agenzie letterarie in Italia? Se ne trovate una fatecelo sapere.

Cosa consigliereste di leggere a un autore esordiente per migliorare la sua formazione?

Il Pendolo di Foucault e in genere tutte le opere di Umberto Eco. Grandissimo scrittore, scanzonato, crudo. Dodici riletture de I Promessi Sposi, per capire come si costruisce un capolavoro letterario. I classici, i classici e poi ancora i classici. Astenersi rigorosamente dalle opere di Alessandro Baricco. Sono come la coca cola per un assaggiatore di vini pregiati. Deleteri. Se lo hanno già letto, l’unica cura possibile è leggere tutto Italo Calvino e sperare che faccia effetto.

Domanda cruciale: Scrittori si nasce o si diventa? In breve quanto conta il talento di base rispetto a quanto si può eventualmente acquisire in seguito a livello di tecnica?

Scrittori si nasce, così come per ogni campo artistico. E tuttavia si diventa, con lenta e faticosa pratica quotidiana. Esercizio, fatica, studio, lettura, confronto, nonché maturazione personale.

Si dice che l’aver vinto dei concorsi letterari a volte sia un’arma a doppio taglio nei confronti delle case editrici. E’ vero? Insomma, giova o gioca a sfavore?

Dipende dai concorsi. Una sola volta abbiamo pubblicato l’opera di uno scrittore premiato ad un concorso per romanzi inediti. Ritirò il premio con il romanzo già distribuito in libreria. Francamente, tendiamo a ignorarli, quindi non giocano a sfavore. Neppure a favore.

Tra centinaia di manoscritti che una casa editrice esamina, quali sono i particolari che possono significare la differenza?

L’incipit. Il tempo per leggere è sempre insufficiente. Un errore grammaticale o sintattico nella prima pagina sono una condanna a morte immediata e senza appello. Un incipit noioso spinge ad accantonare l’opera. Negative anche le presentazioni prolisse, che non vanno al sodo. Lo stile anzitutto. Se un redattore legge con piacere, proseguirà nella lettura, magari portandosi a casa il manoscritto.

Vi è mai capitato, come dire, di non dare considerazione a una giovane promessa, che poi magari è stata “scoperta” e lanciata da altre case editrici concorrenti?

Francamente no. Ci è accaduto di avere notizia che un autore da noi respinto era stato pubblicato da un’altra casa editrice. Il nostro giudizio negativo è rimasto assolutamente invariato. Ogni casa editrice ha le sue preferenze, le proprie politiche culturali. E’, fortunatamente, la pluralità della cultura. Guai se così non fosse.

Si comincia a pensare che dopo il primo successo molti autori emergenti, dopo la prima pubblicazione, siano destinati a un flop quasi predestinato. Quanto influenza questo sulle Vostre scelte editoriali?

E’ inevitabile che molti autori pubblichino solo un libro e mai il secondo. Non è un problema di regole di mercato, ma di qualità delle opere. Talvolta un autore, solo per essere stato pubblicato la prima volta, pensa di potersi permettere una qualità inferiore nel secondo libro. A noi è accaduto. Abbiamo lasciato che l’autore emigrasse verso altre case editrici.

Siete dunque alla ricerca più di un valido professionista, altamente motivato, e capaci di vendersi bene, piuttosto che di un diletttante entusiasta. Me lo conferma?

No, affatto. Anche i dilettanti entusiasti hanno delle opportunità. Purché accettino i consigli di quei validi, ma purtroppo alle volte antipatici, professionisti che lavorano nelle case editrici.

Autori continui, regolari, costanti, che scrivono con regolarità e che si suppone possano crescere fino a raggiungere un alto livello di professionalità e di bravura. Potrebbe essere questo l’identikit del Vostro autore ideale?

No. Il nostro autore ideale fa il suo mestiere con umiltà, con la stessa umiltà con la quale noi facciamo il nostro mestiere di editorI. Che il suo libro sia il primo o il decimo, accetta le osservazioni, lascia che al titolo e alla copertina pensiamo noi, se necessario riprende in mano il manoscritto e ne riscrive delle parti. Accetta il fatto spiacevole che non tutte le sue opere vengano recepite dal mercato con la stessa attenzione.

