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Un giorni ti dirò tutto – Laura Buffoni

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HarperCollins (Milano, 2024)
pag. 248
euro 17,50

Intanto il romanzo d’esordio di Laura Buffoni, “Un giorno ti dirò tutto”, s’apre col trasloco dell’adolescente protagonista del libro da Roma Nord al Laurentino popolare dei ponti. Mentre scorrono le immagini che ben conosciamo, quando in tv si vedevano Bim Bum Bam e la telenovela sudamerican con Gracia Colmenares (a me non piaceva, a miei genitori sì: l’esatto contrario della trama per dire…). In una casa dove è bandita – che bello! – la coca cola, per esempio. Che Buffoni racconta con questo piglio apparentemente svelto eppure, allo stesso tempo, usando una misura davvero controllata; caratteristiche che permettono d’apprezzare la scorrevolezza epperò senza subire problemi da eventualità colpi della banalità.

Da adolescente, Laura, la protagonista della trama, si rende invisibile grazie ad una gestualità che passa in secondo piano, in genere, oltre che ovviamente all’abbigliamento scelto, ma è difficile rimanere nell’ombra quando si va così bene, come va lei, a scuola…; almeno fino a quando sceglie di cambiare del tutto, e d’entrare nel gruppo dei “pontaroli”…

Ed arriva il fattaccio. L’aggressione subita. Dal branco infame. E l’infanzia è terminata.

L’episodio, che reggeva perché assopito dentro l’autrice, è risvegliato quando la protagonista ha oramai una famiglia, un lavoro.
Subito allo scoccare del lockdown. Da qui nasce l’idea di raccontare, di scrivere quello che stiamo leggendo. Questa storia “privata”.

Fatta anche di passaggi che potremmo appuntarci: “Gli altri si divertono tantissimo anche con il Covid. Il paradosso del distanziamento sociale è che ci sta regalando nuove, angoscianti forme di intimità. Per esempio, è nata un’app per imbucarsia alle feste a cui nella vita vera non saresti mai invitato, per fortuna. L’app l’hanno scaricata tutti ma ha funzionato per un periodo brevissimo, quando l’entusiasmo per la disperazione ha scosso per un attimo le millenarie fondamenta della solidarietà umana prefigurando un mondo in cui la paura, l’astinenza forzata dal contatto, la mancanza segneranno indelebilmente il nostro modo di interagire, la prossimità con gli altri, e con essa il disgraziato confine tra pubblico e privato”.

Il finale non c’interessa. Ma per fortuna sono sempre più convinto di due cose: 1) è davvero una grande stronzata che non ci sono oggi autrici di valore; 2) questo è un altro esordio da tenere in mente.

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