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Intervista a Claudio Sottocornola

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Comunicato stampa di Ufficio stampa Synpress 44

Nugae, nugellae, lampi: il nuovo libro di Claudio Sottocornola, poesia e fotografia, filosofia, nuovi sguardi e contributi critici nell’ultima fatica del ‘filosofo del pop’. Pubblicato dalla Velar, il libro è un itinerario interiore a ritroso, dal 2008 al 1974    
 
CLAUDE PRODUCTIONS 

VELAR EDIZIONI
presentano:
Nugae, nugellae, lampi 
Quaderno di liceo 
poesie e suggestioni visive 
di
Claudio Sottocornola
Velar Edizioni  
344 pagine con foto, 20 Euro
 
Nugae, nugellae, lampi è la nuova antologia poetica di Claudio Sottocornola – docente di filosofia, artista e interprete – pubblicata dalla Velar Edizioni. Dopo l’apprezzamento del pubblico per il precedente Giovinezza… Addio (1974-1994) – Diario di fine ‘900 in versi, il “filosofo del pop” si cimenta in un ambizioso progetto artistico che coniuga poesia e immagine.
La nuova opera del filosofo lombardo (con introduzioni dei giornalisti Francesca Grispello e Donato Zoppo) è un “viaggio a ritroso nel tempo alla ricerca del mythos fondativo”, come afferma lo stesso autore, e per la prima volta contiene una galleria di immagini. Il volume propone 42 liriche presentate in ordine cronologico inverso, dal 2008 al 1974: dalle più recenti, espressione di un intellettuale inquieto e controcorrente, a quelle degli anni ’70, suggestionate da una formativa temperie culturale e politica. Alle poesie sono associati 21 scatti fotografici dell’autore, tratti da Il giardino di mia madre e altri luoghi (che diventerà presto mostra e dvd), e 21 immagini di operatori dell’obiettivo e amici che ritraggono l’autore dalla maturità all’adolescenza.
Nugae, nugellae, lampi è un titolo emblematico: se “nugae” e “nugellae” era il termine con cui Francesco Petrarca designava le liriche in volgare del suo Canzoniere, quelle di Sottocornola sono poesie “in eccesso”, ovvero escluse dalla precedente raccolta Giovinezza… Addio. Frammenti, rime sparse, flash e lampi disseminati in un campo di esperienze. Claudio Sottocornola ancora una volta si cimenta in un mix di poesia e immagini che – come nei suoi frequentatissimi recital – rispecchia gli scenari culturali, artistici, sociali degli ultimi 50 anni, con particolare attenzione per quegli anni ’70 che lo videro, studente liceale, scrivere le sue prime liriche, fra invettiva ed elegia, sogno e utopia sociale, e per quella contemporaneità che lo vede ora, docente di Filosofia e Storia, vivere una nuova stagione di passioni e speranze, declinate fra musica, filosofia, arte e letteratura.  All’insegna di una nuova ermeneutica per il nuovo millennio.
 