E quando ne incontrate uno da cosa siete in grado di riconoscerlo? E soprattutto siete veramente certi di essere in grado di riconoscerlo?

Se fossimo sempre in grado di riconoscere l’autore ideale, in questo momento, invece che rispondere a questa intervista, saremmo tutti quanti su una barca vela a pescare tonni, godendoci il frutto del nostro intuito. Siamo quasi sempre in grado di riconoscere l’autore al quale chiudere le porte: i prolissi, i megalomani, i plagiatori.

Una volta che avete individuato un autore promettente fino a quanto e come siete disposti ad investire su di lui?

Il fatto stesso che decidiamo di pubblicarlo è un investimento più che ragguardevole, con i costi attuali. Purtroppo talvolta, anzi spesso, l’esordiente pensa che il suo lavoro sia terminato nel momento in cui il libro viene stampato. Invece il suo lavoro inizia proprio in quel momento. Un lavoro faticoso e oscuro, fatto di presentazioni, iniziative, rapporti personali. Se l’autore abbandona il libro, viene la tentazione di abbandonarlo anche all’editore. Questo non significa che il lavoro dell’autore consista nel perseguitare l’editore chiedendo iniziative, presentazioni o interviste. Significa che l’autore deve darsi da fare per proprio conto. Quanto alla promozione del libro, è interesse dell’editore dare il massimo risalto ad ogni opera pubblicata. La rete di promozione è organizzata ed ha regole proprie. Ogni autore riceve da parte nostra tutto il supporto possibile.

Eppure nonostante tutto sugli scaffali delle librerie ancora si continuano a vendere solo e soltanto i bestsellers di autori affermati, questa tendenza non si prevede invertibile, o forse qualcosa sta cambiando?

E’ normale che il pubblico prediliga opera di autori affermati. La notorierà si conquista. Quanto agli scaffali delle librerie che scelgono di puntare sui best seller, in realtà, sappiamo tutti in quali disastrose condizioni finanziarie versino. Per quale ragione dovrei entrare in un bookstore per acquistare un best seller quando lo trovo comodamente al supermercato mentre faccio la spesa? Le librerie specializzate e di settore stanno crescendo e con esse lo spazio per un’editoria di cultura. Avendo ben presente che essere esordienti non significa affatto essere scrittori migliori. Spesso il contrario.

Ultimamente quali sono gli autori esordienti sui quali avete deciso di investire particolarmente?

Abbiamo investito su Corrado Farina. Esordiente come romanziere, ma non certamente come regista, con una lunga attività alle spalle. Il suo “Calzolaio” è una chicca del noir. Con grande fatica, perché la nostra presenza in campo narrativo è limitatissima. Ora stiamo investendo su alcuni giovani saggisti di grande spessore. Il lavoro di Andrea Serra su Gabriel Marcel, intitolato ” La religione dell’euforia. Il vicolo cieco dell’Occidente post cristiano” è di grande valore. In passato abbiamo investito su un altro giovane, Stefano Floris, il cui saggio sull’ironia ha ottenuto un discreto successo e su Guido Da Todi, che ormai ha pubblicato con noi tre saggi e sta preparando altri due lavori.

E il risultato che avete ottenuto in questi casi è stato rispondente alle Vostre aspettative?

Non sempre. Il giudizio finale spetta ai lettori. Per quanto riguarda le esperienze del passato abbiamo quasi sempre ottenuto risultati accettabili in termini di ritorno economico. Guido Da Todi ormai è una colonna della collana “Gnosi”.

Quali sono le modalità per inviare un manoscritto alla Vostra casa editrice?

Esclusivamente con plico postale, assolutamente non raccomandata. Rilegato, anche solo in modo economico. Possibilmente anticipando la proposta via emai, tassativamente astenendosi dall’allegare l’opera. Non inviare manoscritti in settori che non curiamo. Non pubblichiamo poesie, fiabe, romanzi erotici o d’amore, fantascienza, narrativa o opere per ragazzi.

