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RCEP, in vigore il più grande accordo di libero scambio del mondo

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«Gli asiatici hanno conquistato il mercato mondiale con metodi sleali: lavorano durante le ore lavorative»
(Ephraim Kishon)

Il 1° gennaio di quest’anno è entrato in vigore l’accordo che dà vita alla RCEP, la Regional Comprehensive Economic Partnership[1], il Partenariato Economico Regionale Completo, da cui si attiverà l’accordo di libero scambio più importante al mondo per popolazione coinvolta e valori delle merci trattate e che, è facile prevedere, avrà un forte impatto su tutti i mercati globali.

Al momento sono interessati 15 Stati del Pacifico sud Occidentale: Australia, Cina, Corea del Sud, Giappone, Nuova Zelanda, e i dieci partner dell’ASEAN, Association of Southeast Asian Nations[2], ovvero Birmania, Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malesia, Singapore, Thailandia e Vietnam.

RCEP, dimensioni

Ventilato già a Bali nel 2011, le trattative per il Regional Comprehensive Economic Partnership Agreement si sono aperte ufficialmente l’anno seguente durante il vertice ASEAN in Cambogia e chiuse nel 2020 con la firma dell’accordo in occasione della riunione (virtuale) in Vietnam che ha aperto le ratifiche.

Giunte quelle di Australia e Nuova Zelanda, il 1° gennaio di quest’anno è finalmente entrato in vigore il sistema che progressivamente darà forma all’area di libero mercato più grande del mondo per numero di consumatori e di aziende, nonché per quantità e valore delle merci scambiate.

Visto che l’India, con i suoi 1,4 miliardi di persone, ha abbandonato il tavolo di lavoro sul partenariato, il mercato comune che si apre riunirà 15 Stati con una popolazione totale di 2,2 miliardi di persone, pari al 28% degli abitanti del pianeta, una produzione aggregata di circa il 30% del PIL mondiale (26,2 trilioni di dollari), rendendolo il più grande blocco commerciale della storia con il controllo di oltre il 27% dei commerci globali.

Nello specifico, si tratta della metà della produzione manifatturiera annuale su scala planetaria, il 50% della produzione del settore automotive e ben il 70% di quella elettronica. La metà delle esportazioni mondiali del tessile proviene da questi paesi che, al contempo, cubano il 20% delle importazioni. Numeri che vedrebbero un’ulteriore espansione con l’eventuale adesione del colosso indiano.

Da non dimenticare che la regione riceve già ora circa un quarto degli IDE, investimenti diretti esteri (oltre 400 miliardi di dollari per il 2021), e continua a risultare la più attrattiva anche per la disponibilità di forza lavoro competitiva, giovane e altamente qualificata, nonché di contesti regolatori agevolati e, ora, uniformi.

RCEP, contenuti

Se questi sono i valori rappresentati dalla sommatoria delle economie coinvolte nella Regional Comprehensive Economic Partnership, e nessuno può metterli in discussione, variegate sono le opinioni sulla reale portata di un trattato che in molti classificano come accordo commerciale di prima generazione, prevalentemente focalizzato sulla progressiva riduzione delle rispettive tariffe doganali per la creazione di un’area di libero scambio.

Nello specifico, l’accordo RCEP prevede l’eliminazione dei dazi relativi al commercio di beni, l’abolizione delle limitazioni alla circolazione dei servizi e degli investimenti, l’avvio di sistemi di cooperazione economica e tecnica tra operatori pubblici e privati dei paesi parte e l’approvazione di nuove regole comuni per il commercio elettronico, la proprietà intellettuale, gli appalti pubblici, la concorrenza e le pmi, piccole e medie imprese.

Se l’ampiezza delle materie può lasciare a bocca aperta, raffredderà gli entusiasmi sapere che l’entrata a regime del sistema è comunque discrezionale per ciascuno Stato che ha previsto un proprio e specifico calendario, corredato di riserve e interpretazioni autentiche, che va dai 20 anni del Giappone ai quasi 35 della Corea del Sud.

Periodi che serviranno a tutelare in parte le industrie locali dalla crescente concorrenza che verrà loro dall’accordo di libero scambio.

Di non secondaria importanza, poi, il fatto che questo ultimo trattato si innesta su un sistema preesistente, quello dell’ASEAN, in cui già oltre l’80% degli scambi tra i 15.

L’obiettivo dichiarato è quello di eliminare subito i dazi sul 65% delle merci all’interno della regione, per arrivare al 90% nel lungo periodo.

Novità rilevante è certo l’adozione di comuni regole di origine, quelle che si applicano per stabilire la nazionalità dei prodotti al fine di garantire loro la libera circolazione nel mercato comune, superando i vincoli e gli accordi bilaterali esistenti.

Argomenti completamente assenti, invece, le norme di armonizzazione in materia di rispetto degli standard minimi di diritti dei lavoratori, protezione dell’ambiente e aiuti di stato, temi molto cari al pesante partner cinese.

RCEP, ricadute

Ricercatori di tutto il mondo convergono sulle positive conseguenze che l’area di libero scambio del RCEP produrrà nelle economie dei paesi membri e sulle ripercussioni che risentiranno Stati Uniti ed Unione Europea.

La Brookings Institution[3] prevede un incremento di 209 miliardi di dollari all’anno ai redditi mondiali e di 500 miliardi di dollari al commercio mondiale entro il 2030, sottolineando il valore della condivisione di tecnologia, produzione, agricoltura e risorse naturali.

Il Peterson Institute for International Economics[4] prevede che a beneficiare dell’accordo saranno in special maniera Cina, Giappone e Corea del Sud, mentre Stati Uniti e India subiranno le maggiori perdite.

La critica che accomuna molti analisti riguarda il ruolo della Cina in relazione agli altri partner: Pechino rafforza la propria influenza nella regione a spese di Usa e Ue, ma impone anche il suo stile di soft diplomacy all’interno della regione.

Bisogna però riconoscere che questo è un ulteriore passo per la formalizzazione di una comunità asiatica di stati che potrà rappresentare un nuovo ed imponente player nelle relazioni economiche internazionali in cui le organizzazioni regionali multilivello acquisiscono sempre maggiori ruoli.

Si dice che, se il partenariato RCEP sarà utile per favorire il dialogo tra gli Stati membri e con gli altri attori globali, non potrà comunque obbligarli ad andare d’accordo ma, come diceva Frédéric Bastiat, «tra far passare le merci e far passare gli eserciti esistono le tante combinazioni intermedie della realpolitik» e la storia ce ne darà testimonianza.

  1. Cfr. sito istituzionale https://rcepsec.org/ .

  2. Cfr. sito istituzionale https://asean.org/ .

  3. Cfr. sito istituzionale https://www.brookings.edu/ .

  4. Cfr. sito istituzionale https://www.piie.com/ .

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