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Operazione Shadow Circus – Fabrizio Bucciarelli

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La resistenza armata in Tibet 1952-1972,
con illustrazioni, Mattioli 1885 (Parma, 2012)
pag. 134, euro 13,6
 
L’invasione cinese del Tibet, cominciato l’anno di disgrazia 1949, è una delle più grandi, e lunghe, ingiustizie della storia. Fabrizio Bucciarelli, adesso, con “Operazione Shadow Circus” sceglie di raccontare la lotta in armi che una parte del popolo tibetano intraprese dal ’50 per resistere alla conquista della Repubblica Popolare Cinese. Una dominazione, quella della Cina, che, per diversi motivi, interessò, solamente, India e Usa; oltre alla, tra l’altro, facile solidarietà da “comunicato” del resto del mondo. (Mettiamoci, per esempio, di mezzo che l’ultima “risoluzione Onu” di condanna è datata anni Settanta). Gli yankee, però, proprio nei primi anni Settanta con Nixon tolsero il sostegno militare, passato sempre e ovviamente tramite la Cia, alla resistenza tibetana: che dovette soccombere: tanto che oggi “molti dei vecchi combattenti tibetani vivono come profughi in esilio, ma la loro battaglia e quella del Dalai Lama continua sotto altre forme”. Con dedizione e cuore, possiamo tranquillamente dire, Bucciarelli spiega il perché e il come il Dalai Lama nell’1959 dovette abbandonare la sua vasta terra insieme ad altre migliaia e migliaia di tibetani. Parti della diaspora. Il volume di Fabrizio Bucciarelli è il risultato d’anni di ricerche. Un piccola atto, va aggiunto, che tranquillamente lavora a favore della causa di liberazione del Tibet. Seppur oggi il Dalai Lama abbia dovuto far un passo indietro sul terreno della denuncia, anzi della richiesta costante. Ché l’Oceano di Saggezza ha ripiegato su un’autonomia di dimensioni sicuramente inferiore rispetto al passato e/o a quella che realmente vorrebbe. Ma nonostante tutto, sia chiaro, la Cina dell’Impero che ha superato il Duemila si prende gioco delle richieste. Sarà per i giacimenti che le regioni tibetane possiedono. Oppure per il Gange che prima d’approdare nella “vicina” terra indiana prende corpo sulle alture del Tibet. La lotta continua. Noi che nulla, alla fine, sappiam delle sofferenze di questo segmento d’Oriente lontanissimo, potremmo almeno capire le ragioni d’un popolo.

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