Quante persone si occupano della lettura dei materiali pervenuti in redazione e che procedure seguono per l’esame, la valutazione e il responso finale?

Due persone all’interno della redazione e un ampio numero di lettori esterni. Collaboratori e amici, spesso autori della casa editrice. I criteri? Per quanto riguarda la redazione, ci sediamo a un tavolo e iniziamo a leggere, avendo cura di tenere a portata di lancio un grande scatolone nel quale finiscono i manoscritti scartati e che viene svuotato quando supera il quintale di peso. Generalmente ogni due giorni. I manoscritti che passano la prima selezione finiscono sulla scrivania del direttore editoriale, dotato a sua volta del medesimo scatolone, muniti di una sintetica scheda, magari poche righe. Quando il direttore editoriale si ferma fino a tarda serata a leggere, in genere il giorno dopo prende il telefono e chiama l’autore personalmente. Da quel momento inizia il vero lavoro redazionale.

Spesso gli editori parlano degli autori esordienti come di un “male necessario”, possiamo capire che alcuni autori possano essere particolarmente invadenti, o permalosi in caso di un rifiuto, ma continuiamo a pensare che gli autori esordienti, bravi o meno bravi, siano fondamentali per lo sviluppo dell’editoria, e che le case editrici dovrebbero forse costruire una specie di ponte virtuale per aiutarli ad attraversare il vasto mare agitato della tentata pubblicazione. Voi a tale proposito come la pensate?

Nei giorni in cui le caselle email pullulano di allegati non richiesti, diciamo scherzosamente che chiuque scrive un libro dovrebbe essere condannato subito a cinque anni di lavori forzati. Gli autori invadenti e permalosi mettono di cattivo umore e talvolta ne pagano lo scotto esordienti meritevoli. Siamo esseri umani. Anche la fortuna di far pervenire il proprio lavoro nella giornata “giusta” può contare. Sarebbe menzognero dire il contrario. Gli autori sono una risorsa per le case editrici. Soprattutto quelli che prima leggono e che propongono opere in linea con la nostra produzione.

La Vostra posizione sul fenomeno oramai tanto diffuso della Pubblicazione con Contributo o a Pagamento?

E’ sempre esistito e non deve affatto scandalizzare. E’ del tutto legittimo che una persona desideri vedere il proprio lavoro pubblicato. Una cosa è se, come autore, decido si pubblicare la mia opera per regalarla agli amici e ai parenti. Meglio rivolgendomi a un editore, piuttosto che al tipografo sotto casa, che in genere non sa stampare libri e produrrà un oggetto poco accattivante. Altro è rivolgersi a finti editori, vere e proprie organizzazioni che vendono sogni dietro compensi inaccettabili, promettendo un futuro ad un’opera in cambio di qualche migliaio di euro. Tanto per essere chiari: spendere 1500 euro, magari 2mila, per vedere il proprio libro stampato e magari un minimo distribuito è comprensibile. Spenderne 8mila è rendersi complici. La stupidità merita la punizione.

Una volta deciso di investire su un particolare autore, quali sono i meccanismi di promozione che adottate per incentivare l’iniziativa?

La promozione libraria ha dei meccanismi precisi. I distributori hanno dei promotori che visitano le librerie, anticipando la scheda del volume. Il librario sceglie se tenere o meno il libro sugli scaffali. L’ufficio stampa della casa editrice cerca di far sapere che il libro è stato pubblicato agli operatori dell’informazione, ovviamente curando i giornalisti di settore. Internet da questo punto di vista è una grande risorsa.

Capita invece che qualche nuovo autore, dopo la prima opera, Vi proponga un nuovo lavoro per la pubblicazione, e che Voi vi troviate a rifiutarlo a causa dei risultati non soddisfacenti di vendita finora ottenuti? Vi trovate a volta a dover dire di no a un Vostro pupillo?

