Sono in Spagna, in vacanza: è mercoledì, giornata dello spettatore di cinema, cioè con lo sconto, un po’ come da noi (solo a prezzi più bassi: il biglietto intero è sulle diecimila, il mercoledì la metà); nonostante il mio scarso spagnolo (d’altra parte, il cinema non è un radio-dramma), decido di andare a vedere l’ultimo film di Pedro Almodovar, Todo sobre mi madre, presentato con successo al Festival di Cannes e in uscita in autunno in Italia. C’è una lunga dedica alla fine del film: a Bette Davis, Romy Schneider, Gena Rowlands, grandi temperamenti di attrici; a tutte le donne, anche quelle che sono state uomini in un altro momento della loro vita, a tutti gli uomini che amano le proprie madri, alla madre di Almodovar.
Le donne sono protagoniste assolute, con la loro forza, la loro capacità di adattarsi, sopravvivere, andare avanti nonostante tutto. Manuela, che all’inizio perde il figlio, decide di cambiare vita, lascia Madrid per Barcellona (la movida1 ormai non c’è più), e alla fine rifà il percorso inverso, con un secondo figlio: "tutto su mia madre" è il titolo di un quaderno di appunti che il primo figlio di Manuela tiene all’inizio per cercare di riordinare le sue idee, arrivare a conoscerla meglio e saperne un po’ di più anche sul padre che non conosce. Huma, attrice di teatro, adorata dal figlio di Manuela, che proprio per strapparle un autografo finirà investito da una macchina. Nina, l’amante eroinomane di Huma. Transessuali come Lola, le tette più grandi della Catalogna, ma anche "padre" del figlio di Manuela e di quello di Rosa (ex suora), il quale dopo la morte di entrambi i genitori naturali sarà adottato dalla stessa Manuela; Agrado, ex camionista, un corpo interamente rifatto (descritto, prezzi compresi, in una delle scene più divertenti del film), il cui ruolo è rendere felici gli altri. Un copione all’apparenza strampalato come quello di tutti i grandi melodrammi (pensiamo all’opera), eppure ci si commuove e si ride anche molto: melodramma più commedia. Le lacrime e i colori (in particolare blu e rosso) di Douglas Sirk (ricordate Lo specchio della vita?) e di altri melò americani: Tennessee Williams e Un tram che si chiama desiderio; ma anche Fassbinder, che aveva messo un transessuale al centro di uno dei suoi film più autobiografici (Un anno con tredici lune), conditi però con un’ironia e una leggerezza mediterranee.
Almodovar4 ama i suoi personaggi, li rispetta, ci si identifica, sentiamo che ne conosce bene la sensibilità e l’orizzonte, ma non li distrugge in un impulso autodistruttivo irresistibile come Fassbinder, anzi ne esalta le capacità di resistenza, soprattutto femminile. Attrici straordinarie.
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Un triste anniversario
Altre visioni, di fantasmi questa volta, nel deserto di Almeria2, alla ricerca dei luoghi dove Sergio Leone aveva girato quasi tutti i suoi western.
Allontanandosi dalla costa, la vegetazione si fa sempre più rara e la terra sempre più arida. A un certo punto un cartello: Almeria Tierra de Cine. Ci siamo: già, ma dove siamo arrivati? Al villaggio Western Leone, annuncia un altro cartello, dove il nostro girò nel 1966 Il buono, il brutto e il cattivo e due anni dopo C’era una volta il west: film sull’attesa della morte (anche quella del genere western), attesa dilatata al massimo, nel silenzio della natura. Questo avrei voluto trovare: silenzio, il vento che fischia, solo polvere in giro, tra ciò che resta di una città morta.
Invece, al villaggio Western3 Leone (intorno ce ne sono altri, dai nomi "evocativi" di Hollywood Texas e Mini Hollywood) si paga il biglietto per entrare in un recinto di baracche e casette rifatte, dove personaggi in maschera inscenano patetiche scazzottate e sparatorie nel saloon, per un pubblico prevalentemente di famigliole. Forse mio padre, che ha settant’anni e si diverte tanto a rivedere Lo chiamavano Trinità in tv, avrebbe apprezzato anche questo, con un genuino entusiasmo che io non riesco a provare. Me ne vado con la sensazione che avrei fatto meglio a non venire. Leggo poi su un giornale spagnolo che proprio quel giorno, a Roma, è stato ricordato Sergio Leone, nel decimo anniversario della morte.
Paolo Baldi
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(CINE) VISIONI SPAGNOLE
Tutto sulle donne (e dintorni)
movida significa movimento, baldoria, casino ed è il termine con il quale si definisce l’euforia sfrenata e trasgressiva della nuova Spagna post-franchista degli anni ’80.
Nella regione dell’Andalusia situata nella costa sud della Spagna, la Costa del Sol.