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Intervista con Marco Colonna

9 min read

MARCO COLONNA, GIANNI CONSOLE, VITTORINO CURCI, FRANCESCO MASSARO

“NOCI SAXOPHONE POOL”

New Model Label, 2021

Noci, in provincia di Bari, è da molti anni un punto di riferimento per la musica di ricerca in Italia. Dal 1989 al 2000 nella cittadina pugliese si è svolto l’Europa Jazz Festival, una manifestazione che ha ospitato i maggiori esponenti della musica improvvisata della scena mondiale. Il Noci Saxophone Pool è nato nel 2015 nel solco di questa ricca esperienza e di altre successive iniziative come Contrattempi, Clockstop Fest e Listen to. La formazione – un quartetto di sassofoni, ma tutti i musicisti del gruppo sono polistrumentisti e non disdegnano l’uso dell’elettronica – è composta da Marco Colonna, Gianni Console, Vittorino Curci e Francesco Massaro.

In questa prima realizzazione discografica del Noci Saxophone Pool sono presenti due composizioni (“L’albero della guerra”, scritta da Marco Colonna, e “30 settembre”m un’improvvisazione collettiva) che i quattro musicisti hanno voluto dedicare al loro indimenticabile amico, pianista e compositore Gianni Lenoci (1963-2019), un grande protagonista della musica di ricerca in Italia. Marco Colonna ha al suo attivo prestigiose collaborazioni (Evan Parker, Agusti Fernandez, Andrew Cyrille, Zlatko Kaucic, Ettore Fioravanti) ed è membro del gruppo Eternal Love di Roberto Ottaviano. Gianni Console dirige Scatola Sonora, un polo didattico-musicale a Noci. Ha suonato in varie formazioni e con numerosi musicisti stranieri tra cui Ab Baars, Gunther Sommer, Bob Ostertag e Peter Brotzmann. Vittorino Curci è stato, con Pino Minafra, fondatore dell’Europa Jazz Festival di Noci. È anche artista visivo e poeta. Il suo libro più recente, Poesie (2020-1997), edito da La Vita felice di Milano, è stato quest’anno finalista al Premio Viareggio-Répaci. Francesco Massaro è leader del gruppo Bestiario. Nel referendum annuale della rivista “Musica Jazz” è stato votato tra i migliori nuovi talenti italiani.

Il concept di questo primo lavoro discografico del Noci Saxophone Pool nasce da uno scritto di Vittorino Curci e viene sviluppato in stretto legame con il territorio, in un’alternanza di temi scritti e parti improvvisate in cui viene valorizzata la particolarità dell’ensemble, formato da quattro sassofoni di tipo differente (alto, tenore, baritono e altri ancora) e vari strumenti a fiato, ai confini tra jazz e musica classica contemporanea e musica da film. La produzione è avvenuta presso lo studio Officina Musicale di Castellana Grotte (Ba) con un lavoro di editing a distanza dovuto alle circostanze della pandemia mentre la band si è riunita nel luglio del 2021 per le riprese video live.

Il vento del disgelo / L’albero della guerra / Esercizio provvisorio #1 / Esercizio provvisorio #2 / Vermi / 30 settembre / Celicoli sfrattati.

Ufficio stampa Niafunken

Precedenti interviste:

https://kultunderground.org/art/38653/

https://kultunderground.org/art/39512/

Intervista

Davide

Ciao Marco e bentornato su queste pagine. Come nasce il “Noci Saxophone Pool”, attraverso quali congenialità dei suoi quattro componenti Marco Colonna, Gianni Console, Vittorino Curci e Francesco Massaro?

Marco

Ben ritrovato Davide, è sempre un gran piacere. Il Noci Saxophone Pool nasce dalla sinergia e l’amicizia dei tre musicisti pugliesi a vario titolo operanti nell’ambito dell’improvvisazione e nella musica di ricerca. Il centro di gravità è Noci, con la sua storia di incontri, festival e amministrazioni illuminate, in cui Vittorino è personaggio di spicco della vita culturale ed intellettuale e Gianni Console suo giovane compagno di avventure. Francesco Massaro viene da Castellaneta, nel tarantino, ed è uno dei musicisti formatisi con Gianni Lenoci (mai abbastanza ricordato) al conservatorio di Monopoli. Francesco rappresenta, senza timore di smentita, una delle voci più interessanti e personali della musica creativa in Italia. Io sono subentrato per questa registrazione, anche se ho suonato spesso con il Noci Saxophone Pool in precedenza, e posso dire di avere una grande sintonia con tutti i membri dell’ensemble. Che    è una formazione visionaria e unica nel suo genere, anche se parte da un classicissimo quartetto di sassofoni.