Si, è accaduto. Non è piacevole. Anche perché un autore che ha già pubblicato e al quale viene rifiutata la seconda opera difficilmente riuscirà a convincere un altro editore che il suo manoscritto merita la pubblicazione e che è colpa dell’editore precedente il mancato successo. Anche se normalmente questo è il ritornello che ci sentiamo ripetere da autori rifiutati che si rivolgono a noi. Fra l’altro, anche pubblicare l’opera prima con l’editore sbagliato può essere un errore. Abbiamo spesso respinto autori solo per il fatto che avevano pubblicato con case editrici di bassissimo profilo.

E’ vero che molti autori esordienti calano di livello dopo il primo successo, o peggio ancora non sono in grado di mettere a punto la seconda opera e rinunciano del tutto? E in caso come Ve lo spiegate?

E’ un fatto normale. Quanti cantanti indovinano una canzone e non riescono a ripetersi? Gli stessi scrittori affermati possono incorrere nell’inaridimento della propria vena creativa. Più spesso accade che una persona riesca a mettere insieme un bel libro grazie ad un’esperienza di vita vissuta che lo ha segnato, positivamente o negativamente, in modo forte e che, esaurita quell’ispirazione, non abbia altro da dire.

Nell’economia generale del Vostro catalogo quanto puntate sulle opere degli autori esordienti?

Circa il dieci per cento.

Quale può essere una buona tiratura per un romanzo di esordio di un autore italiano?

Ottocento, mille copie al massimo. Non si rischia più di tanto.

E dopo che cosa succede?

Se vende, si ristampa, ovviamente. Se non vende….il macero.

Rimane ancora vero che il sogno di ogni editore è quello di creare un autore, e dunque un nuovo fenomeno editoriale?

Un editore, visto in modo negativo, è un operatore economico che compra carta, la sporca di inchiostro, la confeziona e cerca di venderla a un prezzo superiore a quello di acquisto. Molto meglio avere tanti autori che portano risultati positivi che inseguire il caso letterario. Se deve arrivare, arriverà.

Parliamo di percentuali, su centinaia di manoscitti inviati a una casa editrice quanti sono ragionevolmente proponibili e quanti di quelli accettabili giungono poi alla pubblicazione? Insomma su che numeri viaggia la selezione di un nuovo autore? I nostri lettori sospettano che la probabilità di riuscire sia paragonabile alla vincita dell’Enalotto, è davvero così?

Non esageriamo. Per vincere all’Enalotto le probabilità sono dell’ordine di una a diversi milioni. Possiamo parlare della nostra casa editrice. Scartiamo circa un migliaio di manoscritti ogni mese. Uno in genere passa la selezione.

Non dovreste essere Voi a cercare gli autori, e non essere viceversa sottoposti da questi ultimi a un costante ed asfissiante corteggiamento?

Noi li cerchiamo costantemente. E qualche volta li corteggiamo anche. Quelli validi. Purtroppo, a volte, non li troviamo. Il problema è che noi cerchiamo autori con la a minuscola, e siamo perseguitato da Autori con la a maiuscola. Geni incompresi che non riusciamo francamente a comprendere.

Quali sono le opere che prediligete? E in base a quali criteri progettate le collane editoriali? Successo di pubblico, o passione per il genere letterario prescelto?

Saggistica. La nostra casa editrice pubblica quasi esclusivamente saggistica. Le collane editoriali vengono progettate sulla base sia dell’attenzione del pubblico sia sulla base della passione che anima i soci e i redattori della casa editrice. Se non ci fosse grande passione, saremmo tutti impegnati in un mestiere diverso e sicuramente più redditizio.

Come fa un autore a sapere che sorte ha avuto il suo manoscritto inviato in lettura presso di Voi?

