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Strumenti musicali nel mondo

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Strumenti musicali nel mondo
Lo scacciapensieri

Io non voglio parlare di strumenti musicali così per dire. Li devo anzitutto avere, sperimentare… E mentre la mia casa già piccina picciò si stipa degli strumenti musicali più o meno comuni come chitarre, percussioni, tastiere e violino, ma anche di stravaganze come kalimba, kazoo, didjeridoo, bastone della pioggia e avanti, ora eccomi alle prese con lo scacciapensieri, per fortuna di gran lunga meno ingombrante. E come tutti gli strumenti musicali che si direbbero facili da suonare perché a orecchio, senza bisogno di sapere le note, sul piano di realtà, si rivelano poi un’altra cosa. Come suonarlo correttamente? Sembrava facile, ma la linguetta di metallo mi si sbatte spesso sui denti. O il suono alle volte è impuro, "frigge" come la corda della chitarra quando non sia ben premuta sul tasto. La cavità orale non amplifica il giusto, i suoi movimenti della bocca non modulano altezze melodiche come sentiamo fare a certi virtuosi di musica folk.

Lo scacciapensieri è da noi pensato come un tipico strumento musicale tradizionale di Sicilia e Sardegna, ma è invece noto già da gran tempo nel mondo intero, dalla Spagna al Nord America, dal Viet Nam al Giappone, dalla Yakutia (Siberia) al Kyrgyzstan e avanti. E non è affatto uno strumento con cui ben poco di musicale si possa fare. Un esempio, per altro di somma bravura, è una incisione di cui dispongo per chitarra e scacciapensieri della melodia scozzese "The flower of Edinburgh" (per altro attribuita al mio omonimo Davide Riccio o anglicizzato David Rizzio 1533-1566), ripresa da un gruppo di musica tradizionale scozzese (Lindsay Porteous & Friends) dove il suonatore di scacciapensieri in questo caso riesce praticamente a doppiare con gli armonici l’allegra melodia a velocità e precisione di crome in modo che sembra praticamente fedele a quella parallela di chitarra solista. Versione filologicamente corretta, se pensiamo che lo "scacciapensieri" fu proprio uno strumento, se non proprio di origine inglese, in Inghilterra e Scozia diffusamente impiegato tra XV e XVI secolo. Già, chi l’avrebbe mai detto che lo strumento pensato il più meridionale di tutti in Italia, fosse al contrario il più nordico e scozzese!
Lo strumento, in diversa forma, potrebbe aver avuto origine nelle aree culturali-pastorali arabe. Gli scacciapensieri più remoti erano però ricavati da un unico pezzo di bambù, dove nella struttura si ritagliava la linguetta sonora. Sono ancora oggi così nelle isole del Pacifico (Polinesia, Micronesia e Melanesia). A dispetto del nome da noi attribuito, a valenza di passatempo, in Nuova Guinea lo scacciapensieri è addirittura considerato sacro ed è utilizzato come strumento cerimoniale, suonato esclusivamente dagli uomini nel corso di eventi religiosi. La guisa "moderna" a ferro di cavallo in metallo si è attestata intorno al 1350 tra l’Europa e l’India. In Italia, dove molti credono avere le sue origini, lo scacciapensieri arrivò appena nel diciannovesimo secolo. Da noi prese dunque il nome di "scacciapensieri", di "aribeba" ed anche, nel dialetto siciliano, di mariolu, marranzanu (o marranzano) e ngannalarruni ("inganna ladroni"). Perché? Perché era uno strumento fra l’altro utilizzato come segnale d’avvertimento ad altri nel caso che qualcuno avesse riconosciuto dei ladri o altre persone sospettate di cattive intenzioni; e serviva altresì da segnalatore per allontanare gli stessi eventuali malintenzionati (t’ho visto, so chi sei, fai attenzione…). Da qui divenne infatti il poi più noto segnale in ambito mafioso. Il suo suono avvisava per altro l’imminenza di un pericolo o di un regolamento di conti. Il che segnerà culturalmente lo strumento, abbinato ormai in modo indelebile a un’idea di Sicilia mafiosa. Molti, scherzando, volendosi riferire a qualcosa di "mafioso" o di "siculo" ne accennano il suono imitandolo con la voce. In Sicilia divenne ad ogni modo uno strumento d’obbligo nella composizione delle orchestrine ambulanti di cantori e musici di stramborri, fiori e stornelli, cantati appunto con accompagnamento di zufolo di canna ("Fiscalettu"), flautu, scattagnetti (le castagnette), quartara (o "bummulu", un vaso di terracotta per il trasporto dell’acqua adattato anche a strumento a fiato e dal caratteristico suono), il "circhietto con sonagli" o "tammureddu" (tamburello) e, appunto, lo scacciapensieri.
Quindi, nell’associarvi atmosfere siculo-mafiose niente di più fuorviante, se cerchiamo le vere origini dello strumento. Il così detto volgarmente "scacciapensieri" è dunque uno strumento antichissimo, conosciuto nel mondo come "Jew’s Harp" o "Jew’s Trump"… Arpa o tromba degli Ebrei… Invece non v’è niente di più fuorviante, poiché non v’è nulla di attribuibile storicamente agli ebrei e alle loro tradizioni. Il nome è stato deformato in "Jew’s Harp" da "Jaw’s harp", ovvero arpa a "mascella". Ma, secondo alcuni, anche sul "Jaw" (mascella) potrebbe esserci stato un errore di traduzione dal francese "Jouer" (giocare, ma anche suonare). Ad ogni modo la mascella c’entra e come, dal momento che lo si deve imboccare vicino ai denti. E fu proprio in Inghilterra che tra ‘500 e ‘600 questo idiofono conobbe la sua massima notorietà in Occidente. In Spagna fu nominato "trompa inglesa". E sulla analogia con la tromba v’è invece una definizione più corretta, poiché gli armonici intorno alla nota centrale si ottengono con lo "scacciapensiero" proprio come nelle tecniche utilizzate nel suonare una tromba.

