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giorno zero

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giorno zero

Il giorno zero è un giorno qualunque. Nel mucchio dei ricordi abbiamo in mente – SEMPRE – solo i giorni "diversi". Gli altri sono tutti giorni zero, il tempo che collega un ricordo con l’altro. E costruisce il percorso.
I giorni importanti all’inizio sono tutti giorni zero, acquistano valore col tempo e finiscono nel mucchio dei ricordi. Poi restano soltanto i ricordi. Noi ne stiamo ancora fabbricando, insomma non ci siamo arresi del tutto e crediamo che qualcuno dei prossimi giorni diventerà un giorno importante.
Accade soltanto nei film. Lì puoi far succedere di tutto, anche un tizio che a un certo punto della sua vita decide di scrivere un diario. Un diario del cazzo che trasforma in giorni importanti tutti i santi giorni. Poi il film finisce e puoi giurarci, il personaggio smette di scrivere dopo l’ultima scena, quando non sono ancora iniziati i titoli di coda.
Non sapevamo cosa sarebbe accaduto, non c’erano ancora neanche i titoli di testa ed infatti è accaduto qualche tempo dopo, che ho preso la decisione di tenere un diario. Sono la persona meno adatta per questo genere di cose; incostante, magari riesco a farlo per due, tre giorni, una settimana. Una volta c’era un motivo davvero importante, ero riuscito a tenere un diario per qualche mese. Poi via, finito, più niente. Ma in questo caso è diverso, ci rompiamo già abbastanza a documentare, provare, registrare, filmare, fotografare e allora il diario di bordo posso anche tenerlo io; solo i giorni zero, quelli in cui non accade niente di importante, i giorni in cui le cose che dovevano succedere non ci sono state. Aiuta, aiuta un casino a farsi un’idea più chiara della situazione, dei tempi, delle idee che vengono in mente. Così quando serve, ogni tanto si apre il file del diario e si buttano sopra delle cose oppure si rilegge.

[*] Ottobre, boh? note dal diario
Ieri giornata allo scazzo, dovevamo iniziare a fare le schede di presentazione dei personaggi ma è saltato tutto. Mic è arrivato direttamente sul posto dopo un certo numero di messaggi e telefonate, Brown e Alexis sono arrivati tardi e anche Douglas, siamo dovuti passare a prenderlo perché aveva i suoi problemi.
Secondo le linee del nostro progetto anche questo fa parte della storia, non è un gran che ma raccontare è raccontare. Questo non è un diario che mantiene la cronologia degli eventi, per quello c’è già tutto il materiale che stiamo raccogliendo e producendo ma manca una cronologia parallela degli eventi minori, le storie a margine. Raccogliere le sensazioni, i momenti, gli eventi – più o meno insignificanti ma che colpiscono- che fanno parte del percorso, il conoscersi; le sensazioni e le situazioni che si creano nei giorni. Non ci troviamo soltanto per portare avanti un progetto, ma anche per imparare a stare in piedi e andare avanti sulle ruote. Gente che si incontra, proprio in mezzo a una strada.


Immobile sovrasta il resto del luogo. E’ ferma in attesa circondata da un movimento che ne evidenzia la forza. Al tempo non valse nulla (anni, giorni, ieri?) indossare maschere di colori e segnali, tracce di civiltà quotidiana; soltanto inquinamenti formali che non riescono ad intaccarne la superficie.
La rampa. Suono sordo di ferro e cemento nella sua semplicità strutturale, certificazione monumentale del punto di incontro.
Nei momenti che sono le estati, le sere, i sabati, le feste, non importa pioggia neve o sole, improvvisamente diventa onda di rumori imprevisti. Si anima di presenze che si incontrano e riconoscono; gente dalle differenze importanti la popola trasformandola in strumento di sfida. E’ questo fascino di presenza e possibilità che ha prodotto il nostro inizio, l’incontro al crocevia che diventerà rappresentazione fuori scena, poi idea e percorso.
I passaggi occasionali raccolgono dal caso la spettacolarità degli istanti dei corpi quando non toccano terra. Col tempo si possono riconoscere le facce e gli attori, che sotto la maschera di sé stessi continuano a cercare di incrociarsi sempre più in alto sopra la loro sfida.
Sono storie agli incroci, sulle panchine e nell’intervallo delle dieci, durante le ore rubate al corso regolare della vita fuori dai banchi di scuola, oltre il muro di cinta.
E’ difficile entrare. Hai un solo modo, devi farne parte.

[*] Ottobre, 20, note dal diario
Certo che c’è gente proprio cogliona. Stavano slidando sul muretto lungo del Ruffini, si vedeva benissimo cosa stavano facendo; molti si fermavano a guardare, una macchina della finanza andava avanti e indietro. Bene, una famiglia al completo a un certo punto è arrivata, tutti col gelato in mano e si sono seduti proprio sul muretto, lì in mezzo. Brown e Mic ancora un po’ gli ammazzano un figlio a colpi di pattini e questi niente, il padre fiero di essersi appropriato di un pezzo di suolo pubblico. Se ne sono rimasti finché non è finito il gelato, gli altri gli atterravano sui piedi e loro facevano finta di niente. Quando Brown è andato a chiedergli per favore di spostarsi di un paio di metri, quello che sembrava il capo prima di riuscire ad alzare il culo ci ha spiegato molto chiaramente che il posto era di tutti. Una bella lezione di convivenza.

Quelli che all’inizio sembravano personaggi possibili in gran parte non hanno nemmeno cominciato; poi abbiamo incontrato – e ci sono ancora – quelli che nella loro testa ci starebbero subito, sempre che ci sia ancora un posto, sempre che possa unirmi ma dopo, più avanti… Ho guardato Renato e a un certo punto gli ho detto – non è mica una giostra – basta che ti fai trovare quando ci lavoriamo. Non me ne ha più parlato.
All’inizio anche loro, quelli del gruppo intendo, erano un po’ diffidenti ma adesso che si stanno chiarendo molte cose mi sembra non potesse essere che così.
Fuori è un posto strano. C’è la gente che passa, li guarda facendo attenzione che i figli stiano lontani, tengono una certa distanza "da circo". C’è un sacco di gente rispettabile che ha paura di sporcarsi le mani. Quando invece vedono che ti interessa davvero, che quello che hanno anche a te sembra valga qualcosa, allora cominciano a lasciarti fare e magari ti danno qualche consiglio. Non è una questione di essere più o meno bravi o un fatto di presunzione, è che non si sbattono se continui a mantenere il distacco. Una tattica che funziona è rompergli le palle finché non capiscono che fai sul serio.
Questo fatto di raccontare, mettere insieme una traccia, è stato molto dopo; anche i personaggi principali, quelli che hanno un ruolo in questa storia sono entrati per ultimi. Proprio un attimo prima dell’inizio.

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