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Il cittadino e le libertà: la libertà di fede religiosa

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La coscienza che l’uomo ha di Dio
è la coscienza che l’uomo ha di se stesso.
Ludwig Feuerbach

L’articolo 19 della Costituzione italiana dispone che “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume[1].

Il commento a questa disposizione, contenuto nella relazione del Presidente della Commissione dei 75 al “Progetto di Costituzione della Repubblica Italiana[2]”, fu alquanto laconico e definitivo nella sua “assolutezza”: “Alla libertà religiosa è accordata ampia tutela in quanto essa è espressione della generale libertà personale”.

Leggendo la norma, infatti, in “combinato disposto” con l’art.13 della stessa Carta costituzionale, per cui “La libertà personale è inviolabile[3]”, è possibile apprezzare immediatamente, come si tratti di una libertà, riconosciuta indistintamente a tutte le persone presenti nel territorio dello Stato, ai cittadini, agli apolidi ed agli stranieri, ed avente ad oggetto molteplici facoltà.

Risulta sempre impegnativo definire con parametri “oggettivi”, legali, il concetto, molto soggettivo, di “fede religiosa”, ma con questo termine si intende l’adesione a verità, o fatti, soprannaturali, accettati non perché evidenti o razionali, ma perché riconosciuti come dettati da una Entità superiore.

Per comprendere l’effettiva portata della libertà di fede religiosa occorre procedere ad una lettura sistematica del citato art.19 anche con il basilare art.3 della Costituzione, dalla quale si deduce che la libertà e la perfetta eguaglianza tra i fedeli è riconosciuta, dal punto di vista della manifestazione della propria fede, sia come libera manifestazione del pensiero, sia come libertà di esercizio di atti di culto individuali o collettivi[4].

Dunque, diritto di professare liberamente la propria fede nella “forma” innanzitutto, nel senso che l’esercizio del culto religioso potrà estrinsecarsi, per il singolo fedele, o limitatamente al proprio intimo, od in forma collettiva, per cui l’ordinamento giuridico permette la costituzione e l’attività delle “associazioni religiose”, cioè unioni organizzate di fedeli, di culto cattolico o acattolico, composte sia da laici che da ministri di quel credo, il cui scopo risiede nella realizzazione delle finalità ideali/filosofiche di quella religione.

Ancora, è riconosciuta la libertà di fare “propaganda”, che consiste nell’attività pubblica di persuasione circa l’utilità e la necessità, per le persone, di adottare una determinata pratica religiosa, tale da assumere un “notevole grado di intensità ed efficacia”.

La propaganda religiosa, in ambito costituzionale, assume, in particolare, una diversa accezione, consistendo prettamente nell’attività di “proselitismo religioso”, ossia nella diffusione del proprio credo che si afferma essere prevalente rispetto ad altre confessioni. Il limite a tale affermazione è rappresentato dal divieto, penalmente sanzionato, di vilipendio delle altre religioni (art. 403 c.p.[5]).

Ulteriore, ultimo aspetto riguarda il limite agli atti di culto, che non devono essere contrari al buon costume: il concetto ricomprende l’insieme dei principi etico-morali tipici dell’uomo medio, che non offendano il “pudore” (ossia “quel senso di riserbo e ombratilità che circonda il fenomeno della riproduzione”, come affermava il grande penalista Antolisei) e la “pubblica decenza” (ossia la tutela di un decoro e di un comportamento civile minimamente riconosciuti dalla sensibilità comune, oltre al rispetto del già citato costume sessuale).

Comunemente, dunque, ci si riferisce alla sfera sessuale, ma rilevano spesso anche altri atteggiamenti e gesti “abietti e lascivi”. Nell’ambito delle manifestazioni di culto, la connotazione è assai più stringente, dovendosi fondere con i precetti di morale, decenza, etichetta e cortesia.