Dicono di lui:
“Qualcuno lo chiama “filosofo del pop”, e pour cause: la chiave d’accesso all’opera di Sottocornola risiede nella connessione tra alto e basso, nella capacità di sondare il popular e di coglierne nelle esperssioni più tipiche (ad esempio la pubblicità, il cinema, la musica) il senso e le direzioni della contemporaneità… (Donato Zoppo, dalla presentazione di Nugae, nugellae, lampi).
“A partire dalle sue apprezzate lezioni-concerto, gli incontri di Sottocornola sono un evento unico per l’attenzione rivolta alla categoria di “popular” come chiave di lettura del contemporaneo, e per l’approccio interdisciplinare che coinvolge musica, parole, immagine” (Davide Riccio, Kult Underground).
Il filosofo del pop, instancabile uomo di cultura, amante delle icone del tempo, alla ricerca del senso delle cose, è cosciente che le arti sono uno strumento privilegiato per cogliere le essenze, e il suo lavoro lo dimostra, ma sa anche bene che l’essenza è nell’atto performativo” (Francesca Grispello, dalla presentazione di Nugae, nugellae, lampi).
“La sua scuola di pensiero: un mix che egli stesso non esita a definire “una fusione di cultura pop ed ermeneutica, la filosofia basata sull’interpretazione dei fatti, non sull’oggettività scientifica”. Ordinario di filosofia e storia e giornalista Sottocornola è una delle personalità più eclettiche e meno accademiche dell’intellighenzia bergamasca…” (Serena Valietti, D-News).
“Di sicuro con questa opera si sfata un certo snobismo dei poeti professionisti verso i “canzonettari”, perché, come sostiene Mario Desiati, giovane poeta italiano, “nessuno potrà negare che tra musica e poesia c’è un punto di contatto originario che si chiama ritmo…” (Giacomo Mayer, Il Nuovo Giornale di Bergamo).
“Le suggestioni culturali e artistiche del post ’68 e la poesia, la filosofia e le lezioni-concerto, la musica e l’arte grafica: trent’anni di storia d’Italia in un libro reading di poesie e canzoni… Sembra, davvero, di trovarsi di fronte ad una specie di Canzoniere spirituale… (Domenico Di Marzio, Il Giornale).
“… c’è dell’altro oltre il muro,  oltre il visibile c’è una metafisica di suoni e parole che sottintendono un significato diverso, sconvolgente, eppure vero, reale, tangibile… Un testo unico, un autentico “mosaico di luce” che vale la pena di leggere e rileggere con cura e attenzione” (Alessandro Spadoni, Lettera.com).
“Un autore da conoscere e approfondire” (Alessia Biasiolo, Nonsololink.com).   
Info:  
Claudio Sottocornola:
Velar Edizioni:

 
Intervista  a Claudio Sottocornola
 
Davide
Ciao Claudio. Ho letto, apprezzato e lungamente “ruminato” il tuo libro, ma prima di addentrarci in esso, vorrei porti alcune domande più generali. Vorrei chiederti quale obiettivo esattamente ti prefiggi con le tue note e avvincenti lezioni-concerto, che tipo di messaggio vuoi dare e che tipo di insegnamento?
 
Claudio
E’ l’esigenza di esprimermi in modo olistico e globale che mi ha fatto approdare, verso la metà degli anni ’90, all’interpretazione musicale. Già da tempo proponevo lezioni multimediali sulla storia della canzone, in cui, mettendo a frutto una lunga esperienza giornalistica e incontri con i grandi del pop-rock italiano – da Morandi alla Pavone, da Fossati a Paolo Conte – proponevo un percorso relativo al rapporto fra canzone e società. Ad un certo punto ho sentito il bisogno di passare io stesso “dall’altra parte del vetro”, realizzando i cd della trilogia “L’appuntamento”, studi in cui affronto brani della canzone pop, rock e d’autore italiana. Il contatto col pubblico mediante le lezioni-concerto è venuto poi come naturale conseguenza, e devo dire che sono abbastanza orgoglioso di essere oggi fra i pochi in Italia che propongono una modalità di fare musica totalmente nuova per l’ambito pop, e cioè non di puro intrattenimento, ma come ricerca che forma, insegna, apre a nuovi orizzonti estetici…  Forse anche per questo mi chiamano il “filosofo del pop”…
 
Davide
Anche recitare è fare musica… La poesia è nata dalla oralità, fu tradizione e anche improvvisazione a seconda dell’umore e degli intenti dell’esecutore in riferimento al rapporto diretto col pubblico. Oggi invece, dalla Beat Generation in poi, si parla di reading o più semplicemente di lettura. Non è una contraddizione con l’oralità della poesia? Come avviene un tuo reading? Che rapporto hai con l’improvvisazione?
 
