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Ad Istanbul, tra pubbliche intimità – Enrico Pietrangeli

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Edizioni Il Foglio
 
” Si cela oltre il confine
  segnato sui nostri corpi,
  nutre una speranza sincera
  e dimora nella terra,
  nell’armonia accordata
  ai primari elementi.”                                             (Alchimia – pag. 21)
 
Già questi versi sotterranei, esoterici, intensi, luminosi e  veri, ci convincono che Enrico Pietrangeli scrive, vive e rivive la poesia, la parola poetica, in modo liturgico, profondo: baudelairiano, rimbaudiano, lautréamontiano, rivelandosi poeta DOC. Scrutando l’interno della sua monade, di sé, e il mondo fenomenico di fuori, che lo stritola e lo avvince, non può fare a meno di stupirsi e di rendersi conto che tutto ciò che gli si manifesta davanti agli occhi, è frutto di una ” Invisibile alchimia”, di un miracolo che si compie ogni attimo nell’eterno divenire mai uguale.
“L’ermetica formula”, a cui Pietrangeli attribuisce la scaturigine di ogni cosa, di ogni forma vivente nell’universo, è il Verbum, l’Om, l’embrione sempre espanso che somministra linfa vitale, per rigenerare.
Nulla del mondo fenomenico sfugge ai sensi del nostro poeta, che non dà mai per scontato l’alternarsi del giorno e della notte, il sorgere e il tramonto di luna e sole, lo sfavillio delle stelle, il mutare delle stagioni, restando sempre ammirato di fronte alle miriadi e quotidiane epifanie della natura, spingendosi anche oltre gli stessi  sensi, verso l’intangibile, verso il Noumeno.
 
“Si leva acre odore di polline,
 è denso e forte, ma scorre oltre,
 è un antico sangue redento
 al magico rituale della vita;
 vorrei che fosse primavera,
 è un inerme calendario che pende.”                    (Primavera – pag. 43 )
 
La ” Ermetica formula”, Il “Magico rituale”, il ” Sangue redento”, il “Lago fondo e chiaro”, sottendono l’azione di uno Pneuma sempre operoso, immanente e trascendente che, docile e certosino, non disdegna di farsi simile all’uomo, volando basso, per consentirgli di correggere le imperfezioni di cui è impregnato, continuando a scalpellarne la sua sagoma e a raffinarne il nerbo vitale, l’istinto, l’intelletto.
 
“E’ un lago fondo e chiaro
 d’impeccabile innocenza
 e vi scorre dentro altera
 pupilla senza più ragione
 diritta scorge e solca
 remoti labirinti d’animo
 e ignudi  vermi che siamo
 ci voltiamo ignorandolo.”                                     (Il pazzo – Print Remix – pag. 58)
Anche l’aspetto essoterico, la navigazione in superficie, attraversando capitali europee, incontrando culture ed etnie diverse, le vicende amorose, le amicizie, il sociale, il politico, non sono meno pregnanti delle esplorazioni verso il suo intimo. Il titolo stesso della silloge “Ad Istanbul,tra pubbliche intimità”, con il suo senso ossimorico, sintetizza un orientamento molto singolare e interessante, di poetica e stilemi. La mitica Istanbul, con i suoi dorati minareti, l’antica Costantinopoli, la Bisanzio, crocevia di religioni, è attraversata come in un sogno che segna il passaggio dal suo splendore alla sua decadenza; quella stessa Bisanzio cantata da Yeats, come simbolo di eterna giovinezza, in “Sailing to Byzantium” “Rapiti in quella musica sensuale, tutti trascurano / i monumenti dell’intelletto che non invecchia”. Quell’antica e moderna Istanbul, dove  gli annunci dei Muezzin, risuonano reiterati sulle creste delle cupole per ricordare che nulla è mutato, e che la eco dello Spirito sovrasta storia e fiaba e tutto include.
 
 
“A  Santa Sofia,
 sconsacrata sapienza divina,
 giacciono accantonati
 amorfi ruderi bizantini;
 …………………..
 A  Santa  Sofia,
 prima tra tutti i templi,
 dove splendore e decadenza
 colorano balocchi d’infanzia
 tingendo gli ammalianti interni.”
 
Enrico Pietrangeli sa militare bene, nei meandri della consapevolezza, senza annoiarsi. Il suo andare nella vita, sperimentando ogni dove le sue possibilità di esistere, lo plasma soggetto sempre nuovo in continuo ascolto, orecchio teso alla propria parola, ma anche ad altri suoni e messaggi che giungono freneticamente dall’esterno. I suoi versi si impastato di sapori personali e collettivi, indagando anche l’oltre, l’escatologico. Potremmo definirli con la propatiana espressione di “Solo un poema rotolante”, “Versi sporchi di vita”. Scaglie di un formaggio ben stagionato, che portano l’odore intenso del vissuto. Scrittura autentica, dunque, che sa trasmettere la sua luce e le sue ombre, ostinandosi a tenere accesa la lampada dell’Utopia.
 
” Cerco sangue fraterno, vivo,
 dove, cauto, lasciarmi andare.
 Abbraccio la mia sola utopia
 per poi tornare a  naufragare.”                                       (A M.C.)

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