La norma in esame, insieme al successivo art. 20 Cost.[6], afferma, implicitamente, il principio di laicità: lo Stato garantisce a tutti (cittadini e stranieri), di professare la propria fede, qualunque essa sia, senza che una religione sia privilegiata rispetto alle altre[7].

Libertà di religione implica anche diritto ad essere atei (si veda, a questo riguardo, l’art. 250 comma 2 c.p.c., in tema di giuramento dei testimoni, come modificato dalla Corte Costituzionale nel 1979 e nel 1995[8]).

La dottrina più avveduta ha spesso qualificato la libertà religiosa come un diritto soggettivo dell’individuo, di natura non esclusivamente pubblica (in quanto appartenente sia allo Stato che al singolo individuo), non negativo, perché principi e diritti costituzionali non possono concretizzarsi in comportamenti omissivi dello Stato, nel senso che i suoi organi non possono omettere di assicurare una certa protezione a chi, individui o gruppi, viene discriminato e/o danneggiato per motivi religiosi.

Non è, infine, un diritto assoluto, dato che trova un limite nei diritti degli altri consociati: in altri termini il cittadino che professa una determinata fede religiosa, non può certo pretendere che tale pratica sia imposta a tutti gli altri consociati[9].

Come detto, allo scopo di rendere effettiva la tutela del fenomeno religioso, la Costituzione riconosce la facoltà dei singoli e delle associazioni religiose di costituire enti a carattere ecclesiastico, con finalità di religione o di culto[10].

Con il richiamato art.20 Cost., si impedisce al legislatore ordinario di introdurre trattamenti sfavorevoli o discriminatori a carico di alcuni Enti religiosi e di attribuire ad essi un trattamento fiscale peggiore, rispetto ad altre associazioni “laiche” che perseguano scopi simili o differenti.

È religione anche non credere in niente.
Cesare Pavese

[1] Costituzione – PARTE I – Diritti e doveri dei cittadini – Titolo I – Rapporti civili

[2]L’Assemblea Costituente, eletta contestualmente al referendum istituzionale Monarchia/Repubblica del 2 giugno 1946, con l’incarico di redigere una nuova Legge fondamentale per l’Italia, delegò la materiale scrittura della nuova Costituzione ad una Commissione interna composta da 75 membri (fra i quali Piero Calamandrei, Giuseppe Dossetti, Luigi Einaudi, Amintore Fanfani, Nilde Iotti, Giorgio La Pira, Giovanni Leone, Lina Merlin, Aldo Moro, Costantino Mortati, Palmiro Togliatti), presieduta dal giurista Bartolomeo “Meuccio” Ruini (Reggio Emilia 14 dicembre 1877 – Roma, 6 marzo 1970).

[3] Art.13 Cost. II comma “Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.

[4] Costituzione – Principi fondamentali – Art.3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

[5] Codice penale – LIBRO SECONDO – Dei delitti in particolare – Titolo IV – Dei delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti – Capo I – Dei delitti contro le confessioni religiose –

Articolo 403 “Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone”

“Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.”

[6] Art.20 Cost. “Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.

[7]Ciò accadeva, invece, sotto il regime fascista, quando lo Stato era dichiaratamente cattolico (e, quindi, confessionale) e semplicemente tollerante verso le diverse fedi. Il culto cattolico era “Religione di Stato”. Cfr. Kultunderground n.188-MARZO 2011: “Lo Statuto (albertino)”, rubrica Diritto.

[8] Cfr. Kultunderground n.186-GENNAIO 2011: “Il Testimone…”, rubrica Diritto.

[9] A livello comunitario tale libertà è garantita dall’art. 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

[10] Organismi sorti nell’ambito della Chiesa cattolica e delle confessioni diverse dalla Cattolica, che possono attualmente e attraverso il riconoscimento, svolgere un ruolo rilevante nell’ordinamento statale (es. Opus Dei, Comunità di Sant’Egidio, Tavola Valdese).

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