Claudio
C’è una ambivalenza nello stesso termine “canzone” che, almeno dal Dolce Stil Novo, può essere musicata o “muta”… Ma io credo che ogni forma di espressività autentica deve fare i conti con il proprio tempo, e il nostro vede indubitabilmente il declino del genere poesia e l’affermarsi della forma-canzone, intesa come testo, musica e interpretazione. Questo comporta che dalla “parola muta” e quasi disincarnata che Mallarmé riteneva prerogativa della parola scritta, si passa al “suono della voce” nella modulazione del canto. Prevale allora la categoria di interpretazione che, nell’ambito della cultura pop(ular) contemporanea, ha carattere iconico e globale rimandando al concetto greco di “maschera”, imposta all’attore tragico perché ne amplificava la voce caratterizzandone il personaggio. Ecco perché nei miei reading metto in gioco tutto me stesso: l’ispirazione profonda della parola nella poesia, la modulazione della voce nel canto, il gesto e la fisicità del corpo come medium scenico, le immagini e i collages da me realizzati che vengono proiettati… e infine, se accade, le interazioni e gli interventi del pubblico, tanto che a volte il concerto si allunga anche di molto…
 
Davide
Davvero credi che non esista un’arte bassa? Ci sono cose che secondo me restano e resteranno basse o irrimediabilmente brutte, né tanto meno  coincideranno mai con l’alto… E poi, per dirla con Cusano, il coincidentia oppositorum è del resto solo una prerogativa del divino o dell’infinito, non del mondo umano e finito dove siamo e… dove, non c’è niente da fare, le cose basse e brutte esistono.
 
Claudio
I filosofi medievali dicevano che ogni cosa, in quanto tale, ha in sé un grado di verità, di bene e di bellezza. Preferisco quindi considerare la gradazione della bellezza secondo un’ottica distributiva, più che secondo un’ottica dicotomica di bello e brutto. Tanto più che, spesso, “l’alto” si identifica col modello culturale prevalente, con ciò che è istituzionale, e porta a privilegiare generi o ambiti convenzionalmente più accreditati. Certo, è indubbio che, all’interno di ogni genere, ci possa essere più o meno qualità, e questo, a mio avviso, coincide con l’autenticità. Ecco perché credo che spesso ciò che viene accreditato come “alto” sia banale, ripetitivo, e ciò che in un dato momento storico appare “basso” germini in realtà le espressioni più innovative e talvolta sublimi: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”, canta De André…
 
Davide
Cosa rappresenta per te la multimedialità? Secondo te la compresenza e interazione di più mezzi di comunicazione in uno stesso supporto o contesto informativo non rischia di alleggerire il contenuto primario, o la specializzazione primaria, di rendere tutto meno profondo nella sua “autonomia”, giacché sorretto, riempito o distratto da altro? Si può dire infatti che non esistano capolavori multimediali o che vengano ricordati come tali, né artisti multimediali eccellenti (poliedrici sì, ma non multimediali), cioè veramente famosi e incisivi come tali?
 
Claudio
La multimedialità è, tecnologicamente, un dato recente. Ma se guardiamo al passato, la capacità di servirsi e integrare diversi mezzi espressivi è tipica di molte esperienze artistiche: il teatro shakespeariano, la tragedia greca, l’opera, il rock (mix di immagini, suono, testo, danza, recitazione…). Ciò che conta è il carattere unitario, esistenziale, dell’ispirazione.
 
Davide
Veniamo al tuo libro. Perché hai intitolato le tue poesie in questo modo.  Perché “Nugae…” soprattutto, piccole cose di poca importanza? Che importanza hanno per te e quale importanza vi attribuisci nel momento di incontro con il lettore? Come ti poni rispetto al lettore e nondimeno rispetto ai poeti passati e contemporanei (e perché no, anche futuri?)?
 
