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Intervista con Andrea Cavallo

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La Casa Editrice Ananke ha il piacere di annunciare l’uscita del primo libro del pianista e compositore torinese Andrea Cavallo, dal titolo 51 dischi per vivere meglio. Con questo progetto il musicista vuole comunicare il suo amore per la musica al pubblico di lettori nonché di ascoltatori, in quanto in allegato si trova il nuovo disco dei Contrappunto project “Come balle di fieno“.
Il messaggio è semplice e diretto: approcciarsi alla cultura musicale in maniera interdisciplinare, senza focalizzarsi su un solo genere perché, come dice l’autore: “la musica è bella tutta, o meglio, è bella quando è bella, non è bella perché è rock o perché è jazz: è bella semplicemente se è il frutto di una reale esigenza espressiva di chi la produce”.
Sulla base di quest’affermazione Andrea Cavallo seleziona e racconta 51 dischi precisando che non si tratta dei più belli di tutti i tempi, bensì, oltre a rispondere a un amore personale, si tratta di “dischi che hanno segnato un’epoca, facendo da spartiacque tra diverse tradizioni culturali, opere che esprimono il senso artistico umano ai più alti livelli, musica che, se posseduta intimamente, può davvero aiutare ad aprire il cuore e la mente e contribuire a un’esistenza più ricca e profonda”.
In libreria da gennaio 2011.
 
Andrea Cavallo
 
Nato a Torino nel 1974 Andrea Cavallo comincia a studiare pianoforte all’età di nove anni. Effettua per tredici anni gli studi classici tradizionali prima con A. Testaferrata e F. Demichiel e successivamente con Raf Cristiano, che vengono affiancati da un interesse eclettico verso il jazz, il rock, la contemporary e la new age. Questo lo porta dal 1998 in poi a compiere studi di perfezionamento prima a Roma con Vittorio Nocenzi del Banco del Mutuo Soccorso e poi a Torino con Aldo Rindone e Daniele Tione, in direzione sia rock che jazzistica. A questo punto si esprime a livello professionale su più livelli: come compositore (tre i cd incisi di brani originali), come performer (si esibisce regolarmente sia in piano solo che in formazioni di più elementi) e come insegnante (è docente di pianoforte ed armonia presso il corpo musicale “G. Verdi” di Venaria). Collabora con il Circolo dei Lettori di Torino come pianista-accompagnatore di situazioni teatrali ed ha esperienza in campo di intrattenimento musicale per ristoranti, hotels, conventions aziendali. 

 
 
Davide
Ciao Andrea.  Cominciamo da “51 dischi per vivere meglio“, libro e cd. Anzitutto com’è nata l’idea del libro e in che modo, secondo te, la musica può aiutare a vivere meglio? E in particolare perché questi 51 dischi e opere potrebbero aiutare in questo senso?
 
Andrea
Ciao Davide! L’idea del libro è nata d’estate, periodo in cui ho un po’ più di tempo libero. Ho pensato che di “acqua sotto i ponti” ne era passata un bel po’, che il mio personale percorso di ascolto durava da più di vent’anni e che, vuoi per curiosità vuoi per passione, aveva toccato i più disparati generi musicali. Così ho pensato che potesse essere utile condividerlo con altre persone. La musica, così come altre forme d’arte ed alcune discipline, credo abbia la caratteristica di parlare al nostro mondo interiore, escludendo la necessità del linguaggio. Non solo, ma a differenza del linguaggio tradizionale ha la caratteristica di non permettere tecniche affabulatorie o compensative, con il risultato di contribuire a forgiare del soggetti “veri”. I 51 dischi sono quindi stati scelti così, quando dico “opere che esprimono il senso artistico umano ai più alti livelli” mi riferisco proprio a questo. Mi pare che visto come vanno le cose nel mondo ce ne sia tanto bisogno…
 
Davide
Allegato al libro c’è il nuovo lavoro del Contrappunto Project. Perché lo hai intitolato “Come  balle di fieno“?
 
Andrea
Il significato del titolo è spiegato all’interno del libro stesso, c’è una paginetta intitolata “Appunti per un titolo”. Lascerei alla curiosità di chi legge andarselo a scoprire 😉
 
Davide
Né lo dirò io… Un  motivo in più per andare a trovare e leggere il tuo libro. Tue tutte le composizioni tranne due: Anywhere the heart goes, di Henry Mancini (nota come la colonna sonora di Uccelli di Rovo) e Entangled di Steve Hackett. Quando la composizione di altri è tale per te da desiderarla in un tuo disco?
 
Andrea
Credo che dipenda semplicemente da quanto mi entra dentro. Non ho parametri formali che mi portano a dire “questa sì e questa no”. Sono entrambi pezzi che seppur diversissimi e provenienti da aree musicali lontane amo molto.
 
Davide
Come balle di fieno è suonato insieme a 11 eccellenti musicisti… Ce li presenti?
 
