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Cappuccetto Rosso

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Cappuccetto Rosso

C’era una volta una ragazzina carina e gentile, che solo a vederla tutti avrebbero voluto averla come figlia o nipote. A questa ragazzina, tutti volevano bene, e specialmente sua nonna, che una volta le regalò un cappuccetto di velluto rosso. E poiché le donava tanto che non voleva più mettersi altro addosso, tutti, perfino i suoi parenti, cominciarono a chiamarla Cappuccetto Rosso.
Un giorno sua madre la chiamò e le disse: "Cappuccetto Rosso, prendi quel cesto e portalo alla nonna: dentro c’è della focaccia e una bottiglia di vino. La nonna sta molto male, e vedrai che la tua compagnia e queste cose buona la metteranno un po’ di buonumore e le faranno bene. Adesso vai, prima che si faccia tardi, e quando sei sulla strada mi raccomando, non uscire dal sentiero: se no cadi e rompi la bottiglia, e la nonna non potrà avere questo buon vino…"
Cappuccetto Rosso annuì, prese il cestino e uscì di casa.
La nonna abitava nel fitto del bosco, a mezz’ora dal villaggio. I genitori di Cappuccetto Rosso avevano cercato in tutti i modi di convincerla a venire a vivere con loro, ma lei non ne aveva voluto sapere. Diceva: "Sono nata qui, e qui voglio morire". E così forse sarebbe accaduto.
Cappuccetto Rosso, dopo soli pochi minuti che si era messa in viaggio lungo il sentiero nel bosco, incontrò il lupo. Ma non sapeva quanto fosse un animale pericoloso, e non ne ebbe paura. Anzi, lo salutò e gli sorrise.
"Salve Cappuccetto Rosso", disse lui – tutti conoscevano la bambina, e anche il lupo ne aveva sentito parlare, "dove vai così di fretta?"
"Dalla nonna" rispose la ragazzina.
"Oh, dalla tua nonna… E cosa tieni lì nel tuo cestino?"
"Una focaccia… e una bottiglia di vino. Le porto dalla nonna, che sta tanto male ed è vecchia, e vado a farle compagnia. Così forse starà meglio…"
"E dove abita la tua nonna?" fece il lupo.
"A mezz’ora da qui, nel bosco. Ha una casetta rosa nella macchia di noccioli, dovresti già sapere dove…" rispose subito la ragazzina, senza pensarci su.
"Oh, certo, sì, sì, io conosco già da tanto tempo la tua nonna, siamo grandi amici, sai?" e intanto pensava: questa bimba deve avere carni così tenere, sotto quei vestitini, è sicuramente un bel bocconcino. E la vecchia… Se sono furbo riesco a prendere due piccioni con una fava…
"Davvero?" fece Cappuccetto Rosso.
"Sì, sì, da tanti anni… E dimmi, Cappuccetto Rosso, li vedi tutti quei fiori, lì in quella radura? Non credi che alla nonna un bel mazzo di fiori farebbe piacere? E perché cammini così attenta, come se andassi a scuola: qui sei nel bosco, puoi comportarti con più tranquillità… Qui è tutto così allegro. Vai a raccogliere quei fiori per la tua nonna…"
Cappuccetto Rosso annuì, e corse nel prato a cercare i fiori. E quando ebbe raccolto tutti i più belli della radura – gialli, bianchi, blu e rosso scuro – decise che ne voleva altri per il mazzo, e corse tra gli alberi a cercarne ancora; e ad ogni fiore che coglieva, più in là le sembrava di vederne un altro, e così si addentrava sempre più nel bosco.
Il lupo la guardò per un po’, e poi quando fu sicuro che avrebbe avuto il via libera per un bel po’, tornò sul sentiero e lo seguì fino alla casa della vecchia, che stava, come aveva detto la ragazzina, in una macchia di noccioli. Arrivò fino alla porta e bussò.
"Chi è?" fece eco una voce all’interno.
"Sono Cappuccetto Rosso, tua nipote, e ti porto vino e focaccia, nonnina. Aprimi."
"La porta è aperta, entra pure, bambina mia: sono troppo debole per venirti ad aprire io…"
Il lupo aprì la porta ed entrò nella casa. Senza dire nulla andò dritto al letto della nonna e la ingoiò. Poi, con un po’ di fatica, cercò di infilarsi i vestiti della vecchia, ma non ci riusciva, e allora entrò nel letto così com’era vestito. Tuttavia la cuffia della donna gli stava, e allora fece cambio con la sua. Poi si coricò nel letto e tirò le tende, in modo che la stanza fosse immersa nella penombra.
Intanto Cappuccetto Rosso aveva raccolto un enorme mazzo di fiori – e quelli rosso scuro erano la ormai la gran parte – così grande che a stento riusciva a tenerlo nella mano. Allora tornò sul sentiero e riprese il cammino, finché non giunse anche lei alla casa della nonna.
Fu molto sorpresa dal trovare la porta spalancata, e quando entrò sentì un odore molto intenso che la spaventò. E quasi per se stessa, impaurita, disse: "Ciao nonna".
