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Facoltà di arresto da parte dei privati

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(nota[1])

I nostri peggiori nemici,

 e quelli con cui dobbiamo combattere più di tutti,

sono dentro

Miguel de Cervantes y Saavedra

 

L’arresto in flagranza[2] di reato, avviene normalmente ad opera di ufficiali e agenti della Polizia Giudiziaria. Secondo la legge (art.382 Codice di Procedura Penale), è in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato (cosiddetta flagranza propria), o chi, subito dopo averlo commesso, è inseguito dalla polizia, dalla persona offesa o da altre persone, ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima (cosiddetta flagranza impropria o quasi flagranza)[3].

Nelle ipotesi di flagranza di reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio da parte della PG (qualche esempio dall’art.380 CPP: delitti contro la personalità dello Stato, delitto di devastazione e saccheggio, delitti contro l’incolumità pubblica, delitto di riduzione in schiavitù previsto, delitto di prostituzione minorile, delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, delitto di furto di armi, delitto di rapina e di estorsione, delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope, ecc.), e limitatamente ai casi in cui il delitto sia perseguibile d’ufficio[4], l’art.383 del Codice di Procedura Penale stabilisce che “ogni persona è autorizzata a procedere all’arresto in flagranza[5]“, con l’obbligo consequenziale di “senza ritardo consegnare l’arrestato e gli oggetti costituenti il corpo del reato[6] alla polizia giudiziaria, la quale redige il verbale[7] della consegna e ne rilascia copia”.

L’istituto costituisce, quindi, una forma di autotutela che il nostro ordinamento penale ha riservato al privato, in considerazione della necessità pratica che impone un’immediata e tempestiva reazione di fronte al perpetrarsi di un grave delitto, oltre che essere l’espressione di una politica legislativa finalizzata a permettere la repressione di fatti illeciti anche attraverso la volontaria collaborazione dei cittadini con le istituzioni.

La facoltà di effettuare l’arresto per il cittadino privato non rappresenta certo una “novità” dell’attuale sistema processualpenalistico (risalente agli anni 1988/89), ed è stato in passato sospettato di essere in contrasto con il 2° comma dell’art.13 della Costituzione il quale, autorizzando la sola “autorità di pubblica sicurezza” ad adottare misure restrittive della libertà personale, parrebbe volersi riferire soltanto agli organi costituiti che impersonano la Pubblica Amministrazione. La Corte Costituzionale ha, tuttavia, precisato[8] che il privato, quando agisce in presenza dei presupposti previsti dalla norma che gli consente l’arresto in flagranza, acquisisce la veste di organo di polizia, sia pure in via straordinaria e temporanea, e di conseguenza viene a godere, nell’esercizio delle funzioni pubbliche assunte, della stessa speciale posizione giuridica conferita ai soggetti che esercitano poteri di polizia giudiziaria. Semprechè, sottolinea la Corte, rimanga nei limiti che la norma stessa impone (egli è anche autorizzato a prendere in custodia le cose costituenti il corpo del reato, assumendo così eventualmente anche la qualità di custode di cose sequestrate).

E a questo proposito, opportunamente viene chiarito dalla Giurisprudenza della Corte di Cassazione che, determinante ai fini della legittimità dell’arresto, è la circostanza che la persona arrestata non venga trattenuta, dal privato intervenuto nell’operazione, oltre il tempo strettamente necessario per la consegna agli organi di polizia, in modo da evitare che una misura eccezionale si trasformi in un “sequestro di persona”[9] dell’arrestato.

Inoltre, per concludere e precisare ancora meglio, i privati cittadini possono difendere i beni di loro proprietà e possono inseguire i ladri anche se questi ultimi si sono già “disfatti” degli oggetti rubati e anche se il reato commesso prevede l’arresto facoltativo da parte della polizia giudiziaria. Questo in sostanza il senso della sentenza n. 37960 della Corte di Cassazione (Sez. II penale), del 24-09-2004. La Corte ha dichiarato “inammissibile” il ricorso di un borseggiatore che aveva rubato ad una giovane bolognese il portafogli, di cui però si era liberato subito poiché si era accorto che un passante lo aveva visto. Nonostante, quindi, la possibilità di recuperare agevolmente il portafogli, il passante aveva inseguito e trattenuto il ladro, successivamente identificato e arrestato. L’intervento del passante era stato “illegittimo”, secondo il borseggiatore, perché “per il furto aggravato non è concessa al comune cittadino la facoltà di arresto”.