Semplicissimo. Se non riceve notizie, significa che il suo manoscritto è stato destinato ai centri raccolta carta. Se ci sono notizie, magari dopo mesi, siamo noi a farci vivi. E’ impensabile che ogni mese spediamo mille lettere di rifiuto. Dovremmo pagare uno stipendio solo per l’impiegata addetta a questa mansione. Aggiungiamo una cosa: fra editori in realtà esiste comunicazione. Accade che un manoscritto inviato a una casa editrice con la quale intratteniamo rapporti e che ritiene il testo non adatto alle sue collane ci venga “girato”, così come accade che lo facciamo noi. E’ un fatto raro, naturalmente ed avviene in presenza soltanto di opere particolarmente interessanti.

La politica editoriale non è mai incentrata su un solo libro, ma è rivolta generalmente alle potenzialità dello scrittore, ma come si può con un esame frettoloso di poche pagine di ogni manoscritto individuare non solo il valore letterario di un’opera ma anche le capacità di sviluppo di chi scrive e che potrebbe diventare un buon autore?

Identificare in poche pagine una promessa della letteratura è impossibile. Per identificare un lavoro inadatto alla pubblicazione, al contrario, bastano non di rado le due righe iniziali. Nel nostro sito c’è una pagina dedicata esplicitamente agli autori esordienti. E’ facile da trovare, ben in evidenza sulla home page. Si intitola: una premessa anticpatica per farvi meditare.

Avete una vera e propria politica editoriale per gli esordienti?

No. Non valutiamo un’opera per il fatto che l’autore abbia già pubblicato o meno. Ci interessa l’opera, non l’autore. Abbiamo scartato tranquillamente manoscritti inadeguati, scoprendo soltanto dopo che si trattava di nomi relativamente noti. Li abbiamo comunque scartati.

Investimento sul libro ma soprattutto sull’autore, quale sono le modalità che applicate e le forze che mettete in campo per motivare un buon autore a rimanere nella Vostra scuderia? In poche parole i Vostri meccanismi di fidelizzazione.

Non ci siamo mai posti il problema di fidelizzare i nostri autori. Chi ha pubblicato con noi in genere è soddisfatto. Siamo stati “traditi” una sola volta, e peraltro ritenevamo che l’autore stesse perdendo la vena creativa, quindi lo abbiamo lasciato andare senza particolare dispiacere.

DOMANDE SULLE VOSTRE COLLANE EDITORIALI TEMATICHE DEDICATE AGLI APPASSIONATI DEL GENERE GIALLO, NORI, MISTERY, THRILLER ED HORROR.

Non abbiamo una collana dedicata a questo genere. All’interno della collana tascabile I BOXER, l’unica che ospita ogni tanto qualche testo di narrativa, abbiamo pubblicato dei gialli e dei noir di particolare pregio narrativo.

Ultimamente molte collane dedicate al Giallo e Noir tendono a sconfinare nel Pulp o nello Splatter. Qual’è la Vostra posizione in proposito?

Non ci occupiamo del settore in modo specifico, quindi non esprimiamo valutazioni.

Le vecchie e nuove collane editoriali dedicate al genere Giallo, Thriller e Noir, con qualche coraggiosa puntata verso il genere Horror, si stanno rivelando una scelta vincente.

Quali sono i motivi di questo fenomeno di pubblico?

Forse si tende ancora considerare questo tipo di letteratura un intrattenimento di serie B, o le cose stanno diversamente?

O questo sta solo a testimoniare ancora una volta che il lettore medio ha una paura quasi atavica nei confronti delle cosiddette letture “impegnate” o “impegnative”?

Il successo del genere giallo non incide sul successo di altri generi. Il romanzo storico continua ad avere grande successo, ad esempio, così come la saggistica esoterica, in un campo completamente diverso. Gli stessi lettori passano da una lettura leggera a una impegnata. E’ un fatto normale.

Anche nella letteratura come in ogni altro genere di cose si assiste spesso a fenomeni di corsi e ricorsi storici in cui i riflussi di tendenze precedenti continuano a influenzare fortemente il mercato, è questo il motivo del prolificare di tutti i generi Mistery, Detection, Procedural, Techno e Legal Thriller?