Claudio
Il titolo è da intendersi in relazione alla precedente raccolta, “Giovinezza… addio. Diario di fine ‘900 in versi”, di cui questa silloge costituisce una integrazione, un percorso a margine, un post-scriptum… Ma nonostante il carattere frammentario e casuale, molte liriche, come evocato nel titolo, appaiono attraversate da “lampi”, intuizioni, folgorazioni improvvise… La raccolta si chiude poi nel 2008, quando la mia ricerca si è ormai consolidata, approdando anche ad altre modalità, come la filosofia e la musica. Il lettore, proprio come il pubblico dei miei recital, è un interlocutore privilegiato: amo sentirmi interpretato, non importa da chi, un alunno, uno spettatore, un critico… Nasce anche così un’esperienza di riconoscimento reciproco, che è il fondamento della relazione e della comunicazione. Devo poi gran parte di ciò che sono, della mia capacità di agire e di reagire, alla familiarità, specie giovanile, con la grande poesia di Montale, Ungaretti, Pavese, Leopardi che, insieme agli altri classici, considero una delle più grandi scuole di vita che ho frequentato. Sul futuro ho qualche perplessità, perché vedo nella poesia, come nella musica “colta”, una sperimentazione spesso fine a se stessa, in cui prevalgono pose e vezzi di tipo formalistico. Ecco perché il cuore mi porta verso il pop(ular), il rock e lo “spectaculum” del contemporaneo, anche quando rasenta il trash…
 
Davide
E poi lampi… “La poesia ti parla a prima vista o mai più. Un lampo rivelatore e un lampo in risposta. Come il fulmine. Come l’innamoramento” (J.M. Coetzee – Vergogna). Qualche attinenza con questa frase?
 
Claudio
In effetti, soprattutto le poesie della maturità, sono caratterizzate da un’intuizione essenziale, rispetto alla quale la scrittura rappresenta la minima – e doverosa – registrazione possibile. Questo è tanto più significativo, se si pensa che la maturità tende a produrre un distanziamento tanto necessario quanto inevitabile, di fronte a cui il rinascere improvviso di una intensità di ispirazione scuote proprio come un lampo nella notte… Come vedi, ciò che vale per il lettore, vale in prima istanza per chi scrive.
 
Davide
Perché la tua silloge è stata ordinata a ritroso, ossia in senso cronologico inverso dal 2008 giù fino al quaderno di liceo dei tuoi anni ‘70? E’ come “percorrendo le spine del giorno per trovarne a ritroso una rosa”? Chi era ieri, chi è oggi Claudio Sottocornola?
 
Claudio
“Nugae, nugellae, lampi” è un viaggio a ritroso, alla ricerca del mythos fondativo, che parte dall’oggi – con poesie in forma di haiku – e arriva ai versi scritti in un lontano “quaderno di liceo”, alla metà degli anni ’70, aspri, critici e corrosivi come gli studenti di quegli anni sapevano essere. Mi ritengo coraggioso per aver tentato un’operazione del genere, perché spesso un’artista tende a proiettare l’immagine che di sé percepisce oggi, mentre misconosce o irride a ciò che è passato e lontano. In quel passato io ho invece trovato grande energia, passione, motivazione… elementi che mi auguro di recuperare nella mia ricerca di oggi…  Tuttavia, per rendere più leggibile questo “ritorno alle origini”, ho alternato alle liriche 21 miei scatti fotografici di paesaggi e 21 ritratti di operatori dell’obiettivo che gradualmente mi ringiovaniscono, fino ai 15 anni delle prime poesie. La rosa della poesia introduttiva è il ritrovamento casuale di un senso a tutto questo lavoro.
 
Davide
“Limae labor et mora”  diceva Orazio a proposito del suo paziente e lungo lavoro di revisione cui era solito sottoporre i propri versi prima della divulgazione. Hai ritoccato qualcosa o hai resistito alla tentazione di limare i tuoi versi giovanili dalla posizione di una raggiunta maggior sapienza ed esperienza?
 
Claudio
No. Anche soffrendo ho sempre evitato di rivedere, alla luce della mia esperienza di oggi, le esperienze artistiche del passato. Sarebbe la cosa più innaturale del mondo tornare, per esempio, su una poesia del ’76, proprio come ritoccare una canzone registrata nel ’94. Credo nell’hic et nunc dell’ispirazione. Ma non delle facoltà percettive, che non si improvvisano, e implicano un lungo lavoro di preparazione, ascolto, approfondimento, interiorizzazione.
 
