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Il sole nel pomeriggio – Costantino Kavafis

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Traduzione di Tino Sangiglio e Paolo Ruffilli
Biblioteca dei Leoni – Pag. 80 – Euro 12
 
Il sole del pomeriggio è una raccolta poetica interessante che serve a riportare all’attenzione del pubblico un grande poeta come Costantino Kavafis, lirico ellenista, alessandrino nello spirito e  nella carne, geniale e per niente neoclassico. Alberto Moravia diceva: “Kavafis non è solo il maggior poeta greco moderno, ma anche uno dei maggiori poeti europei”. Indubbiamente vero, come non possiamo negare che fosse greco sino al midollo e intriso di cultura ellenistica.
Kavafis nasce ad Alessandria nel 1863, vive e lavora in Egitto, ma rinuncia alla nazionalità inglese per acquistare quella greca, sceglie di scrivere nella lingua di Omero perdendo la possibilità di farsi leggere dal mondo anglofono. Kavafis inventa una sua lingua, una koiné ibrida e amalgamata, fresca, compatta e musicale, sceglie di parlare d’amore (sensualità e nostalgia), bellezza e storia. La poesia di Kavafis – uomo scomodo e sincero, per niente convenzionale, nemico di tutte le ipocrisie – è fatta di metrica antica e racconta la vita interiore attraverso i sensi. Nella sua lirica è importante la passione omosessuale, il solo modo in cui il poeta intende il rapporto erotico, ma anche il senso del tempo che incalza, la cruda realtà della vecchiaia, la “riga delle candele spente”, i giorni del passato che restano indietro con la loro “fila tenebrosa”. La poesia e la vocazione estetica, sono le uniche cose capaci di riscattare la pochezza dell’esistenza.
Costantino Kavafis ha pubblicato pochissimo in vita, ma dopo la morte – sopraggiunta nel 1933 ad Alessandra – la sua opera è stata oggetto di studio e costante rivalutazione. In Italia quasi tutta la sua produzione è stata pubblicata da Mondadori, ma da tempo non si sentiva parlare di un autore che negli anni Settanta poteva dirsi di culto. Paolo Ruffilli ha fatto un grande lavoro di selezione e di commento poetico, speriamo sufficiente a riportarlo in auge. Leggiamo due poesie intense e struggenti, perché è inutile parlare di un poeta se non gustiamo la profondità della sua lirica.
 
CANDELE
 
Stanno dinanzi a noi i giorni del futuro
come una fila di candele accese
– calde, vivide, dorate -.
 
Restano indietro i giorni del passato,
riga penosa di candele spente:
le più vicine fanno fumo ancora,
ma fredde, ormai disfatte e storte.
 
Non voglio, no, guardarle: mi pesa il loro aspetto,
pesa il ricordo del loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.
 
E non mi volto, per non vedere, scosso dai tremiti,
come si allunga la fila tenebrosa,
come crescono presto le candele spente.
 
UN VECCHIO
 
Laggiù in fondo, nel frastuono del caffè,
un vecchio seduto curvo al tavolino,
se ne sta solo a leggere il giornale.
 
Afflitto dalla cruda sua vecchiaia,
ripensa al po’ di vita che ha goduto,
quando aveva forza, vivacità e bellezza.
 
Sa di essere ormai vecchio: lo vede e sente.
Eppure gli sembra appena ieri il tempo
della giovinezza. Che breve spazio, niente…
 
Pensa agli inganni della sua saggezza,
alla fiducia che ha riposto, pazzo,
alla bugiarda che diceva: “Domani, su. Hai tempo!”.
 
Quanti slanci che ha frenato ieri e quanta
la felicità sacrificata. Ogni occasione persa
adesso spregia la prudenza sua insensata.
 
…ma l’intensità del suo pensiero e del ricordo
stordisce il vecchio. E si assopisce
curvo al tavolino del caffè.

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