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I promessi sposi di Piero Chiara – Piero Chiara

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Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.

Narrativa

Pagg. XV-216

ISBN 88-04-41901-6

Prezzo Euro 12,00

Lucia, la porcellina

Nel rileggere per l’ennesima volta I promessi sposi mi sono chiesto se Alessandro Manzoni, anziché essere nato nel XIX secolo avesse visto la luce nel XX, come avrebbe scritto la sua opera più famosa, e non mi riferisco tanto all’aspetto linguistico, a quella ricerca del perfezionismo nell’italiano, bensì allo svolgimento della trama. E’ indubbio che all’epoca vigeva una certa morale che giudicava sconveniente tutto quanto riguardasse l’aspetto sessuale, circostanza acuità dal cattolicesimo francamente bigotto di Manzoni. La risposta sembrerebbe impossibile, ma c’è chi ha provveduto a riscrivere il celebre romanzo secondo i canoni e l’etica del secolo successivo con lo scopo di stilare una sceneggiatura per un film che poi non si fece. E infatti questa aggiornata versione dei Promessi sposi ha tutti gli aspetti di una bozza necessaria per poter pensare di trarne una pellicola. Mi sembra giusto chiedersi chi è stato che ha osato così tanto, chi è stato questo dissacratore nato? Questa volta la risposta non dovrebbe essere difficile, perché il Pierino autore di questa specie di parodia, e Pierino lo era come registrato all’anagrafe, è quel grande scrittore, cantore della provincia, che risponde al nome di Piero Chiara. E poiché la trama originaria imbastita dal Manzoni è quella di un amore quasi platonico fra due giovani popolani, contrastato dalla libidine feroce di un signorotto, si buon ben immaginare quanta sia stata materia su cui lavorare, tanto che avrebbe potuto essere fonte di ispirazione per un poeta licenzioso come Pietro Aretino.

Ciò che nel romanzo di Manzoni può essere intuito, soprattutto con il senso etico attuale, Chiara mette in chiaro e mi scuso per il gioco di parole, ma sta di fatto che sentimenti, emozioni, comportamenti sono espliciti, senza per questo modificare la personalità dei personaggi manzoniani. Infatti, Don Abbondio è il pavido che ben conosciamo, ma con dei sani appetiti sessuali che vengono placati da Perpetua, una donna florida e con un seno abbondante; Lucia non è la giovane pudica e timorata di Dio che conosciamo, anzi è molto appariscente, tanto da irretire Don Rodrigo e soprattutto da risvegliare le insane voglie di Fra Cristoforo e dell’innominato, che risponde al nome di Bernardino Visconti e che si scoprirà impotente. La fanciulla, tutt’altro che ingenua, è come un ape che svolazza di qua e di là, turbando i sensi degli uomini, fra i quali il povero Renzo, che non si chiama più Tramaglino, ma Brambilla, e che sarà la vera vittima, colui che resterà con il cerino in mano e costretto a una forzata astinenza. La pulzella approfitterà della peste e della morte della padrona della casa dove è ospitata per impalmare il ricco vedovo, un nobile spagnolo da cui avrà un figlio, fra Cristoforo e don Rodrigo saranno stroncati dal morbo e Renzo… Renzo che si era messo nei guai come presunto sobillatore dei tumulti del pane si ricongiungerà con la sua ex promessa sposa, trovando occupazione da lei come umile cocchiere. Insomma si tratta di una parodia godereccia, ideale per trascorrere allegramente alcune ore ed è inutile pretendere di più. Poi il film, che doveva essere diretto da Marco Vicario non si fece, e allora Piero Chiara, memore che non doveva essere buttato via nulla, soprattutto se ottenuto con il sudore della fronte, adattò la sceneggiatura, facendola diventare un romanzo. E fece bene.

Piero Chiara nacque a Luino nel 1913 e morì a Varese nel 1986. Scrittore tra i più amati e popolari del dopoguerra, esordì in narrativa piuttosto tardi, quasi cinquantenne, su suggerimento di Vittorio Sereni, suo coetaneo, conterraneo e grande amico, che lo invitò a scrivere una delle tante storie che Chiara amava raccontare a voce. Da Il piatto piange (Mondadori, 1962), che segna il suo esordio vero e proprio, fino alla morte, Chiara scrisse con eccezionale prolificità, inanellando un successo dopo l’altro.

E’ stato autore particolarmente fecondo e fra le sue numerose pubblicazioni figurano Il piatto piange (1962), La spartizione (1964), Il balordo (1967), L’uovo al cianuro e altre storie (1969), I giovedì della signora Giulia (1970), Il pretore di Cuvio (1973), La stanza del Vescovo (1976), Il vero Casanova (1977), Il cappotto di Astrakan (1978), Una spina nel cuore (1979), Vedò Singapore? (1981), Il capostazione di Casalino e altri 15 racconti (1986).

 

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