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Intervista a Giacomo Marchi

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Intervista a Giacomo Marchi
(primo classificato al concorso In Xanadu con "Estate del ’76, dopocena")

Ciao Giacomo e complimenti per la tua vittoria in questa PRIMA edizione del concorso per letteratura minimale, indetto dalla nostra rivista. Cosa puoi dire di te ai lettori, per raccontare chi è Giacomo Marchi e cosa fa nella vita?
Per vivere faccio il tecnico – di quelli che hanno a che fare con la scossa elettrica, semplificando il discorso – e che per passione amano ciò che non è tecnico: un po’ "gaddiana", ‘sta cosa.
Amo la musica. Ho scritto diverse canzoni, sia testo che musica, ma ad un certo punto senti il bisogno di espandere i tuoi pensieri, di dilatarli. Di usare più carta e più inchiostro.
E poi, come per tutte le cose, ad un certo punto, esiste una scintilla che ti fa iniziare: una specie di angelo che te lo sussurra in un orecchio…
Come e quando sei venuto a conoscenza della nuova edizione del concorso? Cosa ti ha spinto a partecipare?
Girellando in rete.
Pensare di avere un tema, o comunque un punto fermo, che sia magari un limite di lunghezza estremo come nel caso di "Xanadu", per me è una sfida.
Poi, a volte, il racconto lo scrivo e neanche lo invio…
Un’altra cosa che mi fa decidere se partecipare o no è "l’odore" di serietà che pervade il bando di concorso: non chiedetemi cosa sia di preciso: è solo una sensazione personale…
Cosa hai pensato del nuovo tema proposto? Il bando era volutamente vago – nel senso che si poteva spaziare in molti modi partendo dalle indicazioni descritte…
Non vago: vaghissimo. Ma quelle 1800 battute, secche e dure…
Come è nato Estate del ’76, dopocena? Quanto tempo ti ha portato via la stesura? Per la cronaca la vittoria è stata assegnata (come per l’altro parimerito) con assoluta concordanza tra i giurati…
Tutto ciò che scrivo non so precisamente come nasca.
Da tempo avevo in mente quel gioco incosciente, ma aspettavo che la cosa maturasse, per metterla per scritto.
Quando ho letto il bando di "Xanadu" ho capito che dovevo provare a scriverla, e 1800 battute potevano essere un contenitore adatto per congelare una storia così.
Quanto c’è di autobiografico nel tuo racconto?
90%
Mai mangiate tre fette di cocomero tutte insieme!
…e poi, i nomi, sono tutti inventati…
Ah! A proposito: il Ford era un "Taunus" verde.
Se ne hai avuta, quanta difficoltà ti ha dato il limite di una cartella tipografica?
La prima stesura era il triplo, tanto che mi sono detto "E ora?".
Fortunatamente avevo da poco finito di leggere i racconti di Carver… e così ho preso in mano coraggio e forbici.
E’ stato difficile: è sempre difficile tagliare fino a quel limite estremo, ma adesso non ci riattaccherei neanche una virgola di quanto ho tolto.
Conosci qualcuno degli altri partecipanti o hai già letto qualcosa di qualcuno di loro?
No.
Hai dato una scorsa alle altre opere e se sì quali ti hanno colpito in qualche modo?
Le ho lette tutte due volte (si fa presto, mica è l’Odissea…) e ho capito quanto sia stato bello e difficile fare i giurati.
Quelle che mi hanno colpito in maniera particolare sono:
"La Mattanza", una linea narrativa inquietante e perfetta per il tema trattato.
"Il giorno Spakta", anche per via di quella rilassante e particolare immagine finale.
E "La notte per 40 anni".
Ma quello che in assoluto mi ha tolto il fiato è stato "7 Gennaio 1945".
Per questa prima edizione abbiamo avuto molti più partecipanti di quelli che avevamo immaginato. Nonostante questo hai qualche consiglio su come potremmo migliorare l’organizzazione della prossima edizione del nostro concorso? O su un tema diverso da affrontare sempre nel limite delle 1800 battute?
Che tema vorresti fosse trattato in una prossima edizione del concorso – per convincerti a partecipare ancora?
No, niente di diverso. E’ stato organizzato benissimo.
Potrebbe essere interessante avere i giudizi della giuria.
Non so se intendete pubblicarli o magari farli avere ai singoli autori: al di là del risultato ottenuto, secondo me la cosa più preziosa per chi scrive è avere una critica costruttiva nei confronti del racconto.
Nessuna preferenza per il tema.
Cosa ne pensi dell’editoria elettronica e delle produzioni come quella di KULT Underground/KULT Virtual Press?
Siamo nell’epoca del digitale ad ogni costo e dei telefonini che fanno anche le frittate con la pancetta, no?
E che aspettiamo ad utilizzare tutta questa tecnologia per la diffusione della cultura?
Ben venga KULT, e che riesca a divulgare tutto il divulgabile.
Hai un sito web (culturale, di intrattenimento) o collabori a siti web che si occupano di arte, letteratura o cultura?
No.
Grazie per il tempo che ci hai dedicato… e speriamo di rivederti anche il prossimo anno

Marco Giorgini

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