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L’Omicidio Berlusconi

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L’Omicidio Berlusconi
(Andrea Salieri – Edizioni Clandestine)

Brillante, ironico, amaro, a metà tra la satira e il giallo, è il libro di Andrea Salieri "L’omicidio Berlusconi".
Una sorta di diario, scritto in prima persona, in uno stile ricercato, studiato nel lessico raffinato e nella costruzione delle frasi; nel complesso difficile ma mai criptico, anzi al contrario, si legge veloce, tutto d’un fiato.
È la storia di un "omicidio per caso". Un investimento involontario, ad opera di un maldestro insegnante di matematica, scatena una serie esilarante di eventi tragicomici. La vittima si scoprirà essere Silvio Berlusconi, e da qui un susseguirsi paradossale di colpi di scena: occultamento e scambio di cadaveri, ricatti, un rapimento, un tentato suicidio, sempre per caso, il tutto in una struttura e in un’atmosfera davvero uniche. Divertentissimi gli episodi dello scombinato tentativo di soccorso dopo l’incidente e dell’autodenuncia alla polizia ("…Così lei, avrebbe ucciso un uomo. Sì brigadiere. Ma non l’ho fatto apposta. Allora è stato un incidente! Sì…cioè no. … Dunque. Ieri sera mia moglie è deceduta. Sconvolto ho preso l’auto e accidentalmente ho investito un uomo e questi è morto. …sul colpo. No. Ci sono prima ripassato sopra con le ruote credo almeno due – tre volte e … e lui è morto. Non ancora… l’ho colpito alla nuca con il cric. Ed è morto. Adesso sì. Ma come le ho già detto, non l’ho fatto apposta. Un incidente").
Eventi tragici narrati senza dramma. L’unica tragedia che rimane evidente nella sua gravità è quella politica. Senza alcuna retorica, Salieri critica il grande vuoto della politica italiana, la mancanza di valori dei nostri politici di qualunque ideologia essi siano; perché se certo non è a favore della destra, nel libro non esce meglio rappresentata la sinistra.
Il protagonista, "privo di qualsiasi fede", insoddisfatto, decide di votare Berlusconi non per convinzione ma "con la consapevolezza di chi rassegnato alla malattia sceglie il suicidio" ("… Perciò, nell’essere giustiziato, avevo deciso di affidarmi a chi, spietato e professionale, ritenevo capace di abbreviare l’agonia. In fondo, si trattava di un’esecuzione, non di una vera e propria scelta…").
Questa decisione, vissuta dalla moglie come un tradimento, causa tragiche conseguenze nella vita familiare del protagonista.
Così si apre il libro, che alle grottesche vicende personali intreccia amare riflessioni sulla politica e sulla società contemporanea; riflessioni che l’autore sapientemente inserisce, senza strappi, all’interno del tessuto narrativo.
Salieri parla dei meccanismi della giustizia ("Alcuni sono colpevoli solo se vi è prova certa di implicazione in un crimine, altri, se essi stessi non sono in grado di dimostrare la propria estraneità. In virtù del mio potere d’acquisto appartenevo senz’altro alla seconda fascia…"); e ancora del ruolo dei potenti e di quello delle masse; ma soprattutto parla di libertà, definita "un valore per difetto", che se è intatta alla nascita si perde via via vivendo, e della possibilità di creare un mondo migliore, se non perfetto ("Livia, non esiste un mondo perfetto…" … "…ma ce n’è uno possibile." – disse, ferma nell’orgoglio. Ma quasi sussurrando. Perché dei sogni belli si ha vergogna. … Voleva un altro mondo Livia. Migliore. Non le ho mai chiesto se in questo vi fossero compresi anche gli umani. E se sì, chi doveva darci esempio tra i migliori? … Provate a domandargli di rinunciare ad una parte dei loro privilegi, non per pareggiare i conti, per fare meno ripido il declivio che li distingue da altri. Provate. Non ho nessuna colpa vi diranno. È il sistema).

Molteplici e profonde le riflessioni esistenziali, sull’essenza dell’uomo, sulle sue reali necessità, al di là dei condizionamenti "che disturbano la piena consapevolezza". L’unica strada, l’unica speranza, sembra essere nell’impegno dell’individuo, che proclama la sua diversità, "l’unicità di ognuno", che si spoglia delle sovrastrutture e degli automatismi per procedere verso l’utopia di un mondo migliore, più giusto, più equo ("La gente, asservisce ai propri desideri più di quanto abbia a cuore la giustizia e l’onestà… I deboli si associano, ma anonima non cresce quella massa e a farne un gregge da mostrare in piazza è sufficiente addestrare bene i cani. Poi c’è l’individuo già, quel porsi singolarmente all’esistenza. E questi abbisogna di costrutto, altrimenti sfugge").

Un libro ironico e provocatorio, che ritrae in modo originalissimo la crisi della politica attuale, della destra come della sinistra.
Da sottolineare le note a piè pagina, che divertono e fanno riflettere, nelle quali vengono ridefiniti i significati di parole comuni sulla base degli eventi della politica contemporanea, come se il protagonista/autore dovesse spiegarne il significato a chi leggerà il suo diario negli anni a venire. Ne riporto un paio come esempio: "Galera. Luogo di detenzione in cui gli indigenti, se commettevano un reato, venivano circoscritti. Tasse. Tributo versato dai cittadini (pochi, per la verità) per avere garantiti dallo stato servizi a pagamento".
Un libro nuovo, non scontato, uno stile personale, profondo e difficile come difficile è il messaggio che propone, un messaggio di libertà e di onestà che sembrano, nel sistema attuale, ardue da raggiungere, da conquistare.
Un’utopia di libertà che forse è propria solo dei folli, ma a volte sono proprio i folli a tracciare la rotta ("…I sani di mente credono la fine del mondo dove i visionari ne colgono appena l’inizio e se questi gettano l’occhio fin’anco dove non si vede, i primi arretrano per timore di non ritrovare più la via di casa. Ma sono i secondi a tracciare la rotta").

Stefania Gentile

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