KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Intervista a Frank Orrall

5 min read

Intervista a Frank Orrall

Alla vigilia della prossima doppia uscita che lo vedrà protagonista (si attendono a breve sia il nuovo Poi Dog Pondering che il full-length degli 8fatfat8), Frank Orrall mi ha gentilmente concesso questa intervista via e-mail. L’interposizione del mezzo elettronico ha, spero, fatto sì che la grandissima stima ed ammirazione che nutro verso questo artista unico non abbia del tutto compromesso la mia capacità di porre domande sensate… Ringrazio per la collaborazione anche Tina Strasser, la quale ha gentilmente passato le mie domande al destinatario consentendomi di realizzare quanto segue…

La straordinaria evoluzione subita dalla musica dei Poi Dog Pondering attraverso gli anni è stata in qualche modo pianificata, o consapevolmente tesa a raggiungere una specifica qualità del suono che avevi in mente? Oppure si è svolta spontaneamente, riflettendo semplicemente quello che stavi provando nel momento in cui scrivevi i vari brani?
Direi che è avvenuta spontaneamente: ogni volta ho risposto emotivamente ed intuitivamente agli stimoli che suscitavano il mio interesse in quel preciso momento, tanto in sede di scrittura che di registrazione. E’ questo che ha portato il nostro sound a cambiare senza sosta.

Come si dispiega il processo creativo nelle canzoni degli ultimi album, dove è impiegato un numero rilevante di strumenti e di musicisti?
Solitamente metto insieme un certo numero di demo e li passo agli altri membri della band: quando qualcuno di essi si mostra particolarmente ricettivo verso questa o quella traccia, allora la sviluppo con loro. Questo schema ha permesso all’ultimo disco di sfoggiare un sound perfino più vario del solito, e di emozionante impatto melodico. Per quanto riguarda gli strumenti, ci limitiamo ad ascoltare la canzone ed immaginare quali potrebbero starci bene: talvolta un brano è costruito attorno ad un particolare strumento.

E’ sempre lo stesso? Oppure strumenti chiave e linee melodiche principali si alternano nel fornire la spina dorsale dei vari brani?
Lo schema cambia tutte le volte. Sebbene una volta fossi solito creare i brani a partire dalla chitarra ritmica, oggi come oggi comincio il più delle volte dalle tastiere o dai samples. Solitamente le partiture per la batteria e le percussioni sono realizzate nelle prime fasi del processo di scrittura, dal momento che quelli sono stati i miei primi strumenti; poi arriva la melodia. I testi vengono quasi sempre per ultimi, e sono scritti separatamente.

Se puoi isolare un solo titolo, qual è la tua canzone ed il tuo album preferito nella discografia dei Poi Dog Pondering? Solo per come suonano, oppure per qualche altra ragione personale?
Del primo album (omonimo, ndr) mi piace Pulling Touch, per come funziona a livello di musica e melodia, e Falling, perché trovo che qui la musica e le parole vadano letteralmente a braccetto; inoltre, trovo fantastica la voce e lo stile di Abra.
Nel secondo disco (Wishing Like a Mountain and Thinking Like the Sea, ndr) sceglierei Bury Me Deep per il testo.
Da Pomegranate mi piacciono Catacombs, per l’orchestrazione e per il testo molto intimo, e God’s Gallipoli, per l’immediatezza delle parole.
Di Electrique Plummagram adoro lo strumentale Diva: per me rappresenta una sorta di settimo cielo uditivo.
Tra i brani di Natural Thing penso che Tracery / Tana Dery Na comunichi grandi emozioni: in questo senso penso sia uno dei più vibranti strumentali che abbiamo mai scritto.
Del nuovo album In Seed Comes Fruit indicherei Simple Song. Mi piace per la maniera in cui funziona: parte dal cuore, sale fino alla testa e poi ridiscende nuovamente al cuore.

Quali sono state le tue primissime influenze musicali che ti hanno spinto ad intraprendere questa carriera?
Nel senso più ampio del termine, direi la musica folk. Musica suonata dalla gente per la gente. Musica proveniente da tutto il mondo: America, Polinesia, Africa, Giamaica. Musica onesta.

C’è qualche artista in particolare che consideri un modello per il tuo modo di fare musica?
Ho amato molto la Penguin Cafe Orchestra.

Qualche giovane band che in futuro (un futuro però molto lontano, spero!) vorresti ricevesse il testimone dal tuo gruppo?
Onestamente non sento di avere un vero e proprio testimone da passare. Solo, mi piace pensare che qualcuno dopotutto sia stato ispirato da noi, visto che così tanti hanno contribuito ad ispirare noi!

Qualche artista con cui ti piacerebbe collaborare un domani, non avendone fin qui ancora avuto l’opportunità?
Direi LaMonte Young.

Chicago (fulcro dell’attività di Frank, ndr) è anche la città d’origine degli Smashing Pumpkins, uno dei gruppi più in vista del rock anni ’90. Ora mi chiedo, cosa c’è di così speciale nella Windy City per far sì che sia diventata la casa di due dei miei gruppi preferiti di sempre?
Quello che c’è di veramente buono è che si tratta di una grande città in cui gli affitti non sono così male, dunque si può sopravviverci dignitosamente con i guadagni della professione di musicista. Inoltre alla gente di qui piace parecchio uscire di casa per andare a ballare o per ascoltare musica dal vivo.

Cosa mi puoi dire della scena underground locale?
Ho smesso di frequentare i locali di musica rock otto anni fa: troppo noioso, tutti là con la loro birra in mano cercando di non mostrare mai alcuna emozione… Mi sono avvicinato allora alla scena house, che mi ha aperto gli occhi: la gente che ama la vera house ama la musica in generale, e non si vergogna di mostrarlo ballando o urlando a squarciagola.

Potresti dirmi in due parole cosa significano per la tua carriera le esperienze con Palm Fabric Orchestra e 8fatfat8? Sono sorte per rispondere a qualche particolare stimolo creativo che sentivi di non poter soddisfare nell’ambito dei Poi Dog Pondering?
In realtà Palm Fabric Orchestra era stato inizialmente pensato come terzo album dei Poi Dog Pondering, ma la Sony/Columbia lo ha odiato a tal punto da minacciare di rescindere il nostro contratto: quello fu l’inizio della fine del nostro rapporto con loro, per quanto alla fine ce lo abbiano lasciato pubblicare comunque con un nome diverso. E’ il mio disco preferito: vorrei che fosse suonato al mio funerale.
8fatfat8 invece è un mio progetto solista, teso a portare alla luce la mia musica più prettamente strumentale, elettronica, d’atmosfera.

Questo è quanto. Consigliandovi ancora caldamente di assaporare personalmente la multiforme proposta musicale di Frank, mi rimetto in attesa delle prossime uscite confidando pressoché ciecamente nella loro qualità…

Fabrizio Claudio Marcon

Commenta