Andrea
Alcuni di essi sono studenti dell’associazione musicale in cui insegno, altri sono professionisti. È stato bello mescolare “il sacro col profano”, affiancare dei giovanissimi (qualcuno non era ancora maggiorenne!) a chi di musica ci vive.
 
Davide
In passato, a proposito del “Contrappunto Project” hai detto che: “Il progetto fu, per sua stessa natura e per oggettive scomodità logistiche (ensemble troppo ampio e impossibilità di “vincolare” musicisti in assenza di grosse somme di denaro), destinato ad essere autoconclusivo. Fino alla prossima volta…” è ancora così? Ci saranno dei concerti e/o in che modo porterai queste bellissime composizioni dal vivo?
 
Andrea
Sicuramente non è semplice coniugare l’arte con la logistica… posso solo dire che se ci sarà l’occasione ben volentieri suonerò dal vivo queste composizioni. È già capitato in passato, quindi mai dire mai!
 
Davide
Andiamo indietro, alle origini. I Contrappunto incisero due dischi per la brasiliana PRW, Subsidea e Lilith, che ho in parte ascoltato dal tuo sito. Era una band progressive. Poi, a un certo punto, hai detto che sia il progressive, sia il concetto stesso di band hanno per te perso fascino. Cioè? 
 
Andrea
Bella domanda. In realtà il concetto di progressive per me non ha perso fascino, forse ne ha perso quello di rock progressive. Se poi ci riferiamo al progressive inteso in senso etimologico della parola, cioè “l’andare oltre” lunga vita al progressive! D’altronde credo sia sufficiente ascoltare questo disco per rendersi conto che davvero sfugge a qualsiasi classificazione di genere o stile….o forse bisognerebbe citarne tanti per descriverlo. Quindi torniamo all’inizio del discorso, meglio ascoltare e lasciare il linguaggio ad altri ruoli. Non mi dimentico la frase citata su un disco di Riccardo Zappa: “L’artista doveva aver imparato che definire significa limitare”.
Il discorso della band lo paragono molto ad un matrimonio, potrebbe anche funzionare, è certo che bisogna partire da una forte comunione d’intenti. Non è precisamente una cosa facile…
 
Davide
Poi ci fu “Elegie d’inverno”, che uscì per l’italiana Mellow records nel novembre 2004. Un ensemble di flauto, clarinetto, tromba, corno francese e bandoneon che si miscela con il tuo pianoforte. Perché a un certo punto hai preferito la sonorità degli strumenti acustici (che perdura) a quelli elettronici o elettrificati?
 
Andrea
Semplicemente li trovo più espressivi. Ma non ho nessuna pretesa che questa mia idea sia condivisa, è una sensazione personale. Infatti ho praticamente smesso di suonare le tastiere.
 
Davide
A tuo nome hai pubblicato anche due dischi, Racconti piano e forte e Desire per l’etichetta Eroica, USA, 2008 e 2009… Hai studiato con grandi pianisti come Vittorio Nocenzi, Daniele Tione, Aldo Rindone… Come riassumeresti i loro insegnamenti?
 
Andrea
Con una frase che non ricordo più di chi è ma che mi piace molto: “I grandi maestri sono quelli che ti aprono la porta, poi sta a te saperci entrare”
 
Davide
Torniamo al libro. Chiaro che 51 dischi sono pochissimi… Ho notato però che tutte le opere e i dischi da te prescelti non vanno oltre gli anni Ottanta, a parte Kryptos di Vollenweider e Italyan, Rum Casus di Elio e le Storie Tese. È un modo tra le righe di dire che nulla più ha fatto epoca negli ultimi trent’anni?
 
Andrea
Eh, è dura. Ma qui dovrebbe partire un’invettiva a tutta la società contemporanea occidentale. Sicuramente il desiderio di potere e di denaro che si è andato diffondendo negli ultimi trent’anni non ha fatto bene alla musica. Troppa gente fa musica per sfondare, per abbindolare masse, complici produttori e case discografiche. Ma ti rendi conto che un disco come “Rock Bottom” di Robert Wyatt uscì nel 1974 per la Virgin? Lo sai che è la stessa casa discografica che vent’anni dopo lancerà le Spice Girls?
E poi ci sono quelli che fanno musica per stupire. Il crescere dell’alfabetizzazione musicale ha creato un piccolo gruppo di “iperstudiosi”, gente che quando suona e compone crede sempre di essere al saggio di fine anno della scuola dove fa vedere quanto è bravo. Pensa tu se a Monk o Hendrix gliene importava qualcosa…
 
Davide
Tre italiani: Elio e le Storie Tese, Fabrizio De Andrè (La Buona Novella), Ennio Morricone (La leggenda del pianista sull’oceano)… e en passant una citazione del torinese Piero Piccioni e del fiorentino Piero Umiliani. Qui si apre il gioco “io ci avrei messo anche“… e via allora coi nomi e coi titoli…  Darwin!, o La sposa occidentale o L’apparenza… L’ombrello e la macchina da cucire… Aguaplano…
La scelta è stata soggettiva oppure obiettiva? Riconosceresti la grandezza di un disco che non ti piaccia? Per esempio, quale?
 
