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Se Tizio è proprietario di un suolo x, è anche proprietario…

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(Caso di DIRITTO CIVILE) 

Se Tizio è proprietario di un suolo x, è anche proprietario della grotta y sottostante ad esso?

 

 

Ex art. 840 c.c. La proprietà si estende al sottosuolo con tutto ciò che vi contiene.

Nel nostro caso, il sottosuolo contiene una cavità naturale, non sappiamo di che ampiezza, ma tale da essere geologicamente definita quale grotta.

Stando all’articolo succitato, la proprietà della grotta spetta al proprietario del suolo, quindi a Tizio.

Ma il titolo d’acquisto di Tizio potrebbe, al riguardo, stabilire diversamente.

Inoltre, la proprietà della grotta potrebbe spettare ad altri, in base ad un titolo opponibile al proprietario del suolo: ad esempio, per una precedente trascrizione o un acquisto a titolo originario.

Qualora la grotta sottostante il fondo (inteso in senso metrico-agrario e non complessamente giuridico) costituisse entità autonoma e distinta, materialmente ed economicamente, dal suolo sovrastante, potrebbe essa essere stata usucapita.

Infatti, e secondo la Cassazione (sent. 5130 del 16/09/1981) È indubbio che può essere acquistata per usucapione una grotta sottostante la proprietà di altra persona, se costituente entità autonoma e nettamente distinta dal suolo sovrastante, sotto il profilo materiale, funzionale ed economico, in presenza di un possesso pubblico, pacifico ed ininterrotto per un periodo di tempo utile all’usucapione.

Sempre per la Cassazione (sent. 3318 del 06/04/1987) è altrettanto indubbio che tale fatto d’acquisto originario non può consistere nella mera situazione dei luoghi, come addirittura la esclusiva possibilità di accesso al sottosuolo dal fondo altrui.

Importante sarebbe vedere se, nel rogito d’acquisto del suolo, rientri anche la grotta o se la stessa sia stata posteriormente scoperta da Tizio; e se altri, in base a diverso titolo, possano vantare su essa diritti.

Elementi che il quesito, breve, tace del tutto.

In ogni caso, secondo la Suprema Corte, (Cass. n. 7655 del 30/07/1990; Cass. n. 2615 del 14/04/1986) Il vincolo pertinenziale postula la destinazione in modo durevole, attuale ed effettivo della cosa accessoria a quella principale ad opera del proprietario d’entrambe.

Il proprietario d’entrambe compie un atto dispositivo di destinazione durevole dei beni.

Ciò conferma e presuppone che la destinazione pertinenziale necessiti di una primigenia proprietà di entrambe le res.

In merito all’accessio possessionis, la Corte osserva che ai fini del cumulo di due distinti possessi ex art. 1146 c.c., è necessaria la prova di un titolo astrattamente idoneo a trasmettere la proprietà o altro diritto reale relativo al bene posseduto. (sent. 6552 dello 11/1271981).

Importante è osservare che la giurisprudenza, in linea di principio, non considera scindibile la titolarità del sottosuolo dal suolo, se non in presenza di un bene giuridico autonomo; bene giuridico che, in astratto, ben potrebbe essere una grotta.

È da notare – e l’osservazione non è di poco conto – che nel sottosuolo possono essere individuate delle entità organiche aventi una propria delineata struttura e consistenza che è idonea ad attribuire loro una particolare individualità fisico-economica e conseguentemente giuridica (ad esempio, miniere, cave, torbiere, grotte, entità archeologiche, sorgenti) e che, in tali ipotesi, l’ordinamento prevede e prende in considerazione tali entità per attribuire loro un particolare regime giuridico che postula e consente una distinzione di proprietà del suolo e sottosuolo (Cass. 24 novembre 1970, n. 2476; Cass. 9 ottobre 1956, n. 3414, etc.).

In dottrina, si è occupato in particolare delle grotte il Lucci, che le considera res nullius. Anche se la dottrina maggioritaria ritiene che il rapporto pertinenziale possa essere instaurato dal proprietario della cosa principale, anche se non sia proprietario della dipendenza.

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