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Intervista con Tombeto Centrale

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Tombeto Centrale prende vita nel gennaio 2012 in un freddo garage di una spopolata frazione collinare della mediavalle lucchese, da una idea di Luca Giannotti (chitarra e voce), che raccogliendo le tante ceneri di esperienze passate, cerca di ricreare una dimensione sonora a lui favorevole. La formazione, volutamente e strettamente fissata a tre elementi, allo stato fondamentale del rock, si completa con Riccardo Franchi alla batteria e Luca Franchi al basso. Si fanno le ossa sui palchi toscani aprendo concerti a band di spessore come Quintorigo, Zen Circus e Rebeldevil. Dopo varie partecipazioni a compilation (Sanremo Rock 2013 e “20 anni senza Kurt”) entrano nel Roster di Qua’Rock Records vincendo il primo Qua’Rock contest nella primavera del 2015. Grazie alla proficua collaborazione con l’etichetta, prende finalmente forma il loro album d’esordio, IL SILENZIO DELLA COLLINA, uscito a marzo del 2016.
Il disco, che è composto da 10 tracce ed è caratterizzato da una forte intensità emotiva e musicale a più livelli, è una sorta di concept sul ritrovare se stessi, sull’equilibrio, quasi autobiografico, dell’uomo con la natura, con i luoghi sperduti, tranquilli e silenziosi tanto agognati e ricercati in una congiuntura temporale quanto mai sfavorevole.
 
 
Intervista
 
Davide
Ciao… Iniziamo dal nome: Tombeto è la località di Borgo a Mozzano, Lucca? E già che iniziamo da un luogo, vi chiedo anche come i luoghi da cui venite della mediavalle lucchese hanno influenzato la vostra creatività musicale?
 
T.C.
Esattamente, Tombeto è una piccola località di paese dove, per renderti l’idea, il civico più alto è il 31! I due terzi dei TC vi dimorano e tutta la nostra fase creativa si svolge spontaneamente nel garage dove è montata la batteria, quindi ci sembrava giusto includere il posto da dove veniamo nel nome della band. Lo definirei un posto tranquillo e accogliente, dove poter pensare e riflettere in tutta tranquillità e, spesso, in solitudine, senza le pressioni della grande città. La calma apparente dei nostri posti tuttavia, come hai potuto sentire dai brani, può essere confusa e trasformarsi improvvisamente in desolante rabbia. Questo dualismo ha dato origine alla nostra musica, un flusso mai costruito e sempre spontaneo. D’altra parte Tombeto Centrale è anche una stazione (immaginaria) per poter scappare da questo mondo, ma anche all’occorrenza farvi ritorno nel momento del bisogno.
 
Davide
Giunti alla prova d’esordio, quali sono in questo momento gli obiettivi di Tombeto Centrale?
 
T.C.
Sappiamo che oggi è sempre più difficile farsi spazio nella scena musicale italiana, soprattutto senza arrivare ad eccessivi compromessi. Il nostro obiettivo principale è quindi cercare di raccontare noi stessi a quanta più gente possibile, tenendo sempre saldamente i piedi a terra. Vogliamo ritargliarci un piccolo spazio per poter dire liberamente “questi siamo noi”, sperando che il pubblico ci accolga semplicemente per quello che siamo.
 
Davide
Il tre ricorre spesso nell’essenza primigenia del rock, come per esempio la formazione chitarra, basso e batteria; i tre accordi secondo Lou Reed ecc. Qual è, secondo voi, oltre all’essere in tre, lo stato fondamentale del rock?
 
T.C.
Lo stato fondamentale secondo noi è uno solo: PLUG and PLAY! I nostri suoni nascono esattamente così, non c’è mai nulla di preparato ma tutto è estremamente suonato, libero e spontaneo. Quando il lavoro che ne esce fuori ci soddisfa allora il brano è completo e la sua storia finisce in quel momento. La musica, essendo nata spontaneamente, non ha bisogno quindi di eccessivi ritocchi ma solo di maturazione. Per farti capire meglio, se un brano arriva ad essere completo dopo sette minuti e mezzo oppure l’introduzione di chitarra dura un minuto e mezzo vuol dire che in quel momento, il brano ha deciso di seguire la sua precisa strada. E cosi deve rimanere! Per il momento la nostra formula magica è ruvidamente fissata a tre: chitarra, basso e batteria! Ci sentiamo completi e così siamo voluti rimanere per questo lavoro. In futuro chissà… 
 
Davide
Il disegno in copertina, al primo impatto, riporta all’Art Brut o Outsider Art. Come ne scrisse Jean Dubuffet, l’arte di “quei lavori creati dalla solitudine e da impulsi creativi puri ed autentici di coloro che operano al di fuori delle norme estetiche convenzionali – dove le preoccupazioni della concorrenza, l’acclamazione e la promozione sociale non interferiscono – e sono, proprio a causa di questo, più preziosi delle produzioni dei cosiddetti professionisti”. C’è un nesso tra questa scelta stilistica del disegno e un vostro disegno artistico e musicale più generale?
 