La Corte ha affermato invece che “il privato, anche in assenza delle condizioni previste dal combinato disposto degli articoli 383 e 380 cpp, e quindi anche se non ha la facoltà di procedere all’arresto in flagranza dell’autore dei reati per i quali è solo previsto l’arresto facoltativo, ha tuttavia il diritto di difendere la sua proprietà e quella dei terzi dagli attacchi dei malfattori; e quindi di inseguire un ladro al fine di recuperare la refurtiva e di consentirne l’identificazione e l’eventuale arresto da parte della polizia giudiziaria”.

La sentenza ha perciò reso definitiva la condanna a tre anni e un mese di reclusione, oltre a 600 euro di multa, nei confronti del borseggiatore confermando la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Bologna nel 2003. Non ha avuto successo, è stata la conclusione dei magistrati, “la tesi difensiva che vorrebbe addirittura criminalizzare l’encomiabile operato di un soggetto intervenuto in difesa di un diritto altrui”. Pertanto l’intervento del passante va considerato “assolutamente legittimo”.

i

Quando non si fa nulla, ci si crede responsabili di tutto.

Jean Paul Sartre



[1] Nell’immagine “controllo di polizia”, dal sito della Polizia di Stato, www.poliziadistato.it.

 

[2] Arresto in flagranza: consiste in una privazione temporanea di libertà di competenza esclusiva della p.g. L’arresto in flagranza rappresenta la prima forma di custodia cautelare; si distingue in obbligatorio e facoltativo, a seconda che la sua attuazione costituisca un atto dovuto o discrezionale. L’articolo 380 del Codice di Procedura Penale stabilisce, in via generale, che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria debbano procedere all’arresto di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni e nel massimo a venti anni. L’articolo 381 dello stesso Codice prevede, invece, soltanto la facoltà di arrestare chi viene colto in flagranza di un reato non colposo per il quale è prevista la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni ovvero non inferiore nel massimo a cinque anni. Entrambi gli articoli prevedono, però, una lunga serie di reati, tassativamente indicati, per i quali è stabilito rispettivamente l’arresto obbligatorio o facoltativo, indipendentemente dalla previsione generale delle pene su indicate.

 

[3] Cfr. Antonio Marini “L’arresto in flagranza di reato anche da parte dei privati” in www.specchioeconomico.com. giugno 2007.

 

[4] Si ha reato perseguibile d’ufficio quando non occorre, per l’inizio del processo, una manifestazione di volontà proveniente dalla persona offesa (querela art. 336 CPP, istanza art.341 CPP), oppure dalla pubblica autorità (richiesta art.342 CPP, autorizzazione a procedere art.343 CPP).

 

[5] Diversamente che per gli organi di polizia si tratta, dunque, di una mera facoltà, cfr.: Siracusano, Galati, Tranchina, Zappalà, Diritto Processuale Penale, vol.II, 2° edizione

[6] Corpo del reato: sono le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, nonché quelle cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo. Esso è assoggettabile a confisca, misura di sicurezza a carattere patrimoniale, consistente nell’espropriazione, a favore dello Stato (cum fiscum), di cose collegate al reato, secondo uno dei criteri di relazione indicati dall’art. 240 CP (strumentalità, destinazione, produzione ecc). La legge distingue fra confisca obbligatoria (quando la pericolosità è intrinseca alla cosa: si pensi ad una pistola) e confisca facoltativa (quando il giudizio di pericolosità è formulato in relazione al caso concreto, mancando una valutazione di pericolosità presunta fatta dal legislatore). Mentre la confisca facoltativa può applicarsi solo in presenza di una condanna, quella obbligatoria va disposta anche in caso di assoluzione.

 

[7] Verbale (o processo verbale): indica un atto redatto da un pubblico ufficiale con funzione di documentazione e prova di fatti o atti ai quali il pubblico ufficiale assiste o che compie in prima persona. Il verbale contiene, naturalmente, la descrizione delle operazioni o dei fatti ai quali si riferisce. Quando ha per oggetto l’accertamento di un atto non scritto, il verbale rimane comunque da quest’ultimo distinto e può essere redatto anche in un momento successivo. È quindi la forma di documentazione, per riassunto o in forma integrale, delle attività compiute nell’ambito dell’intero procedimento penale. Nel primo caso, viene letteralmente trascritta tutta l’attività processuale che si svolge; nel secondo caso se ne fa un mero riassunto, integrato della registrazione fonografica ed audiovisiva

 

[8] Corte Costituzionale, Sentenza n.89 del 1970.

 

[9] Corte Suprema di Cassazione 14/06/1993.

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