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L’appartamento spagnolo

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L’appartamento spagnolo

Xavier ha 25 anni, ed è uno studente universitario di economia. Siamo ormai alla tesi di laurea, e si spalancano per lui le porte di un radioso futuro. Ha già assicurato il posto al Ministero delle Finanze, grazie all’aiuto del padre, ma per essere perfetto gli viene richiesta la conoscenza della società spagnola e della relativa realtà economica, nonché della lingua. La soluzione scontata è di iscriversi attraverso "Erasmus", il progetto universitario europeo di scambi culturali, a corsi di economia in Spagna ed andare a vivere per un anno a Barcellona. La cosa non sarebbe tanto clamorosa, nonostante la burocrazia universitaria renda le cose complesse, se non fosse che Xavier è poco propenso a lasciare Parigi nonché la sua fidanzata Martine, per addentrarsi in un ambiente a lui totalmente sconosciuto. Ma la partenza è inevitabile, nonostante la difficoltà del distacco.
L’arrivo a Barcellona è ovviamente traumatico, difficoltà di lingua ma soprattutto di alloggio, saltato il contatto con un conoscente della famiglia, e Xavier decide di sistemarsi per un po’ da una coppia di sposi francesi conosciuti in aereo, un po’ pedanti, ma gentili nell’offrirsi ad ospitarlo in attesa di tempi migliori. Anche i corsi universitari si rivelano ostici per l’utilizzo del catalano come lingua ufficiale. Ma è qui che comincia a fare le prime conoscenze, e diventerà fondamentale il legame con Isabelle, una ragazza belga anche lei in grande difficoltà con l’alloggio. Dopo diversi colloqui per la ricerca di una sistemazione, finalmente Xavier trova da dividere l’affitto in un appartamento con altri studenti Erasmus: Lars (danese), la sua compagna Soledad (spagnola), Alessandro (italiano), Helmut (tedesco), e Wendy (una ragazza inglese). La compagnia si rivela essere ben affiatata, cui ben presto si unirà Isabelle dopo un improvviso aumento della quota di affitto, e successivamente William il fratello di Wendy.
Ovviamente la convivenza fra ragazzi di tutte le nazionalità con i loro caratteri differenti, crea situazioni imbarazzanti e comiche. Xavier si integra sempre più nella realtà spagnola frequentando locali caratteristici e conoscendo nuovi luoghi e persone. In particolare è molto forte l’amicizia con Isabelle, che nel frattempo si scopre essere lesbica, la cui esperienza nel campo femminile la rende prodiga di utili consigli, anche sessuali. Xavier si sta infatti allontanando progressivamente dalla sua Parigi e da Martine. Questo coincide con l’inizio di una storia con Anne Sophie, la moglie della coppia francese conosciuta in aereo. Ovviamente tutte le storie hanno un termine. Xavier viene lasciato telefonicamente dalla sua ragazza parigina, e questo gli procurerà un periodo di depressione con "visioni" oniriche di un Erasmo da Rotterdam che gli parla, lascerà la sua "francese" di Barcellona, dopo un colloquio con il marito già a conoscenza del tradimento della moglie, ed anche il periodo di permanenza in Spagna ha termine. Ma il ritorno a Parigi lo vede un po’ straniero e comincerà a vagare nei luoghi che tradizionalmente i parigini non frequentano perché frequentati da stranieri e turisti. Anche il lavoro si rivela deprimente, e Xavier decide di fare quello che sempre voluto fare fin da piccolo: scrivere storie, cominciando proprio dall’appartamento spagnolo in cui ha vissuto felicemente per un anno.
Il film di Klapisch, di cui si era visto in Italia il bel precedente "Ognuno cerca il suo gatto", non è un film clamoroso. Rientra in quella fascia di film carini, che si fanno guardare, soprattutto da un pubblico più giovane, per la verve comica di alcune situazioni, e perché ci da uno spaccato divertente del mondo universitario del progetto Erasmus, porta di quell’integrazione ed unione europea, nodo cruciale della politica di questi ultimi anni.
L’effetto che provoca è più un nostalgico desiderio di viaggiare e di conoscere altre persone, di crearsi occasioni di incontri, lanciarsi, anche se costretti, in situazioni sconosciute, mettendo da parte per un po’ le proprie sicurezze (casa, lavoro, ragazza) e scoprire se stessi in altri contesti. A volte un po’ ingenuo, soprattutto nell’utilizzo di stereotipi da barzelletta (italiano casinista e scansafatiche, tedesco inquadrato e maniacale, inglese hooligans e sbruffone), rimane comunque sospeso e non riesce ad andare molto al di là della commedia alla "Friends". Ma forse piace proprio per questo. Ultima nota: questo film è il simbolo di come ormai il doppiaggio cinematografico dovrebbe essere abolito, o per lo meno utilizzato intelligentemente per le pellicole che non ne vengano troppo stravolte. È assurdo doppiare il protagonista francese in italiano, quando nell’appartamento si parlano tutte le lingue europee, anche l’italiano.

Andrea Leonardi

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