Lo scacciapensieri è catalogato tra gli idiofoni (il cui suono è prodotto dalla vibrazione dello strumento). Qualcuno lo ha invece erroneamente classificato un aerofono, ma il suono è solo amplificato dalla cassa di risonanza della cavità orale, l’emissione di fiato non incide significativamente sull’esito sonoro di base e, quindi, la sua vibrazione non è prodotta dall’urto di una colonna d’aria. Si suona avvicinando lo strumento ai denti, pizzicando con il pollice o l’indice la laminetta metallica, variando aperture e chiusure, dimensioni e forma della bocca per ottenere altre note armoniche oltre quella unica, fondamentale, prodotta dalla vibrazione della linguetta. Le fauci fanno da naturale cassa di risonanza. Anche i movimenti della lingua apportano modulazioni. Il suono è ronzante, arcaico, fondamentalmente monotono (nel senso dell’unica "nota fondamentale"). Oggi è abbastanza raro da sentire nella musica incisa. Il brano più famoso con lo scacciapensieri in primo piano è sicuramente quello previsto da Ennio Morricone nella colonna sonora di un noto spaghetti western. Il suonatore più illustre che si sia ad oggi mai cimentato con lo "scacciapensieri" è forse Dizzy Gillespie, storico jazzista americano. L’unica pagina "classica" dedicata allo scacciapensieri è il "Concertino in Re" del compositore J.G. Albrechtsberger, diciannovesimo secolo. Nelle tradizioni folk di varie parti del mondo è invece ancora uno strumento musicale di certa rilevanza, più vivo e presente che mai. Presso alcune comunità asiatiche è utilizzato nelle serenate amorose e se viene donato a qualcuno viene perfino considerato una proposta di matrimonio. Ma senza allontanarci troppo, anche in Europa ha avuto significati simili. In Austria, nel diciannovesimo secolo, fu addirittura bandito dalle autorità locali in quanto il "maultrommel" era lì considerato al tempo strumento riprovevole di seduzione! In India è stato nondimeno associato a un simbolismo della procreazione e al dio Shiva, e il suono dello scacciapensieri vi è ancora oggi considerato un suscitatore di energia erotica.

Ogni quattro anni si tiene in Europa un Festival/Congresso Internazionale di J-harp: l’ultimo si è svolto in Norvegia nel 2002. Suonatori di questo strumento, accompagnati da altri strumentisti, vi arrivano per l’occasione da tutto il mondo. Cercando su Internet si possono avere informazioni più dettagliate, ordinarne i video e le registrazioni su cd.

Ogni nazione del mondo ha il suo virtuoso di "scacciapensieri". Per farsene un’idea, validi suonatori sono lo svizzero Anton Bruhin, Robert Zagretdinov (dal Baskortostan), Leo Tadagawa (Giappone), Yedil Khusainov (Kazakhstan), Tran Quang Hai (Vietnam), Jocher Hans (Tirolo), Anon Egeland e Svein Westad (Norvegia), Tapani Varis (Finlandia), Phons Baks ed Enno Meyers (Olanda), Gunter Arnold (Germania), Manfred Russman (Austria), Aron Szilagyi (Ungheria), Jerzy Andrusko (Polonia) e avanti. Nomi che non diranno nulla, ma che possono rendere l’idea di quanto lo scacciapensieri (altro che siculo soltanto!) sia patrimonio internazionale. Su questo strumento sono stati anche scritti alcuni libri (nessuno in italiano, tuttavia).

Discografia consigliata:
AA.VV. – J-harp music of the Turkic peoples (Siberia, cd Khomus, 66 minuti). Contiene musiche tradizionali e moderne e musicisti da Yakutia, Kyrgyzstan, Tuva, Bashkortostan, Gorno-Altai.

The Karnataka College of Percussion – River Yamuna (India, cd).
Kirsten Braten Berg – From Senegal to Setesdal (Norvegia/Senegal cd)
Dizzy Gillespie e Arturo Sandoval – To a Finland Station (cd – Usa/Finlandia/Cuba).
Anton Bruhun e Makigami Koichi – Electric eel
(cd – Svizzera/Giappone – musica sperimentale)
Manfredd Russman – Brummeisen (Austria, cd, composizioni per J-harp incluso il "Concertino in Re del compositore J.G. Albrechtsberger)
AA.VV. – The North American Jew’s Harp Festival (Highlights – 1997, musicisti Larry Hanks, Gordon Frazier, Wayland Harman, Frederick Crane, Bille Janet Goring ed altri).
Inutile cercare questi dischi nei negozi. Facendo qualche ricerca su Internet troverete il modo di ordinarli e acquistarli on line.

Davide Riccio

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