Davide
Flusso di coscienza e sentimento, scrittura di getto, attesa di un insight, labor limae, studio e sperimentazione… Come accade la tua scrittura poetica?
 
Claudio
Ispirazione e scrittura di getto. Poi eliminare il troppo.
 
Davide
Qual è stata la prima poesia che hai amato? Quale poesia è per te la più importante o quale avresti voluto scrivere tu?
 
Claudio
Forse la prima poesia che ho amato è “La mia sera” di Giovanni Pascoli. Quella della mia vita “A Silvia” di Giacomo Leopardi. Ambedue illuminazioni sull'”altrove” (come titola uno splendido brano di Morgan…). Quella che avrei voluto scrivere – e che ho in effetti scritto – è “Oh, com’è bella la città”, dalla sezione “Città e Musica” di “Giovinezza… addio”, un’estasi metropolitana, un inno alla full-immersion nella vita e nel suo divenire…
 
Davide
Gramsci diceva: “Ci vuole pessimismo nell’intelligenza e ottimismo nella volontà”. Qual è il tuo umore artistico prevalente?
 
Claudio
Credo nel valore dell’intenzione. Considero sempre e solo l’intensità, la vibrazione, l’energia con cui riesco a conferire ordine e armonia al mio mondo. Prescindo dai risultati, che sono ininfluenti, e soprattutto dal consenso, dipendendo dal quale si perde ogni libertà, ma se arriva sono semplicemente felice. Quindi, spero… E l’aver creato un mio marchio è espressione di questo desiderio di libertà.
 
Davide
Benedetto Croce disse che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie; dopo, possono continuare a farlo solo due categorie di persone: i poeti e i cretini. Cosa ne pensi? Perché nella maggioranza delle persone, almeno fino a una certa età o almeno una volta nella vita, c’è più necessità di scrivere poesie (o qualcosa di simile) che non di leggerle? O anche, perché a un certo punto della vita si spegne la scintilla della creatività (specialmente poetica) e perché in altri non avviene?
 
Claudio
L’associazione di giovinezza e poesia è un topos condiviso da molti (per il Vico, è l’età dell’avvertire con animo perturbato e commosso). Credo che l’accadere poi del quotidiano comporti per molti una concentrazione sul pratico-esistente. Paradossalmente, sono più i “single dell’esistenza” coloro che mantengono una maggiore esigenza di trasfigurazione del reale, una maggior aspirazione all’esperienza dell'”altrove”… Che però può prendere le pieghe più disparate: la parola scritta, la musica, la spiritualità, la danza della vita… in cui i poeti esistenti sono probabilmente molto più numerosi di quelli acclarati.
 
Davide 
Che progetti hai?
 
Claudio
Attualmente sto portando in giro “Quaderno di liceo (Il n’avait pas que dix-huit ans)”, recital di presentazione di “Nugae, nugellae, lampi”, in cui alterno reading delle mie poesie, interpretazioni della grande canzone d’autore (Dylan, De Andrè, Battiato, Simon and Garfunkel, B.E. King…) e proiezione di immagini, fra storia personale e sociale (il mio soggiorno in America negli anni ’70, le manifestazioni per i diritti dei neri nel ’62, la contestazione studentesca del ’68, la Milano da bere degli anni ’80…). Altro progetto cui tengo molto è una mostra di miei scatti fotografici, parzialmente inseriti in “Nugae…”, della serie “Il giardino di mia madre e altri luoghi”, presto anche in DVD. Infine, ed è cosa a cui sto lavorando da qualche anno, una pubblicazione fra teologia, giornalismo e spiritualità, perché mi piace guardare alle cose da angolazioni diverse e, moltiplicando i punti di vista, mi illudo di avvicinarmi a quella “coincidentia oppositorum” di cui parlavi, attraverso la conoscenza e l’amore.
 
Davide
Grazie e… à suivre.

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