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Di terre straniere – Carla Malerba

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Presentazione di Francesco Prestopino
Edizioni La Vita Felice
Poesia
Pagg. 64
ISBN 9788877993410 
Prezzo Euro 8,00

Lo straniamento

Carla Malerba è nata in Africa, per la precisione in Libia, terra che ha lasciato nel 1970 per venire a vivere in Italia. Questa breve premessa è d’obbligo perché è inevitabile che resista sempre un particolare legame affettivo con il luogo in cui si è nati e si è vissuta la propria giovinezza. Così ricorre ogni tanto la nostalgia, giacché il ricordo, per quanto sopito, è sempre presente. Al riguardo c’è chi si esprime narrando del suo trascorso laddove è nato e c’è invece chi in poesia parla di questa sua particolare situazione, cioè di una persona che ha trovato una nuova patria, in cui pure sta bene, ma che ha ancora affondate le radici in quella da cui è venuta. In quest’ottica è nata questa raccolta, opportunamente intitolata “Di terre straniere”, con l’evidente intento di esprimere il concetto di questa particolare condizione e di trasporre in versi la memoria. 

Le poesie sono sempre una proiezione del nostro “io”, lo specchio di ciò che alberga nella parte più recondita di noi stessi e quasi sempre a noi sconosciuta, fino a quando non riusciamo a farla emergere; sono sensazioni, emozioni di cui avvertiamo i palpiti e che cerchiamo di esprimere nel linguaggio poetico. Ovviamente è anche questo il caso delle poesie contenute in questa raccolta, come, per esempio, in Canzone (Ho lasciato in fondo / a un corridoio lungo / un abito di festa, / ho chiuso la porta / del guardaroba / caldo di vapori / e ripensato a un giorno, / nell’androne buio di casa, / quando in cima alle scale / mi sporgevo / per vederti arrivare. / (Le camelie ingiallivano piano / nell’afa di agosto) / Avevi un vestito di seta / sì lieve / che ondeggiava nel vento / e pareva / tessuto di nebbia mattinale.); in questi versi, che sembrano emergere da un’atmosfera densa e lattiginosa, complice il ritrovamento di un abito da festa, affiora il ricordo di un giorno e di una figura cara, che con ogni probabilità è la madre, con felici scelte descrittive che portano il lettore a vedere in estate una donna avvolta in un vestito di seta mosso dal vento, talmente leggero, quasi evanescente da sembrare un tessuto fatto con quella nebbiolina tenue che si riscontra nella stagione estiva all’alba.

Più chiaramente la memoria della terra natia è richiamata con forza nei versi contenuti in Lungomare di Oea (Lungomare di scarpate / e balaustre, / di forti sensi, lungomare lungo, / il vento gonfia / vele di pietra. / Lungomare di palme e di oleandri:/ una gazzella / che una donna abbraccia / è immoto sogno / fino a che il lontano / squarcia improvviso / il quotidiano vivere / e lo scalda.). Ora, di questa descrizione della parte più antica di Tripoli mi piace cogliere quella che è l’immagine memorizzata dalla poetessa, una visione che, come sempre, non è perfettamente nitida, anzi spesso e volentieri finisce con l’essere l’interpretazione di un’emozione, come in questo caso (con felice scelta, viene scritto che il vento gonfia vele di pietra, cioè affonda la sua forza nei muri delle case).

Comunque, se voleva spiegare ciò che prova con il ricordo, credo ci sia riuscita benissimo. E ancor meglio ha fatto con Altra vita ( Altra vita era / quella di cui poco /  è rimasto: / memorie di strada / e di volti, / gialla la luce / della sera sulle case, / nei vicoli / canti e richiami. / L’ombra dei vent’anni / che scivola tra le dita / come acqua di fonte / e sentirsi a volte / come collocata a forza / entro paesaggi stranieri, / ferita pulsante / la non appartenenza / né a questo, né a quello / di paese. / L’ unico paese / che mi è rimasto / è il mio cuore.).

E’ una lirica che definirei ungarettiana perché riesce bene a esprimere quella sensazione di straniamento che coglie chi, come Carla Malerba, ha vissuto in parte (la parte più importante della vita, cioè la giovinezza) in un paese, per trasferirsi poi in un altro. Le scelte lessicali sono veramente azzeccate e la chiusa sintetizza in modo splendido il contenuto di una poesia che già da sola dà lustro all’intera raccolta; ma non è che le altre siano da poco, anzi sono di un livello di eccellenza che il lettore attento e appassionato non può non cogliere.

Ovviamente Di terre straniere è ben meritevole di lettura. 

Carla Malerba è nata in Nord Africa, ma dal 1970 risiede in Italia. A Tripoli, sua città natale, pubblica giovanissima i suoi primi versi. Si laurea nel 1986 presso l’Università degli Studi di Siena con una tesi sulla poesia per l’infanzia. Ha insegnato Lettere ad Arezzo, città nella quale vive tuttora.
Nel 1999 pubblica a Cortona la sua prima raccolta “Luci e ombre “, seguita nel 2001 da “Creatura d’acqua e di foglie (Ed. Calosci, Cortona). In esse i temi della perdita e del dolore si fanno pressanti anche se, a tratti, la memoria assume una funzione salvifica. Con le raccolte “Di terre straniere” e “Vita di una donna” (entrambe pubblicate con La vita felice, Milano 2010 e 2015) la poetessa riprende i temi del viaggio esistenziale e degli affetti.
“Poesie future” (Puntoacapo editrice, giugno 2020) è la sua ultima raccolta
Alcune sue liriche sono presenti nell’antologia Novecento non più-Verso il Realismo terminale, (La Vita Felice, 2016), in Pioggia Obliqua Scritture d’arte (Nuovo poesia proposta) in Fiordalisi-Menti sommerse, in Tanti pensieri, in Alma poesia, in Poetrydream. Scrive anche racconti brevi alcuni dei quali sono stati pubblicati su Essere, periodico del Centro di solidarietà di Arezzo.
Ha ricevuto diversi riconoscimenti per la poesia inedita in concorsi nazionali tra cui un Premio speciale della Giuria al Premio Ossi di seppia 2020; primo premio al concorso Territori della parola, IV edizione 2018-2019 per la poesia inedita; nel 2020 il Gran Premio della giuria al Concorso Le occasioni C19 per le sezioni A e B; nel 2021 il Premio speciale Fondazione Giovanni Pascoli per la raccolta “Poesie future”; al Premio internazionale Le occasioni 2021 secondo Premio per la sezione B.

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