Andrea
Eh eh, in realtà hai dimenticato l’italiano che tra l’altro apre il libro, Giovanni Pierluigi da Palestrina… direi che quattro italiani su cinquantuno sono un buon numero no? Implicitamente lo faccio, includendo Mozart nell’elenco dei “top cinquantuno” e dicendo che lo considero sopravvalutato…
 
Davide
Se non sbaglio hai iniziato a fare musica amando e suonando metal, thrash metal e consimili. Nei 51 dischi non appare nulla sotto il segno del metal… Conosco molti musicisti (e del resto è successo anche a me), il cui l’amore per la musica più raffinata è passato da un primo amore da ragazzi per l’heavy metal… Non lo si direbbe, ma dev’esserci qualcosa di molto educativo per le orecchie nella musica heavy metal. O forse succede qualcosa nell’andare a ritroso arrivando a  dischi come IV dei Led Zeppelin, che tu hai per altro incluso nei tuoi 51… Cosa ne pensi?
 
Andrea
Ah ah ah, effettivamente ho “resistito” a non inserire nulla degli Iron Maiden! Un conto sono i gusti personali, un altro è scrivere un libro no? Un altro gruppo che ho amato alla follia sono i Marillion, ma anche loro non compaiono nemmeno con una citazione per gli stessi motivi. Per quanto riguarda poi i Led Zeppelin, beh, lunga vita a questa straordinaria band.
 
Davide
Vorrei sviscerare un po’ questa tua frase: La musica è bella tutta, o meglio, è bella quando è bella, non perché rock o jazz o altro; è bella semplicemente se è il frutto di una reale esigenza espressiva di chi la produce. Ed è altrettanto importante l’esigenza emotiva dell’ascoltatore… Allora ti rivolgo questa domanda: quando la musica è brutta o meglio “brutta quando è brutta”?
 
Andrea
Forse in qualche modo ho già risposto. Quando è sfoggio delle proprie capacità, quando è tentativo di vendere a tutti i costi, quando “sta nei canoni”, quando è parametrata, intellettualoide, quando si propone solo di intrattenere, rilassare, far ballare.
 
Davide
L’improvvisazione… Hai detto una volta che un aspetto che ti interessava molto era quello del recital pianistico, ma non con le modalità tipiche del concertista classico che propone un programma, bensì inteso come momento di libertà del musicista che fonde tutto il proprio background in improvvisazioni senza nulla di prefissato. In quale diverso modo ti soddisfano la composizione e l’esecuzione esatta, quando l’improvvisazione?
 
Andrea
La composizione mi interessa sempre. Mi pare l’atto più nobile dell’artista. Purchè, come detto sopra, sia guidato da una purezza di fondo. L’esecuzione esatta mi interessa quando la fanno gli altri 🙂 Mi piace andare ad ascoltare i grandi capolavori, ma mi annoierei a morte a studiare per mesi e mesi un repertorio, l’ho già fatto e so che non è un tipo di approccio che fa per me. L’improvvisazione è, potenzialmente, qualcosa di esoterico, meraviglioso, incredibile. Si ha quasi la sensazione di trovarsi davanti ad un alchimista del suono, uno stregone che fa da tramite tra un magma sonoro presente in un altra dimensione e questo mondo. Certo, ben altra cosa è andare a sentire “il campionario del jazzista provetto”, in cui si riconosce un grande mestiere ed un’ottima padronanza sullo strumento, ma continuare a fare le frasi che si suonavano nel ’56 e dire che si sta “improvvisando” è un po’ curioso, non credi?
 
Davide
Sono d’accordo. Hai mai dedicato un brano a Torino? C’è qualcosa di Torino, un angolo, una storia, un personaggio  che ti piacerebbe musicare?
 
Andrea
Non ci avevo mai pensato ma giuro che lo farò! 😉
 
Davide
“Ove qualcuno si arrestasse al solo meccanismo, non potrebbe augurarsi di meritare il titolo di artista, perché la tecnica è la parte più facile dell’arte e tutti possono acquistarla” disse il maestro Boccaccini.  A prescindere dunque dalla tecnica, cosa fa di un artista un ottimo artista?
 
Andrea
Bella la frase di Boccaccini, mi pare in qualche modo che ciò che ho detto sopra la richiami. Per ciò che riguarda l’essere un ottimo artista, credo che la differenza la faccia quanto sei riuscito a corrompere madre natura per convincerla a darti tutte quelle doti 😉
 
Davide
A seguire?
 
Andrea
Due o tre progetti, chiari nelle loro linee generali ma ancora da mettere a fuoco sui dettagli. Quindi preferisco fare il riservato 🙂
 
Davide
Grazie e a presto.
 
 

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