Davide

Come nascono invece queste sette composizioni, ascritte a tutti e quattro? Il materiale è stato tutto improvvisato o c’è stato un lavoro compositivo di scrittura oppure ancora di prescrittura, qualcosa di preparato o programmato in precedenza un po’ più “a tavolino” su cui improvvisare?

Marco

La genesi dei pezzi è ibrida, nel senso che non tutti sviluppano lo stesso metodo. In alcuni si è preferito privilegiare determinate combinazioni, lasciando le stesse maturare nell’improvvisazione. Altri hanno idee guida più marcate e per quanto riguarda L’Albero della Guerra (titolo che rimanda al borgo di Alberobello, di cui viene svelato l’etimo del nome) è una mia partitura grafica, in cui il sopranino risale un tracciato “arboreo” per poi ricadere nelle sue radici mentre l’elettronica agisce come anima vitale e di trasformazione. E poi la voce di Vittorino che declama i suoi versi incide la struttura come cerchi nel legno. Sicuramente l’omaggio a Gianni Lenoci e al suo essere vitale, onnivoro, e splendidamente umano, ha qui le sue caratteristiche principali e programmatiche.

Davide

Nella filosofia socratica il dialogo è uno strumento che, tramite interrogazioni tra due o più interlocutori, mira alla correzione di un errore iniziale per giungere a una verità condivisa da rimettere sempre in discussione. Cosa avete rimesso in discussione, che tipo di dialogo compositivo-improvvisativo e nondimeno sonoro è intercorso in questo vostro lavoro tra le diverse “taglie” di sassofoni (baritono, tenore, alto e sopranino) più il clarinetto basso? Partendo da quali “interrogazioni” verso quali conclusioni, se non definitive, almeno temporanee?

Marco 

I suoni agiscono nello spazio con una loro indipendenza, un loro modo di stare insieme che difficilmente si può determinare in uno spazio libero. E’ la radice dell’improvvisazione, della composizione estemporanea quindi. E anche la consapevolezza alla base di questa musica.

Le composizioni si trasformano perennemente e registrare significa fotografare una delle possibili incarnazioni dei concetti che le muovono. In questo ambito di trasformazione e se vuoi di “liberazione” continua, ognuno perde il proprio confine per essere insieme agli altri, per appartenere al risultato finale. Risultato che sarà temporaneo, fallibile, imperfetto. E avrà  l’unico onere di sedimentare memoria, per poi essere dimenticato in un processo internamente dialettico (non potrebbe essere altrimenti) , ma esternamente direi rizomatico.

Davide

Quali rapporti tonali, atonali, pantonali, seriali, modali ecc. avete predeterminato nella compagine armonica? In che modo avete cioè lavorato, anche concettualmente, sulle relazioni tra i suoni e gli intervalli delle note?

Marco

L’ambito è sicuramente intervallare e cromatico. in alcuni casi pantonale, ma nella maniera in cui una cellula melodica viene data, e non viene identificata per rapporto fra note, ma per altezze date.

Le relazioni vengono pianificate più in ambito spettrale e timbrico. Questo consente una pianificazione trasversale fra strumenti acustici, elettronici ed autocostruiti.

Davide

Il cd non ha un titolo, ma porta il nome del “Noci Saxophone Pool”. Anche due titoli (Esercizio Provvisorio #1 e #2) sfuggono a qualcosa che possa anche solo sembrare programmatico, descrittivo cioè di storie musicali, invitando piuttosto all’ascolto assoluto, non distraente, non rappresentativo di qualcos’altro se non che della musica stessa, del suono. Qual è stata l’idea estetica alla base del vostro lavoro quindi rivolta all’ascoltatore? Che tipo di sollecitazione?

Marco

Credo tu abbia compreso benissimo il senso di quei titoli. Come ripeto la musica che è contenuta nel disco è musica provvisoria, fragile, ma che nel suo essere fermata su disco si prende la responsabilità di essere affermativa, plastica. Diventa memoria.

Siamo improvvisatori, viviamo in quella zona di confine fra passato e futuro. Agiamo con strumenti compositivi in un ambito in cui le regole del tempo, dello spazio, dell’orchestrazione, sono “altre” rispetto alla composizione. Il programma per un improvvisatore è agire nel momento. Svuotarsi dell’ego, per edificare un edificio di senso. E all’ascoltatore viene consegnato un oggetto sonoro che racchiude un infinito di possibilità nello spazio di una bolla di sapone.

