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Colombe raggomitolate – Mohamed Ghonim

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Introduzione di Alessandro Ramberti
Fara Editore
Poesie raccolta
Collana TerrEmerse
Pagg. 66
ISBN: 9788887808568
Prezzo: € 7,00
 
Leggere le poesie di questa raccolta, composta da tre piccole sillogi (Il canto dell’amore, La donna, Versi migranti) è scoprire un mondo tutto nuovo, fatto di luci, di colori, di immagini che non rientrano nell’abituale stesura dei versi dell’occidente.
In Ghonim vi è tutta una linea di confine indeterminata fra la realtà e il sogno, così che si ritrae l’impressione di una dimensione sospesa, al di fuori della portata dell’uomo moderno che, pur cercando di astrarsi, finisce sempre con l’essere condizionato dalla quotidianità.
Nell’autore di origini egiziane invece si ritrova quella grazia delicata, soffusa, propria della poesia araba, in una condizione tale che le emozioni, le sensazioni hanno una proiezione celestiale.
 
Da La notte oscura
….
E’ forse diverso il sangue dell’umanità sotto la pelle?
Sono diversi i sogni,
speri che i tuoi giorni diventino senza notte?
Guardami bene in faccia,
guarda questa faccia scura:
ti accorgerai che sono io la tua notte.
….
Ghonim, nel nostro paese da diversi anni, ne ha acquisito la cittadinanza, però ciò è avvenuto senza perdere la sua innata personalità,  modellata sulle scie di tradizioni e di visioni della vita che nel tempo sembrano immobili, ma che invece sono continue sfumature di una concezione dell’esistenza che si tramanda nei secoli.
Fuori dalla vacua corsa dell’occidente, non affastellata da falsi miraggi o da richiami di sirene corruttrici, la poetica di questo autore echeggia le melodiosità delle danze nei cortili dell’Alhambra, o la limpida freschezza delle acque che scendono al piano dalla Sierra Nevada.
Forza e grazia sono fuse in un equilibrio che, più che affascinare, circondano il lettore, avvolgendolo in un alone mistico che quasi inebria, una condizione di sospensione temporale che astrae dal mondo, proiettando verso cieli sconfinati, oltre i confini della realtà. 
Tutto sembra così naturale, così spontaneo che si riesce perfino a leggere oltre le parole, arrivando a scorgere l’anima da cui sono scaturite.
 
Da Solitudine
 
Sono solo
perché sento la mancanza del mio amore.
Isolato
come un cammello col petto
sopra la terra desertica.
La notte mi ha coperto
come un’onda tenebrosa.
 
Oppure
 
Le labbra
 
Spade indiane
si colorano
con i raggi del sole,
al chiarore della luna
bevono con bramosia
dai turchesi dell’amore
dissetandosi inebriano
le stelle del cielo
che discendono sulla terra
sfavillanti di pioggia.
 
 
Penso che, soprattutto con Le labbra, si possa comprendere quanto ho fino ad ora scritto, ci si possa immergere in queste visioni, frutto di umane emozioni, ma che riescono a sublimarsi, ascendendo verso il magico mistero dell’universo.
 
Ma c’è anche un altro Ghonim, che sa guardare la realtà con occhi non trasognati, che vede il dramma dei migranti, che comprende il loro desiderio di lasciare la loro terra, dove si muore di fame, per affrontare un viaggio di speranza verso l’ignoto.
E’ il suo un atteggiamento di composta partecipazione, in cui, pur nella forza dei versi, permane una vena malinconica, un sentimento di pietà verso destini dei quali noi non siamo  incolpevoli.
 
Lettera di un bambino africano
 
O mio amico là,
io nudo condotto allo scoperto
affamato abbandonato alla fame,
di mosche è cosparsa la mia bocca,
sento che il latte lo rigurgitate,
che il grano sotto la neve lo lasciate
e che le  vostre mamme vi cullano in lettini di seta.
Noi, qua, soffiamo polvere,
respiriamo il suo esalare,
chiediamo all’aria un senso,
formuliamo una preghiera senza risposta.
 
Quindi, non posso che concludere con un’osservazione: sensibilità e delicatezza, passione e meditazione si fondono in Ghonim, nei suoi versi che poco a poco ammaliano il lettore, stregato dalla docile forza con cui canta della vita. 
 
Mohamed Ghonim è nato ad El Menoufia (Egitto) nel 1958. Si diploma come perito agrario. Nel 1990 è italiano a tutti gli effetti. Autore di poesie e pièces teatrali, nelle sue opere si amalgama la cultura araba a quella occidentale.
Il suo primo libro è  Il segreto di Barhume pubblicato dall’associazione Les Cultures nel 1994, rieditato da Fara nel 1997. Nel 1995 esce Quando cade la maschera (Les Cultures). Nel 1997, “anno contro il razzismo e la xenofobia”, pubblica con Les Cultures la raccolta di poesie Il canto dell’amore.
Nel 1998 Fara stampa La foglia di fico e altri racconti. L’anno seguente pubblica con Periplo un libro di fiabe dal titolo L’aquila magica e l’opera Cento memorie per il futuro millennio.
Nel 2003 viene stampata la silloge Colombe raggomitolate (Fara) e la poesia “Il mio silenzio“,
ivi contenuta, viene selezionata per l’antologia della X Edizione del Premio Internazionale di Poesia “Poseidonia-Paestum”. È stato giurato di vari concorsi a premi per le
scuole elementari. Ha curato Siamo venuti a cantarvi le nostre canzoni, opera che fa dialogare con la poesia ragazzi stranieri della scuola media Tito Livio di Milano
(Terre poetiche, 1999). È direttore del giornale egiziano «News of world».

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