Si dice che anche al Cinema il crescente favore che il pubblico riserva a pellicole inquietanti e terrorifiche sia dovuto al bisogno che la gente ha di provare comunque emozioni forti, per scuotersi dalla noia e dalla ripetitività ciclica del nostro attuale stile di vita. Siete d’accordo? E’ allora questa la molla che attira i lettori verso gli scaffali Horror e Noir delle librerie?

E’ vero che gli appassionati del genere Giallo e Noir costituiscono una sorta di mondo parallelo? Una specie di mercato di nicchia dalle insospettabili proporzioni?

Esistono molti mercati di nicchia. Il giallo e il noir sono soltanto uno di questi.

Non conosco nessun altro genere letterario capace di una così intensa e duratura fidelizzazione. Come Ve lo spiegate?

Non condividiamo affatto questo giudizio. Anche la fantascienza conosce una simile duratura fidelizzazione.

Dicono che il Giallo, con la sua logica rassicurante e matematica, e il Noir, con la sua fredda e impietosa introspezione psicologica, siano in realtà due facce della stessa medaglia che rappresenta efficacemente in fondo la nostra vita reale di tutti i giorni. Allora è questa la vera spiegazione della vitalità tutto sommato insospettata di questo intramontabile genere?

Un tempo, nelle cascine, i nonni raccontavano alla vasta schiera di nipoti, raccolti davanti al camino o nel fienile, storie paurose. Non ci pare sia stato inventato nulla di nuovo.

I migliori fenomeni letterari del momento in questo particolare genere letterario?

Naturalmente i nostri autori, Ugo Mazzotta e Corrado Farina. Mica volete che citiamo la concorrenza?

E i mostri sacri che non cesseranno mai di rappresentare un costante punto di riferimento e di comparazione?

Simenon, Agatha Christie, e quanti altri volete.

E infine Voi in persona, cosa preferite leggere?

Ehm, ehm… Isaac Asimov, ma non lo dite a nessuno.

DOMANDE GENERICHE SULLA CASA EDITRICE, LO STATO DELLA LETTURA E IL PANORAMA EDITORIALE ITALIANO

Perchè una casa editrice come la Vostra? Qual’è la sua collocazione attuale?

Marco Valerio è una casa editrice di nicchia. Di cultura, direbbero alcuni, ma non non aspiriamo ad etichette troppo altisonanti. Siamo anzitutto una casa editrice di saggistica, dichiaramente di orientamento cattolico, a tuttavia laica. Attenta al pensiero gnostico. Che ogni tanto si diverte a pubblicare narrativa che riteniamo di qualità elevata.

Le collane editoriali in genere sono qualcosa di misteriosissimo, difficile da comprendere per i non addetti ai lavori. A volte non è facile differenziare le case editrici in base alla tipologia di pubblicazione da loro trattata. Qual’è il modo migliore per farsi un’idea rapida e chiara in proposito?

Consultare i cataloghi ormai è facilissimo. Tutte le case editrici hanno un sito internet.

Una nota dolente, quanti autori ai quali avete concesso la Vostra fiducia, hanno poi pubblicato la loro seconda opera con altre case editrici?

La seconda opera nessuno. La terza, uno soltanto. Peccato. Per lui, naturalmente. Noi non riprendiamo indietro nessuno.

Il sodalizio tra autore ed editore quanto è importante nei rapporti futuri lavorativi e professionali? Insomma credete che sentirsi coperto alle spalle da una casa editrice che lo sostiene o lo incoraggia possa aiutare un autore nella sua attività di scrittore, lasciandolo libero da pressioni e da incertezze?

Questa è una domanda “poco centrata”. Presuppone che fare l’autore sia in qualche modo un mestiere. Così non è. Salvo eccezioni particolari, non si vive di libri. La chiarezza di rapporti, reciproca, è essenziale per proseguire un cammino comune. Le incomprensioni ci possono essere naturalmente.

Si assiste costantemente a un continuo prolificare di case editrici altamente specializzate su una tematicità specifica, giova differenziarsi o è solo fonte di una sterile settorizzazione in un campo dove francamente l’informazione stenta a volte a farsi strada?