Ma non ebbe risposta.
Allora si avvicinò al letto e spalancò la tenda che stava sopra la testata. La nonna era coricata, con la cuffia abbassata sul viso, tutta imbacuccata nelle coperte, e aveva un aspetto molto strano.
"Oh, nonna, che naso grosso…" disse la ragazzina.
"È per annusarti meglio" disse la vecchia, con una voce cavernosa.
"Oh, nonna, che occhi grandi."
"Sono per guardarti meglio, bambina."
"Oh, nonna, che capelli bianchi e lunghi…"
"Sono per… sono per sembrarti più bella, bambina…"
"Oh, nonna, che barba bianca e lunga…"
"È per… perché tu ci possa giocare a lungo standomi in braccio!"
"Oh, nonna…", e in quel mentre Cappuccetto si accorse di qualcosa. "Nonna, di chi sono quei grossi stivali?" E mentre si chinava a guardarli si accorse che dalle coperte spuntava qualcosa. "E questo… Che cosa sono questi pantaloni rossi che indossi, nonnina?"
"Ma che cavolo ti frega?" e subito il lupo le balzò addosso dal letto e la ingoiò.
Saziato il suo appetito, si scolò l’intera bottiglia di vino che Cappuccetto Rosso aveva portato per la nonna, poi si rimise a letto e si addormentò profondamente, cominciando a russare.
Proprio in quel momento, lungo il sentiero passava il cacciatore, e sentendo quel rumore pensò: come russa la vecchia… Forse è meglio andare a vedere se sta bene…
Entrò nella casa e si avvicinò al letto. Con un fiotto di saliva che gli scendeva lungo la guancia, il lupo giaceva addormentato con il ventre gonfio, ed aveva ancora in testa la cuffia della nonna.
"Oh, vecchio impenitente!" disse il cacciatore, e mirò con il fucile dritto tra gli occhi del lupo. "È un pezzo che ti cerco!" Ma in quel momento, mentre stava per fare fuoco, gli venne in mente che fosse ancora possibile salvare la vecchia. Allora ripose il fucile, sguainò il coltellaccio, svestì il lupo addormentato e cominciò a tagliarne la pancia. Dopo due tagli, il cacciatore vide brillare il cappuccetto rosso, dopo altri due la bambina poté saltare fuori urlando per lo spavento. Poi il cacciatore e la bimba tirarono fuori la vecchia donna, ancora viva, nonostante respirasse a stento.
Tutti e tre guardarono il lupo che, ancora addormentato, stava morendo dissanguato lì davanti a loro.
"Dobbiamo dargli una lezione" disse il cacciatore. "Cappuccetto Rosso, corri a cercare dei sassi, dei bei pietroni, e portacelo. E lei, se ce la fa… No, anzi, mi dica dove posso trovare un ago e un bel rotolo di filo grosso…"
E quando ebbe tutto, il cacciatore riempì la pancia del lupo con le pietre, e poi gliela ricucì di modo che non morisse.
In seguito scuoiò il lupo e mise da parte la pelle – per farne dei paralumi, disse – e poi rimise addosso al lupo i vestiti rossi e bianchi, le due donne non capirono bene perché.
Dopo qualche ora – durante cui Cappuccetto Rosso e la nonna si erano fatte un bel bagno caldo – il lupo si riprese, balzò in piedi e fece per scappare via. Ma le pietre erano così pesanti e lui così debole per la perdita di sangue che subito, dopo due passi, si accasciò e cadde a terra, mezzo svenuto.
I tre lo presero in braccio e lo portarono fuori, davanti al pozzo.
Il lupo agitava le braccia ma non poteva farci nulla. Roteò gli occhi e bisbigliò qualcosa, nessuno dei tre capì che dicesse.
Poi il cacciatore lo guardò dritto negli occhi e disse: "Per tutti i guai che hai combinato, vecchio bastardo", e detto questo lo lasciò andare.
Il lupo volò giù nel pozzo e affogò gorgogliando.
I tre si guardarono e risero di gioia, perché tutta quella storia era finita bene, e la nonna, che si sentiva rinvigorita e al sicuro, invitò il cacciatore a mangiare la focaccia della mamma di Cappuccetto Rosso, e gli disse pure che aveva del vino in cantina.

Dopo sei mesi, era Natale.
La mamma, il papà, il cacciatore, Cappuccetto Rosso e i suoi fratellini erano lì, nella grande stanza, davanti al camino, ad aspettare. Peccato che la nonna non potesse esserci.
Gli adulti erano seduti attorno al tavolo e bevevano, chiacchieravano allegramente e sorridendo aspettavano anche loro.
I bambini, seduti per terra, erano incantati a guardare il focolare, dove per sicurezza non veniva acceso il fuoco ormai da giorni.
Ad un certo punto si sentì un grande rumore, come se qualcosa di molto pesante scivolasse giù lungo la cappa, e poi un tonfo sordo.
Dal caminetto si levò un agghiacciante ululato di dolore: anche quell’anno Babbo Natale si era distratto, era scivolato e si era fatto male.

Arthur Carponi

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