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Il gioco del GO

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Il gioco del GO

Quanti di voi hanno sentito parlare del gioco del GO? Non molti, credo. In effetti questo avvincente gioco di strategia su scacchiera è ancora poco diffuso in occidente, nonostante esistano anche in europa ed america associazioni di giocatori e appassionati. In oriente, e in particolar modo in Giappone, il GO è invece molto seguito, più o meno allo stesso livello degli scacchi occidentali qui in Europa. Questo articolo intende fornire un primo approccio al GO e alle sue regole: se l’argomento incontrerà il vostro favore (come spero) farò in modo di dargli un seguito.
Le origini del gioco del GO si perdono nelle nebbie della leggenda, tanto che è difficile trovare due autori che concordino sulla sua
‘data di nascita’. Di certo si sa che il gioco nasce in Cina, alcuni dicono ben 4000 anni fa, altri “solo” 2000 anni fa. C’è anche chi situa la sua invenzione in epoca molto più recente, attorno all’anno
1000 d.C. La maggior parte degli studiosi ritiene però che si tratti di un gioco molto antico. Il nome cinese originale è Wei-Ch’i, divenuto poi GO in giapponese. La storia e la cultura del GO meritano comunque uno spazio più ampio, e saranno probabilmente materia di un futuro articolo. Per il momento mi limiterò a spiegarvi in breve come si gioca a GO, ovvero le sue regole.
Il gioco è composto da una scacchiera (solitamente di legno chiaro) sulla quale è tracciata una griglia di 19×19 linee (nere). I due giocatori hanno a disposizione un gran numero di pedine (180 a testa circa) tonde e piatte, tutte uguali tra loro a parte il colore, bianco o nero. Ogni giocatore gioca con pedine di un solo colore. A turno
(comincia il nero) si posa una pedina sull’incrocio di due linee (NON nelle caselle). Una volta posata, una pedina non può più essere mossa, ma solo tolta dal gioco nel caso venga catturata.
Una pedina viene catturata quando le quattro intersezioni ad essa adiacenti vengono occupate da pedine avversarie. Osservate il diagramma 1.
Le intersezioni libere adiacenti ad una pedina sono dette libertà. Una pedina isolata al centro della scacchiera ha quattro libertà, se si trova sul bordo ne ha tre e infine ne ha solo due se si trova in un angolo. Naturalmente le libertà di una pedina possono essere occupate da pedine avversarie. Più pedine dello stesso colore che siano adiacenti in verticale od orizzontale formano un gruppo o catena e condividono le libertà tra loro. Osservate il diagramma 2.
Quello che è valido per la cattura di una singola pedina, ovvero che tutte le sue libertà siano occupate da pedine avversarie, vale anche per i gruppi.
Lo scopo del gioco, fate bene attenzione, NON è catturare le pedine avversarie; alla fine della partita vince il giocatore che circonda e controlla più territorio, ovvero un maggior numero di intersezioni libere. Un territorio è da ritenersi sicuro quando eventuali pedine avversarie giocate al suo interno sarebbero destinate inesorabilmente alla cattura.
Alla fine della partita ogni intersezione libera controllata da un giocatore gli frutta un punto, e un punto vale anche ogni pedina avversaria catturata nel corso del gioco.
Non è consentito “suicidarsi”, ovvero giocare una pedina su un punto privo di libertà, con una eccezione: se con questa mossa si elimina l’ultima libertà di una o più pedine nemiche, allora la si può effettuare. In questo caso la pedina “suicida” resterà in gioco. Per chiarire meglio questa regola, osservate il diagramma 3.
Un gruppo di pedine dello stesso colore si dice vivo se è configurato in maniera da avere al proprio interno almeno due intersezioni libere non adiacenti completamente circondate dalle proprie pedine. Queste
“libertà interne” di un gruppo si dicono occhi. Per essere vivo, un gruppo deve così avere almeno due occhi. Un tale gruppo non può più essere catturato; infatti anche se fosse completamente circondato all’esterno da pedine avversarie, esso conserva due libertà al proprio interno. Per le regole viste in precedenza, l’avversario non può occupare queste libertà con le proprie pedine, perchè sarebbe un
“suicidio”. Per prendere il gruppo occorrerebbe poter giocare in un sol colpo su entrambi i suoi occhi, ma ovviamente ciò non è possibile.
Nel costruire gruppi per tenere sotto controllo il territorio, è buona norma cercare di mettersi al riparo da catture dotandoli del giusto numero di occhi. Nel diagramma 4 potete vedere un esempio di gruppo
“vivo”.
Infine, ecco l’ultima regola: è vietato giocare una pedina se con quella mossa si ricrea la situazione immediatamente precedente. Questa regola è fatta apposta per evitare situazioni di stallo dove le stesse mosse vengono ripetute all’infinito. Casi come questo si dicono Ko.
Per chiarire meglio il concetto osservate il diagramma 5.
Quando un giocatore si accorge di non poter aumentare il proprio territorio o comunque di trarre alcun vantaggio da ogni possibile mossa, dichiara di passare. Quando entrambi i giocatori passano, la partita ha termine.
Le regole per giocare a Go sono in pratica tutte qui; il gioco sembra molto semplice. Vi assicuro invece che non è affatto così! Se è facile imparare a giocare, non lo è per niente giocare bene e quindi vincere… Per far questo occorrono una strategia e una tattica molto sottili. Bisogna saper vedere al di là dell’immediato, e conservare una percezione d’insieme molto chiara, tutte qualità ben note a chi gioca a scacchi, e che si acquistano solo dopo molto allenamento.
A proposito degli scacchi e del Go, il confronto tra i due giochi è inevitabile. Vi sono grosse differenze, sebbene entrambi siano fini giochi di strategia su scacchiera: gli scacchi sono un gioco di guerra, due eserciti che si affrontano e che si eliminano a vicenda, e la vittoria va a chi riesce ad “uccidere” con lo scacco matto il Re avversario. Lo spazio sullo scacchiere diventa terreno di conquista per arrivare alla distruzione del nemico. Nel Go, invece, lo spazio rappresenta l’obiettivo che dà la vittoria, e la cattura e distruzione di pedine nemiche rappresenta al contrario solo un mezzo per conquistare più territorio.
La natura delle pedine stesse è poi molto diversa nei due giochi: negli scacchi vi sono molte pedine differenti, ciascuna dotata di un proprio specifico potenziale e capacità; nel Go, al contrario, le pedine sono tutte uguali, e il loro valore dipende unicamente dalla posizione che occupano nei confronti di tutte le altre, e quindi non è fisso, ma muta durante il corso della partita. Da non trascurare poi che le pedine del Go non si possono spostare dal punto dove sono state posate la prima volta. Infine, il campo di gioco del go è molto più ampio di quello degli scacchi; inizialmente è vuoto e va riempiendosi di pedine fino alla saturazione. Il contrario avviene negli scacchi.
Nonostante tutte queste profonde differenze, questi due giochi si assomigliano per aspetti meno “terra terra” ma a livello più alto; entrambi richiedono a chi li gioca doti tattiche, strategiche di riflessione e di calcolo assai sviluppate.
Bene, per questa volta è tutto, il mese prossimo spero di poter entrare un po’ più nel vivo del gioco del Go, magari con una partita commentata e con qualche indirizzo utile per chi volesse cominciare a cimentarsi con questo antichissimo ma sempre affascinante gioco.

Massimo Borri

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