Pagg.134 Euro 13Feltrinelli Editore
Una guida turistica, gastronomica, unviaggio sentimentale, una costante alternanza fra presente e passato. E’questo ed altro ancora l’ultima fatica letteraria dello scrittore torinese che,dopo avere esordito nel 1994 , con il best- seller ” Tutti giu’ per terra” eavere dato, negli anni successivi, alle stampe libri importanti come “Pasodoble”, “Il Paese delle meraviglie”, “Torino brucia”, tanto per citare alcuni titoli, decide di fare i conti con il proprio passato. Figlio di un barbieremarsalese emigrato in Piemonte a vent’anni, il motivo della fuga da Marsalal’autore, pur conoscendolo, non lo svela, Culicchia da bambino ricorda lefavole come quella dei nonni, dei tuffi nello Stagnone, dell’amico del padreNuzzo, ma compie il primo viaggio a Marsala nel 1972, all’età di otto anni coni genitori e la sorella. Di questo viaggio Culicchia ricorda l’ospitalità deimarsalasi, le succulenti pietanze, le escursioni a Erice, la bellezza delteatro di Segesta, l’odore della città del padre . Lo scrittore ritornerà aMarsala dopo vent’anni e i viaggi da Torino, città dove vive, a Marsala,diventeranno, con il passare degli anni, sempre più frequenti. L’autore non famistero di avere trascurato la città del padre , le proprie radici e con questolibro intende saldare il conto con il proprio passato, con il padre, unapersona molto amata, al quale dedica il suo volume. Il libro è, soprattutto,un atto d’amore verso il padre e verso la città natale del genitore, una cittàdella quale lo scrittore si è innamorato con il trascorrere degli anni tanto daambientarvi il libro “Un’estate al mare”. “Marsala, scrive lo scrittore, dopoche ci sei stato, è una città che non ti lascia più. Impossibile dimenticarla .Al tramonto, ammirata da uno dei moli che si allungano sulle acque base delloStagnone, Marsala si tinge d’oro e di rosso e splende di una luce calda nelsilenzio rotto solo dal rumore del mare. Tu la guardi un’ultima volta e non puoifare a meno di riprometterti di tornare a trovarla, un giorno”. Il viaggiosentimentale dello scrittore procede fra presente e passato, fra i ricordi delviaggio del 1972 quando gli amici del padre lo facevano magiare a volontà e lochiamavano “Pippini Piruzzu” come il nonno, tormentatogli la faccia con deipizzicotti, segno di affetto, al presente, alla presentazione dei suoi libri ,su invito di Nino Rosolia, a Marsala, alla bellezza dello “Stagnone”, il “posto più bello del mondo”. Lo scrittore sostiene che a Marsala non si mangiaper vivere, ma si vice per mangiare e delizia il lettore descrivendo dellericette , come quella sul cuscus, sugli spaghetti all’aragosta, sulla ghiottadi pesce indicando, come una guida turistica, alberghi e ristoranti dovepotersi fermare alcuni giorni per visitare, fra le tante bellezzepaesaggistiche ed architettoniche, l’isola di Mozia, il Cassero, PortaGaribaldi , la cattedrale. Non trascura, l’autore, gli aspetti negativi dellacittà e dei suoi abitanti:il fatto di spostarsi costantemente in macchina, dicostruirsi una casa in campagna ( che è poi al mare), l’utilizzo dei garagedelle abitazioni perennemente, l’ abuso di cibo, ma lo fa con un tono ironico,ma affettuoso, come chi rimane “stregato” da una città. Lo scrittorecaratterizza molto bene due figure: quella del padre, oggi scomparso edell’amico Nuzzo, Non è certamente il Culicchia dei primi libri, feroce,aggressivo, dissacrante, è uno scrittore che ha saldato i conti con il propriopassato e continua a saldarli, alla scoperta continua delle proprie tradizionifamiliari , contento che due soldati tedeschi , una notte del 1943, salvaronosuo padre e l’amico fraterno Nuzzo “permettendomi di venire al mondo”. Unavicenda privata, questa raccontata da Culicchia, che lo scrittore ha avuto il merito di renderla collettiva.