(prima parte)
Uno dei motivi per cui l’opera lirica appare "lontana" dalla sensibilità attuale, specialmente dei giovani, è il fatto che la comunicazione dei sentimenti, delle azioni, delle parole è sentita in qualche modo come "artefatta" dal particolare uso della voce nel canto lirico.
Molto diversa dall’impostazione del canto moderno (per intenterci quello delle popstar nazionali e internazionali), la voce del cantante lirico è frutto di anni di studio e di applicazione. Essa si basa sull’utilizzo di diverse parti del corpo con il fine di, fra le altre cose, far arrivare la voce più lontano possibile senza stancare eccessivamente le corde vocali.
La ricerca che un cantante lirico deve compiere sulla propria voce è incentrata sulle funzionalità del diaframma, il muscolo a forma di cupola che separa la cavità toracica da quella addominale (quello che, con i suoi scatti involontari, provoca il singhiozzo) e che serve a "sostenere" i suoni. Questo "sostegno" aiuta soprattutto ad emettere suoni con intonazione stabile, a raggiungere le note più acute e a coinvolgere il meno possibile i muscoli del collo che, irrigidendosi, farebbero diventare in pochissimo tempo la voce roca e incolore. Essendo un muscolo, il diaframma ha bisogno di essere allenato per funzionare nel migliore dei modi e per acquistare quella mobilità che è indispensabile per affrontare partiture virtuosistiche (note rapide e staccate come nelle opere di Rossini).
Una delle prime difficoltà che incontra un cantante durante il suo percorso di studi è l’articolazione delle vocali, prima, e delle consonanti poi. La voce deve scorrere come un flusso continuo dalla "pancia" (cioè dai polmoni sostenuti dal diaframma) e l’apertura della bocca, rimanendo immutata, non è di ostacolo: lo è quando invece non può rimanere costante, cioè quando si cantano frasi di senso compiuto, con vocali e consonanti. Ogni variazione della cavità orale comporta uno sforzo per mantenere l’emissione costante sia come volume che come intensità e quindi i cantanti cercano di variare l’apertura il meno possibile: è per questo che spesso in teatro non riusciamo a distinguere bene le diverse vocali, soprattutto quando il cantante affronta il registro acuto (la parte alta dell’intervallo di note che riesce a cantare). È quindi naturale che un allievo alle prime armi con il canto lirico si concentri prima sull’uso delle vocali aperte con i tipici esercizi chiamati per l’appunto "vocalizzi".
Da questo punto di vista un bravo cantante lirico si distingue anche dalla capacità di articolare bene le parole, scandendo le diverse sillabe e rendendo al meglio l’accostamento musica/parola.
La voce nel canto lirico
Alessandro Melotti