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Viva Migliavacca! e altri 12 racconti – Piero Chiara

3 min read

Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.

Narrativa

Pagg. 213

ISBN 2570160808979

Prezzo Euro 8,00

Una piacevole raccolta

Piero Chiara, se non scrisse molti romanzi, tuttavia diede alle stampe parecchi racconti, dimostrando così che la prosa breve gli era particolarmente gradita. E’ anche questo il caso di Viva Migliavacca! e altri 12 racconti, tredici piccole perle, molto variegate. Si va dal primo racconto, Con quel naso, una storia boccacesca, con un risvolto malinconico, all’ultimo, Viva Migliavacca!, che è sostanzialmente una parodia di un capitalismo estremizzato, in cui l’uomo che si fa da sé, accumula ricchezze e potere, si illude di poter disporre della propria vita e del suo destino. Fra gli altri ne troviamo in cui è presente una nota satirica, talvolta dolente, come in Il martire che prende spunto dall’omicidio non per motivi politici di un giovane fascista, che il regime fa diventare un martire, con il padre costretto a piangerlo solo in privato, perché nelle cerimonie pubbliche deve continuare a ricordarlo senza lacrime; ci sono però anche quelli in cui predomina una malinconia di fondo per i fatti della vita che sembrano congiurare contro chi ne ha tratto sofferenza, come nel caso di E’ tornato Gaudenzio, il ritorno a casa di un reduce dalla prigionia in Germania, dove si ritrova in un natio paese così diverso da prima, beneficato in verità dal signor Gino, un imprenditore la cui generosità non è senza tornaconto e che, fra l’altro, è diventato l’amante della moglie.

In genere i racconti sono tutti azzeccati, anche se ovviamente ce ne sono di diversa qualità – ma comunque sempre di buon livello – e poi c’è quello in cui Chiara eccelle ed è Un colpo di fucile, per il quale desidero spendere qualche parola in più. Infatti la creatività che vi è profusa ha quasi dell’incredibile; la vicenda è intricata, il personaggio chiave, Giacinto Rimoldi, soprannominato il “Cudegoma” per via della sua sagoma elefantesca e dell’eccessiva grossezza dei suoi quarti posteriori, è uno di quelli che non si possono dimenticare, un uomo veramente “tuttofare”.

Insomma, questi tredici racconti riflettono le caratteristiche del loro autore ormai maturo come tale e come uomo, con i sentimenti attenuati, un velo di malinconia che consente un certo distacco (non troppo, però) nel narrare le vicende e un apparente continua ricerca dei risvolti delle storie, come se fossero un divenire continuo a cui appassionarsi al pari del lettore ansioso di sapere come andrà a finire.

Piero Chiara nacque a Luino nel 1913 e morì a Varese nel 1986. Scrittore tra i più amati e popolari del dopoguerra, esordì in narrativa piuttosto tardi, quasi cinquantenne, su suggerimento di Vittorio Sereni, suo coetaneo, conterraneo e grande amico, che lo invitò a scrivere una delle tante storie che Chiara amava raccontare a voce. Da Il piatto piange (Mondadori, 1962), che segna il suo esordio vero e proprio, fino alla morte, Chiara scrisse con eccezionale prolificità, inanellando un successo dopo l’altro.

E’ stato autore particolarmente fecondo e fra le sue numerose pubblicazioni figurano Il piatto piange (1962), La spartizione (1964), Il balordo (1967), L’uovo al cianuro e altre storie (1969), I giovedì della signora Giulia (1970), Il pretore di Cuvio (1973), La stanza del Vescovo (1976), Il vero Casanova (1977), Il cappotto di Astrakan (1978), Una spina nel cuore (1979), Vedò Singapore? (1981), Il capostazione di Casalino e altri 15 racconti (1986).

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