Scritto nel 1939 e pubblicato nel 1941, Pioggia nera, il cui titolo originale Il pleut, bergère… allude a una nota filastrocca infantile, è un romanzo breve che, tuttavia, riesce a condensare nelle sue 127 pagine, con una trama avvincente, una vicenda di fantasia, ma che, per com’è narrata, potrebbe essere benissimo accaduta veramente. Se il filo conduttore dell’opera è la ricerca da parte della polizia di un pericoloso anarchico, un’indagine non priva di tensione e particolarmente coinvolgente, essa si fa tuttavia notare ed apprezzare per la straordinaria capacità dell’autore di far vedere il mondo, i fatti, le persone, l’ambiente attraverso gli occhi di un bambino.
Ci troviamo in Normandia, in una piccola città, dove i coniugi Lecoeur, commercianti di tessuti lavorano dalla mattina alla sera per mantenere loro stessi e il loro figlioletto Jerome. E’ una vita modesta, ma senza particolari privazioni, e, per certi aspetti, quieta e nel complesso serena. Tuttavia, quest’esistenza viene sconvolta dall’arrivo della zia Valerie, una donna abbastanza ricca e decisa a non trascorrere da sola gli ultimi anni della sua vita. Nonostante il suo pessimo carattere, i Lecoeur accettano di dividere con lei le due stanze del loro appartamentino sperando di ereditare una casa di campagna, di cui la zia non è più in possesso, ma di cui rivendica la restituzione. Nascono inevitabilmente delle tensioni e dei conflitti, soprattutto con il nipotino Jerome, il cui piccolo angolo di libertà casalingo viene di fatto soppresso dalla presenza astiosa ed ingombrante della donna.
Il bambino, a casa da scuola per evitare di essere contagiato da un’epidemia di scarlattina, trascorre il suo tempo guardando, attraverso la finestra della sua camera, i cui vetri sono bagnati dalla pioggia che cade senza sosta, quella di un appartamento della casa di fronte, in cui vivono, in condizioni disagiate, ma dignitose, i Rambures, un piccolo nucleo familiare costituito da un bimbo tubercolotico e sua nonna.
E’ un’epoca di tensioni sociali, di scioperi, di gesta sconsiderate, fra cui quella che porta Gaston Rambures – rispettivamente padre del piccolo e figlio della donna – a compiere un attentato durante una visita di stato che porta alla morte di un gendarme. Braccato dalla polizia, che ha messo una taglia di 20.000 Franchi sulla sua testa, cerca rifugio ovunque. Sarà Jérome a intuire dove si trova, ma non lo dirà; pur stando attento a non tradire il suo segreto ingaggerà una lotta con la zia, un duello fatto da parte della donna di crudeli e sottili ripicche. Avida e avara, attirata dalla taglia, capirà dov’è il nascondiglio e lo dirà alla polizia, attirata non solo da quei denaro, ma anche per fare un dispiacere al nipote, che ha maturato da tempo una naturale simpatia per quel povero bimbo dirimpettaio malato di tubercolosi.
Non aggiungo altro della trama, ma mi corre l’obbligo di evidenziare come in questa breve prosa ricorrano tutti i temi cari a Simenon: i proprietari di campagna gretti, altezzosi, corpi in decomposizione incapaci di dare una svolta a una vita vacua, ma inclini all’astio e all’acidità con gli altri esseri umani con cui vengono in contatto, la piccola borghesia commerciale (rappresentata dai Lecoeur), all’epoca una classe in progressiva crescita, disposta a sacrifici per elevarsi ulteriormente, l’inclemenza del tempo che ingrigisce ulteriormente una vita ripetitiva e avara di soddisfazioni, l’eterna lotta fra le classi meno abbienti e chi detiene il potere, gli inevitabili attriti generazionali.
L’ambientazione è come al solito perfetta e le descrizioni sono così attente che pare di vedere la piazza del mercato, si ha la sensazione di udire il tamburellare della pioggia, si avverte l’umidità che si va espandendo.
Ma è la fine analisi psicologica degli individui, dei protagonisti che come al solito incanta e stupisce, una capacità che Simenon profonde in tutti i suoi romanzi e che per questo fa di lui uno dei più grandi narratori di tutti i tempi.
Mi sembra superfluo aggiungere che Pioggia nera è un libro da non perdere assolutamente.
Georges Simenon, nato a Liegi nel 1903, morto a Losanna nel 1989, ha lasciato centonovantatre romanzi pubblicati sotto il suo nome e un numero imprecisato di romanzi e racconti pubblicati sotto pseudonimi, oltre a volumi di «dettature» e memorie. Il commissario Maigret è protagonista di 75 romanzi e 28 racconti, tutti pubblicati fra il 1931 e il 1972. Celebre in tutto il mondo, innanzitutto per le storie di Maigret, Simenon è anche, paradossalmente, un caso di «scrittore per scrittori». Da Henry Miller a Jean Pauhlan, da Faulkner a Cocteau, molti e disparati sono infatti gli autori che hanno riconosciuto in lui un maestro. Tra questi, André Gide: «Considero Simenon un grande romanziere, forse il più grande e il più autentico che la letteratura francese abbia oggi»; Walter Benjamin: «… leggo ogni nuovo romanzo di Simenon»; Louis-Ferdinand Céline: «Ci sono scrittori che ammiro moltissimo: il Simenon dei Pitard, per esempio, bisognerebbe parlarne tutti i giorni».
Le Centre d'études Georges Simenon et le Fonds Simenon de l'Université de Liège si trovano all'indirizzo: www.ulg.ac.be/libnet/simenon.htm.
Nasce a Mantova l’8 maggio 1947. Laureato in economia e commercio, dopo aver lavorato per lungo tempo presso un’azienda di credito ora è in pensione e vive con la moglie Svitlana a Borgo Virgilio (MN). Ha vinto con la poesia Senza tempo il premio Alois Braga edizione 2006 e con il racconto I silenzi sospesi il Concorso Les Nouvelles edizione 2006. Sue poesie e racconti sono pubblicati sulle riviste Carmina, Isola Nera, Prospektiva e Writers Magazine Italia, oltre a essere presenti in antologie collettive e in e-book. Ha pubblicato le sillogi poetiche Canti celtici (Il Foglio, 2007) e Il cerchio infinito (Il Foglio, 2008).
E’ il dominus del sito culturale Arteinsieme (www.arteinsieme.net)
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