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La superficie infinita

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La superficie infinita

Dalla metropolitana di Buenos Aires è scomparso un treno ed i passeggeri che trasportava. Dopo le indagini di rito, volte solo a stabilire che un treno non può uscire da un sistema chiuso, tocca al giovane topografo Daniel Pratt condurre i burocrati verso la conoscenza dell’esistenza di un percorso costruito come l’anello di Moebius, costruito per lucida volontà di uno dei progettisti, un anziano professore d’università scomparso lo stesso giorno del treno. Lo scetticismo, più per convenienza che per razionalità, aleggia intorno a Pratt e alle sue teorie mentre lui, precipitato di peso nella storia, abbandona lentamente la realtà per capire la metropolitana come sistema matematico, come piano filosofico ed irrazionale. Servendosi delle sue nozioni "terrene", Pratt riesce a salire su quel treno, dove l’anziano professore gli parlerà dell’esistenza. Molto interessante, ben girato, ben musicato, ben interpretato, "Moebius" è il frutto del lavoro della Universidad de Cine, tratto da un romanzo di A. J. Deutsch. Chi se non i sudamericani possono trovare la poesia e la filosofia in un vagone sferragliante, intrappolato in un meccanismo che non tutti credono assolutamente chiuso. "Moebius" raccoglie l’eredità di Borges, uno dei pochi in grado di coniugare ragione e astrazione, uno dei pochi a riuscire ad incastrare in luoghi rigidi come l’algebra o la logica quei concetti e quei ragionamenti che, come i gas più puri, sfuggono a qualsiasi recipiente per perdersi nell’atmosfera. "Moebius" piacerà, se la Mikado riuscirà a piazzarlo in qualche cineclub.


Michele Benatti

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