Francamente non si assiste al proliferare di case editrici specializzate, ma la proliferare di persone di buona volontà che aprono case editrici. Talvolta si tratta di autori rifiutati che decidono di mettersi in proprio, salvo scontare con dolorosi fallimenti la scoperta che pubblicare libri non è mestiere così facile e dai risultati scontati. Le case editrici, quelle vere, purtroppo, diminuiscono. Assistiamo a chiusure di marchi storici.

Quanto pesa il Marketing nell’andamento economico di una Casa Editrice, quanto investite nelle campagne promozionali per il lancio di un prodotto o di un autore, e quali sono i risultati che di solito si conseguono con questi investimenti?

Il cosiddetto marketing è parola sconosciuta alla Marco Valerio Edizioni. Non facciamo indagini di mercato per sapere cosa pubblicare, né cerchiamo di convincere i lettori che sia opportuno comprare un certo genere di opere. Ci sono quotidiani le cui pagine culturali hanno un’incidenza praticamente nulla sulla vendita di un libro. Perché perdere tempo con questi dinosauri? I nostri lettori sono i nostri migliori pubblicitari.

E’ veramente possibile “influenzare” il mercato con una vigorosa campagna mediatica di promozione e marketing?

Certo che è possibile. Non è però il caso di una casa editrice come la nostra, che pubblica saggi specializzati.

Come mai le presentazioni degli autori in libreria vanno spesso pressappoco quasi deserte? La gente ha paura di aggregarsi, di farsi coinvolgere, di rapportarsi personalmente con un autore, famoso o meno che sia?

La risposta è che gli autori, spesso, conoscono durante le presentazioni un solo pronome: io. I lettori si annoiano a sentire parlare di quanto sia bravo lo scrittore da parte degli amici o degli oratori prezzolati. Noi parliamo spesso di libri in luoghi insoliti. Il più delle volte neppure facciamo partecipare l’autore. Così evitiamo il pronome io.

Nell’attuale panorama editoriale cosa contraddistingue la Vostra casa editrice dalle altre? In cosa vi distinguete, su quali settori siete specializzati?

Con una battuta scherzosa, nell’attuale devastante crisi del settore, ci distinguiamo per il fatto di esserci ancora e di essere addirittura in crescita. Sul piano dei contenuti, siamo specializzati nella saggistica umanistica in generale, con una particolare attenzione alla pedagogia, alla storia e alla linguistica. Per quanto riguarda la collana gnosi, pubblichiamo opere estremamente selezionate e di elevata qualità.

Avete in mente progetti particolarmente interessanti, nuove collane, qualcosa di aggressivo da proporre al mercato editoriale?

Non siamo editori aggressivi. Preferiamo la continuità del nostro percorso culturale.

Che metodi usate, oltre ai parametri delle vendite, per capire cosa si aspetta e cosa cerca il lettore comune quando girovaga per gli scaffali delle librerie?

Andiamo a visitare le librerie, ci mescoliamo ai lettori e osserviamo.

Come spiegate il grande successo editoriale delle opere allegate in vendita in edicola con quotidiani e periodici settimanali? Forse la gente ha paura di entrare in una libreria?

Prima di tutto costano poco. Fatto non trascurabile. Oltre tutto si tratta spesso di libri interessanti e ben curati. Poi è più comodo. Entro, compro il giornale, vedo un libro interessante e lo prendo. Il problema è semmai nelle librerie, in particolare nelle grandi catene: entro, trovo soltanto i best seller del momento, che in ogni caso avevo già visto al supermercato, se chiedo un titolo alla commessa, in genere mi guarda con occhio vitreo e mi comunica che l’editore non esiste. Salvo arrossire quando le faccio osservare che lo scaffale dietro le sue spalle è colmo di libri di quello stesso editore. Non faccio nomi, ma in alcune catene non metto piede da anni.

Si dice che uno scrittore non deve essere uno che pensa, ma uno che ha già pensato. E’ importante il distacco dagli accadimenti narrati, nella modalità espressiva di un autore?

