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La tempesta e la vecchia casa

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LA TEMPESTA E LA VECCHIA CASA

"E’ musica quella che si leva dalla sua casa?"
"Sì, ti piace?"
"Non so, è… credo si dica… armoniosa"
"Esatto, è musica classica"
"Classica? Cosa significa?"
"Beh, si tratta di musica perlopiù strumentale, composta molti anni fa"
"Capisco. Credo che mi piaccia… la musica classica"
"Così come ti piace chi la sta ascoltando ora?"
Le fronde degli alberi erano scosse da un forte vento, le foglie si staccavano dai rami e turbinavano sulle correnti d’aria. Molte terminavano le loro evoluzioni aeree nell’oceano, poco distante dalla casa colonica. Si udivano dei tuoni. Il cielo, scuro in lontananza, minacciava pioggia già da tempo, ma nessuno dei due osservatori accennava ad andarsene. Intorno non vi era nulla, se si escludono i prati d’un verde intenso, pochi sporadici alberi e l’oceano. Entrambi gli osservatori stavano seduti a metà di una collina davanti alla casa, sotto un albero anch’esso mosso dal vento. Guardavano verso l’edificio, il secondo piano, dove una finestra era aperta, nonostante le nere nubi non promettessero certo un bel tempo.
Oltre la finestra si intravedeva una piccola stanza racchiusa completamente in una tappezzeria ocra. Una luce tremolante proveniva dall’interno e una musica lieve ne fuoriusciva seguendo il giostrare del vento.
"Sai, mi chiedo cosa stia facendo la ragazza che ora riposa in quella stanza"
"Perché sei convinto che si stia riposando?"
"Suppongo che, non udendo alcun suono all’infuori della musica e constatando come non chiuda le finestre della sua camera nonostante l’evidente temporale che si sta avvicinando, si stia riposando, probabilmente sarà addormentata"
"Ora osserva quel poco della stanza che riusciamo ad intravedere, presta attenzione ai particolari, quello specchio, gli oggetti intorno allo specchio, la vestaglia appesa alla maniglia della finestra. Nota come puoi dedurre informazioni dalla semplice osservazione, è attraverso questi segni che hai capito che si tratta di una ragazza, ma non ti sei reso conto dei passaggi necessari alla deduzione. L’hai capito e basta"
"Hai ragione, sono particolari che non avevo considerato consapevolmente"
"Si tratta di piccole cose, oggetti che per noi non hanno piu’ significato, ma che per la ragazza in quella stanza sono parte della vita quotidiana."
Ora il mare increspato si udiva a distanza, i tuoni si erano fatti più vicini, i lampi più frequenti. Una cornacchia lasciò il ramo su cui era appollaiata e volò gracchiando verso i prati dell’entroterra. Le centinaia di fili d’erba sotto di essa erano piegati dal vento; molti petali, trascinati dalle correnti d’aria, si muovevano velocemente sopra i prati in deviazioni impreviste.
"Guarda quei petali, cosa ti riportano alla mente?"
"Credo… beh, la forza del vento, il potere della natura"
"Non affrettarti in una risposta che mi soddisfi, soffermati ad osservare, guardali dal punto di vista del petalo, non dell’osservatore"
I resti di un gruppo di soffioni vennero sparsi per tutto il prato, seguendo il destino degli altri petali. Le finestre della casa stavano sbattendo e il sibilo del vento cominciava a fischiare lungo i prati e per i boschi.
"L’imprevedibilità delle traettorie, l’arrendevolezza ad una forza superiore… forse… la simbiosi con una forza superiore, sì, credo di vedere una certa armonia tra i due elementi"
"Tra i molti elementi. Non ci sono solo il petalo e il vento. Ma l’intuizione che hai avuto è corretta, hai osservato e hai partecipato dell’oggetto."
"Tu sei capace di questo? Sei in grado di osservare tutte le cose secondo il loro punto di vista, divenendo la loro consistenza, il loro corpo?"
"Non e’ una cosa difficile da realizzare, ma necessita della consapevolezza della materia. Tutto ha una vita. Non intendo una vita come tu la ricordi, appartenente solo al mondo animale e vegetale, intendo un’esistenza. Ci riferiamo ad oggetti come il sasso, l’albero, ma in realtà queste sono solo parole che definiscono le immagini secondo confini che ne permettono una veloce identificazione. L’albero è foglie e radici, è tronco e corteccia, è anche acqua di cui si nutre e terra senza la quale non starebbe eretto. Il sasso è pietra e potrà essere statua o fine sabbia. Guarda le cose pensando anche alla dimensione del tempo, guarda alle cose considerandole semplicemente come parte del tutto. Quando osservi il petalo guarda il fiore nel passato, il vento nel presente, forse il mare o la terra nel futuro, in poco tempo ti scoprirai capace di considerare milioni di possibilità, milioni di parti del tutto e quindi, il tutto."