Davide

Ci sono però anche titoli che rimanderebbero a qualcosa di meno astratto e di specificatamente legato alla musica: Il vento del disgelo, l’albero della guerra, Vermi, 30 settembre, Celicoli sfrattati… E ci sono dei testi scritti e recitati da Vittorino Curci, come a creare una sorta di rappresentazione quasi teatrale. Cosa invece avete voluto indicare o narrare attraverso questi titoli e questi testi poetici? Perché la declamazione piuttosto che il canto?

Marco

Anche qui, i titolo svelano l’atteggiamento misto alla base del disco. Sono le composizioni che in qualche modo usano il processo improvvisativo come sintassi, ma si piegano ad un’organizzazione pregressa. Il testo crea uno spazio sonoro ulteriore, ed un linguaggio trans idiomatico. Non sta a me descrivere la potenza delle parole di Vittorino, e la potenza della sua voce. È il legame con elementi naturali della sua terra, con la sua storia di nobiltà e cultura, ma anche di resistenza, lotta, miseria e barbarie. Vittorino è un poeta e la poesia è canto nel senso assoluto del termine, agisce nel logos della parola, lo esalta in strutture metriche in cui il linguaggio diventa  azione e narrazione.

Davide

Avete usato anche l’elettronica, particolarmente per la creazione di glitch (stridii, distorsioni, bug  ecc.). Perché dunque l’uso di questi “errori”, come appunto vengono definiti nell’ambito della glitch music con la sua estetica dell’errore?

Marco

Credo che anche questo punto sia chiaro. La fragilità, il momento, la parzialità, l’inafferrabilità, sono l’anima di questo lavoro. E l’elettronica (con due direttive molto diverse all’interno del disco) è parte di questo processo. E l’errore è l’obiettivo di una musica che cerca di “errare” per spazi sconosciuti.

Davide

E poi svariati tubi, che mi hanno ricordato le “tuberie” di Farfa… a proposito, cos’è il “mega chup in plastica”?

Marco

Chiaramente il contenitore di dolcetti con lo stecco in plastica che conosciamo un pò tutti.

Il NSP ha frequentato nel tempo molti musicisti, ma uno in particolare credo abbia inciso la memoria di tutti. Il percussionista Filippo Monico, con il suo arsenale di oggetti, poesia e strumenti. L’utilizzo di materiali non musicali, ma sonori, è una parte della ricerca  e dell’identità del gruppo. Se da una parte la musica classica contemporanea ed il jazz più impegnato sono il credito con la serietà, ne abbiamo anche uno con la clownerie, con il gioco, il trasformare il luogo del suono in luogo di magia e incanto, per afferrare, o almeno provarci, la leggerezza.

Davide

Un ricordo di Gianni Lenoci, pianista e compositore a cui avete dedicato questo vostro lavoro?

Marco

Uno dei musicisti più completi, uno degli intellettuali più profondi e lucidi. Una visione del contemporaneo mai ideologica, una sapienza strumentale visionaria. Una persona divertente, ironica, serafica e violenta allo stesso tempo. Un eccellente didatta, una personalità strabordante ma capace di chiudersi in un fazzoletto se la musica lo richiedeva.

Un amico, fratello, mentore…Tutti noi abbiamo avuto un rapporto speciale con Gianni, tutti diversamente e in epoche differenti. E questo credo che a Gianni sarebbe piaciuto molto.

Davide

La copertina raffigura un sassofonista con la bocca bendata… Fa pensare molto a quest’ultimo drammatico biennio…

Marco

Anche a noi. L’opera è di Vittorino che non smette mai di stupirci con la sua multiforme creatività. Ovviamente l’immagine è precedente a tutto questo “casino”… Ma in qualche modo è un monito. Un sassofonista con la bocca bendata serve a poco. Per cui sarebbe il caso di evitare di farci imbavagliare.

Davide

Venendo da Noci, punto di riferimento storico per la musica di ricerca in Italia, qual è lo “stato dell’arte” attuale del jazz sperimentale e di altra musica appunto “di ricerca” nel nostro paese?

Marco

La ricerca continua, ci sono eccellenze assolute, musicisti meravigliosi e progetti interessantissimi.

E pare che più siano interessanti più le luci delle organizzazioni si allontanino.

Lo stato dell’arte, malgrado tutto, è ottimo secondo me. Diverso lo stato “politico”, professionale, di investimento… Ma tant’è. Siamo qui per insistere.

Davide

Cosa seguirà?

Marco

Speriamo di poter coordinare un tour di presentazione del disco. Siamo attualmente in promozione. Mi piacerebbe far conoscere la nostra musica ai bambini, cercare di inventare un mondo in cui non serva un teatro per fare musica seria e capire così che serio non è per forza pesante, che impegnato non significa noioso, che creativo non vuol dire superficiale. E confido nei bambini per questo.

Davide

Grazie e à suivre…

Marco

Grazie a te sempre.

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