Il distacco è il criterio fondamentale che distingue una cronaca da una storia. La cronaca compete ai giornalisti. E notoriamente, malgrado i successi di vendita, i giornalisti sono cattivi scrittori. Eccezione assoluta per Buzzati.

Parlando delle basse medie di lettura del nostro paese, si assiste invece a un forte incremento degli aspiranti scrittori, forse perché è più facile essere un abile scrittore che un buon lettore?

Manca di fondo l’umiltà. Lo yuppismo dilaga. E’ un segno della decadenza culturale.

Diceva Oscar Wilde che non esistono libri “buoni” e libri “cattivi” ma molto più semplicemente libri scritti “male” o scritti “bene”. Fondamentalmente è una grande verità, ma ancora assistiamo al fenomeno, francamente preoccupante per il nostro panorama letterario, di assoluti sconosciuti scrittori “famosi” in qualche altro campo che si cimentano con la scrittura. Al di là degli indiscussi ritorni economici dovuti a una sensazionale campagna promozionale, come si può ragionevolmente ritenere che comici, attori, calciatori, cantanti e uomini politici si possano cimentare validamente con la scrittura? E’ come se un meccanico decidesse di emulare Rembrandt, tanto per fare un esempio, senza mai essersi cimentato prima con un’analoga esperienza artistica.

Non è un fenomeno che deve scandalizzare. Anzitutto i “ghost”, gli scrittori ombra, sono sempre esistiti. Ne faceva uso anche Alexandre Dumas. Quanto alle celebrità, accettando il fatto che i libri pubblicati siano farina del loro sacco, Giulio Andreotti ha sicuramente qualcosa da dire di più interessante di molti saggisti da Caffè Sport. Umberto Eco era un famoso docente eppure i suoi romanzi sono godibilissimi. Fare lo scrittore non è mica un mestiere, come fare l’idraulico o l’infermiere.

L’ultimo rapporto italiano sulla lettura dipinge il nostro paese come un grosso animale indolente e pigro, da che cosa deriva secondo Voi questo fenomeno? Colpa delle scuole, della cultura, dell’educazione, della mancanza delle istituzioni o delle strutture che non riescono a sostenere come dovrebbero e a incrementare la lettura nell’età scolare?

Magari dello scarso interesse dei libri offerti?

Un cenno sugli autori che stanno pubblicando con Voi in questo periodo, sulle Vostre “scoperte” editoriali, sulle scommesse “vincenti” che avete intrapreso nei confronti del mercato editoriale italiano.

Non siamo una casa editrice d’assalto e la parola “scommessa” poco si adatta alle nostre poltiiche editoriali. Un’opera importante, da poco pubblicata, è il monumentale lavoro di Marco Murara e Bruno Bianco, “Mozart. Tutti i testi delle composizioni vocali”. Lavoro importatissimo in campo musicologico. A giorni vedrà la luce un altro libro su Mozart di Chiara Bertoglio, concertista di fama internazionale. Abbiamo già citato Andrea Serra e il suo lavoro su Gabriel Marcel. Ci attendiamo molto, infine dall’ultimo lavoro di Roy Eugene Davis, discepolo vivente di Paramahansa Yogananda, presentato nei giorni scorsi a Genova e Milano e intitolato “La strada maestra alla meditazione”.

Il lettore italiano è un animale evoluto, o una fragile creatura inerme in balia delle manovre politiche ed economiche del Merchandasing?

Ci sono lettori fragili e lettori evoluti. I nostri lettori sono generalmente molto evoluti. Forse non sono la maggioranza, ma noi lavoriamo per loro.

E infine in breve di cosa ha bisogno oggi il mondo editoriale per rinnovarsi e incontrare i favori del pubblico? Cosa si aspetta infine oggi il lettore da una casa editrice?

Cultura, umiltà, lavoro quotidiano. Meno marketing, qualche bizzarro imprenditore improvvisato in meno. Il lettore da una casa editrice, riteniamo, si aspetta che resti fedele per quanto possibile alla propria linea culturale.

Sabina Marchesi

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