"Sembra un’ardua impresa."
"Meno ardua di quanto pensi. Molte volte queste ‘imprese’ accadono spontanee, naturalmente, senza che tu te ne renda nemmeno conto… A cosa pensi? Ti vedo distratto."
"Alla ragazza. Mi sembra di conoscerla da anni. Credo sia l’effetto della musica e degli oggetti, della nostra osservazione, della luce che vediamo."
"Stai fantasticando su di lei, non è vero?"
"E’ come se non esistessero le pareti della stanza, come se potessi vederla, assopita sul suo letto, con i capelli sciolti, in disordine sul suo viso. E’ osservazione questa?"
"Sì, stai osservando, ti stai coinvolgendo"
"Immagino i suoi sogni, la sua vita reale. Penso a come interagisce con gli oggetti senza rendersi conto della sua connessione con il tutto, con gli oggetti stessi. La sua piccola vita è un paradosso, lei è solo parte del tutto; senza di lei nulla o molto poco cambierebbe. Ma vive la sua esistenza solamente dal suo punto di vista e sente sé stessa molto più che il resto della semplice materia. Tutto è vissuto in base al suo corpo, attraverso i suoi sensi, percepito da una singola entità."
"Un giorno anche lei si renderà conto di tutto questo."
"Mi piacerebbe entrare nella sua stanza, vederla veramente, guardarla da vicino"
L’altro osservatore guardò comprensivo al desiderio del compagno, poi volse gli occhi al cielo plumbeo.
"Guarda ora, le nubi si addensano sopra l’oceano, vicino agli scogli. Vieni, andiamo, entriamo nella casa e destiamo la ragazza dal suo sonno."
Gli osservatori si mossero e lentamente raggiunsero la finestra della casa, entrarono, ma non trovarono la ragazza. Un armadio dal prezioso legno graffiato, un tavolo rovesciato, una lampada da notte rotta, a terra, un letto dalle lenzuola bruciacchiate e strappate era tutto quello che si rimaneva.
Nessuna musica si udiva, ora che erano entrati. Nessuna luce accesa. Nessuna ragazza.
"Non capisco…"
"Mmm. Credo che il tempo ci abbia ingannati entrambi"
"Il tempo?"
"Sì. Eri convinto di sentire musica provenire da questa stanza? Eri sicuro di vedere una fioca luce, di percepire la presenza di una ragazza?"
"Ma non ero l’unico!"
"E’ vero, siamo entrambi stati suggestionati troppo dalle nostre vecchie abitudini di ‘esistenti’"
"Continuo a non capire…"
"Tempo fa vivevamo nelle tre dimensioni più… comuni. Ignoravamo che ve ne fosse una quarta o comunque non pensavamo ad essa come ad una dimensione. Era tutto troppo naturale… parlo del tempo, dello scorrere dei secondi, degli anni, dei minuti. Eravamo convinti di vedere quello che pensavamo fosse il presente, ma non era così. Un volta entrati nella stanza, avendo aumentato gli stimoli alla percezione, ci siamo resi conto che le nostre naturali deduzioni erano errate"
"Questo vuol dire che abbiamo visto il passato di questa stanza? Come era una volta, forse anche anni fa? Abbiamo visto, sentito, percepito i momenti in cui la casa era abitata?"
"Esatto. Ma ora qui non c’è nessuno. La casa è evidentemente abbandonata da molto tempo."
L’altro osservatore se ne stava in piedi in mezzo alla stanza con un’aria delusa, lo sguardo che spaziava per le pareti sbiadite, un tappeto consumato, alcuni assi del pavimento sollevati, qualche ragnatela ma nessuna preda intrappolata e nessun ragno in attesa.
"Andiamo ora, non c’è bisogno di avvertire nessuno dell’imminente temporale. Usciamo, lasciamo questo luogo morto da tempo."
Scesero le scale di legno marcio, attraversarono un salone. Videro un lampadario caduto sul pavimento, sicuramente un tempo aveva scintillato, appeso al soffitto in tutta la sua lucentezza. Varcarono la soglia, gli inutili cardini senza più una porta. La tempesta aveva già cominciato a maltrattare l’ambiente circostante. Vento, pioggia, una fioca oscurità e frequenti tuoni stavano consumando piano piano il paesaggio. Gli osservatori si stavano incamminando su per la collina dove in precedenza erano rimasti seduti a guardare verso la casa colonica.
"Guardati intorno. Cosa scorgi? Io vedo vita, anche se distruttiva. E la vita a volte porta la fine. Fa parte anche questo della filosofia del tutto. Ricorda, il tutto, la materia è una sola, le connessioni della materia sono difficili da comprendere, eppure così naturali da percepire"
L’altro osservatore si fermò e si voltò verso la casa. Guardò verso la finestra della ragazza. Sentiva ancora la musica, vedeva ancora la luce. Ma la casa era morta, e la tempesta la stava per spazzare via.

Emanuele Ravasi

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