Una delle ultime rivoluzioni europee, quella del Portogallo del 1974, che abbatté la lunghissima e moribonda dittatura di Salazar, è tornata, dopo un lungo oblio, sugli schermi in questi ultimi mesi. Prima il film italiano Alla rivoluzione sulla due cavalli di Maurizio Sciarra (vincitore del festival di Locarno, con la dissociazione della giurata Laura Morante, contagiata dalla verve polemica morettiana); in queste settimane, Capitani d’aprile della portoghese Maria de Medeiros (attrice di De Oliveira e Tarantino, ebbene sì, in Pulp fiction), film del 2000 uscito solo ora, anche per sfruttare l’onda del successo degli ultimi film interpretati da Stefano Accorsi (da L’ultimo bacio a Santa Maradona), anche qui protagonista. Forse è solo un caso, questa singolare coincidenza, o chissà, un segno (seppur molto indiretto) dei tempi di Porto Alegre.
Anche i portoghesi hanno avuto il loro 25 aprile, con la c.d. rivoluzione dei garofani (mettete dei fiori nei vostri cannoni) della notte tra il 24 e il 25 aprile 1974: una rivoluzione quasi incruenta (gli unici morti furono causati della stupida resistenza di alcuni membri della polizia segreta del regime); un golpe militare (pensate un po’) di segno progressista, fatto da giovani militari, capitani dell’esercito, rimasti segnati dalle atrocità delle guerre volute da Salazar nelle colonie portoghesi (Angola, Guinea, Mozambico), in epoca di fine colonialismo; capitani che, tornati in patria, sentirono il dovere morale di por fine al regime, decrepito, che alimentava quelle tragedie. La bellezza di questa rivoluzione è dimostrata anche dal fatto che essa iniziò con una canzone (da sempre censurata) suonata alla radio.
L’impatto che ebbero quei fatti in Europa fu notevole (memoria non personale, naturalmente, ma "storica"): era passato appena un anno dal colpo di stato in Cile di Pinochet e quelli erano anni in cui le sinistre europee erano molto forti, pur non essendo al potere (almeno in Italia e in Francia). Non solo i militanti ma anche coloro che simpatizzavano od erano riconducibili ad un’area progressista e di sinistra gioirono di quello che successe.
I protagonisti del film di Sciarra sono infatti alcuni giovani ("cazzari" italofrancesi, li definisce il regista) che partono da Parigi, alla notizia dello scoppio della rivoluzione, verso Lisbona, in una sorta di road-movie alla Salvatores (viaggio, amore, musica, con ironia e sense of humor), ben congegnato, in cui però talvolta prevale la sensazione di una cartolina turistico-ideologico, molto ripulita dalle asprezze del tempo, buona per i giovani e meno giovani no-global di oggi.
Il film portoghese racconta invece in maniera molto chiara e semplice (solo un po’ piatta in alcuni momenti) i fatti che accaddero in Portogallo (incredibili quasi, ma veri: come la colonna dei carri armati che si ferma ad un semaforo rosso in attesa che scatti il verde) con toni di passione civile, per la grande partecipazione popolare di quei giorni, e il rammarico che anche la rivoluzione dei garofani, come tutte le rivoluzioni, sia stata subito utilizzata da personaggi con ambizioni di potere, che si sono appropriati dei meriti che spettavano ad altri (i capitani d’aprile), invece subito rientrati nell’ombra.
Ci fa piacere comunque verificare, in entrambi i film, che quella portoghese fu davvero una rivoluzione molto libertaria, non dogmatica (con le bandiere rosse si poteva andare anche allo stadio a tifare Benfica!), che non si è tramutata in un’altra sorta di prigione (come purtroppo è accaduto in altri continenti), anche se ha perso buona parte dei suoi caratteri più genuini e popolari, nella transizione verso le moderne forme di democrazia, sempre più svuotate di sostanza e sempre più controllate di fatto dal potere economico. Bei tempi, quelli.
Portogallo 1974
Paolo Baldi