T.C.
Penso proprio di si. Come ti abbiamo risposto prima la nostra musica soffre di spontaneità acuta ed i disegni di copertina si sposano perfettamente con la nostra idea di scrivere musica. Nella descrizione di Dubuffet mi colpisce particolarmente il non preoccuparsi della concorrenza, dell’acclamazione e promozione sociale: chiunque scriva musica o arte in generale dovrebbe essere il primo a trovarne estremo giovamento. Questo è stato e resterà il nostro punto di partenza e l’acclamazione, per quanto possa essere gratificante ed appagante, resta comunque secondaria al primo bisogno, quello di scrivere in primis per noi stessi.
 
Davide
Di cosa parlano i testi de “Il silenzio della collina” se doveste dirlo attraverso una sola macro-tematica generale? Cosa significa “ritrovare se stessi”?
 
T.C. (Luca)
I testi sono fortemente influenzati da elementi autobiografici. Racchiuderli in un’unica macrotematica lo trovo un po’ difficile ma penso che una giusta definizione sia il racconto di storie quotidiane di gente semplice. Ritrovare o trovare se stessi significa scoprire il proprio equilibrio, dare una giusta collocazione alle proprie emozioni per poterle vivere in pieno. I testi più significativi, per questo aspetto, sono “Scrooge MD” e “Mr Beaver”. Il testo de “Il silenzio della collina” è invece una presentazione di tutto quello che è stato detto nell’album!
 
Davide
Il titolo “Il silenzio della collina” mi ha subito evocato due poesie di Edgar Lee Masters, “La collina” che introduce l’Antologia di Spoon River da una parte, dall’altra “Il silenzio”… Se noi che siamo vivi non sappiamo parlare di profonde esperienze, / perché vi stupite che i morti non vi parlino della morte? / Quando li avremo raggiunti / il loro silenzio avrà spiegazione. Cos’è il “silenzio della collina” o quella che cantate come “vera ricchezza del silenzio”?
 
T.C. (Luca)
Ti rispondo con un aforisma di Proust : “Il vero viaggio di scoperta non è vedere nuovi mondi ma cambiare occhi”. Mi è capitato di stare lontano da casa per un periodo, per certi versi turbolento, e passeggiando per boschi al mio ritorno mi è capitato di fermarmi, in silenzio, ad ammirare e vedere la bellezza della mia collina, nascosta fino a quel momento. La vera ricchezza è stato capire che tutto quello di cui avevo bisogno era semplicemente prendere il treno e tornare a Tombeto Centrale.
 
Davide
Una volta con il rock, con la musica, si pensava di poter cambiare il mondo. E qualcuno ancora oggi lo pensa. Sicuramente il mondo non è possibile, ma qualcosa qua e là la musica può cambiare. Quali cambiamenti cercate di stimolare voi attraverso il proporre la vostra musica?
 
T.C. (Luca)
L’unica cosa che mi sta a cuore, ti parlo come autore dei testi, è cercare di stimolare l’ascoltatore a guardarsi dentro e a scoprire, o riscoprire, quali siano le sue vere ricchezze personali. Io penso di esserci riuscito avendo preso parte alla scrittura del nostro lavoro. A chi ci ascolta invece vorrei far capire che non è importante quello che conviene scrivere, parlando da un punto di vista strettamente musicale, ma quello che piace. La musica deve regnare su tutte le altre ragioni.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
T.C.
Naturalmente seguirà l’attività live per presentare il nostro disco, perché è bello parlare di filosofia ma la parte più bella di questo lavoro è vivere le emozioni direttamente sul palco. Siamo comunque già tornati a scrivere nuovi brani per continuare a raccontarci, cercando di scoprire nuove sonorità e modi di espressione che magari non abbiamo ancora avuto modo di impiegare. Ne abbiamo decisamente voglia!
 
Davide
Grazie e à suivre…

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