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Voci che sussurrano (I)

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Voci che sussurrano (I)

Siamo giunti anche quest’anno alla tanto attesa pausa estiva; e questo numero, “doppio” non tanto come quantità di articoli, quanto per il suo uscire intorno alla fine di luglio, onde inglobare anche agosto, è il regalo di tutti noi ai tanti lettori della rubrica… sfortunatamente non sarà per voi possibile leggerne i contenuti sotto l’ombrellone, o in tenda, la sera, ma ci auguriamo che riusciate ad approfittare di queste giornate di maggiore libertà per meglio valutare queste pagine, e magari anche quelle degli ultimi mesi.
Forse un malcelato orgoglio di redattore (e di autore) mi fa pensare che le cose stiano continuamente migliorando; forse, una seconda o terza lettura di questa poesia o di quel racconto mi fa pensare che qualcosa di grande, piano piano, stia accadendo… lo ammetto, spero vivamente che questo spazio possa essere un “virtuale” trampolino di lancio per molti degli autori… magari non per visibilità, ma per
“presa di coscienza”, per acquisita consapevolezza. Molti dei collaboratori sono, a mio parere, bravi. Quasi tutti, comunque, sono in crescita. Quasi tutti sembra stiano affinando di volta in volta il loro stile, o lo stiano comunque ampliando, o ne stiano saggiando i limiti.
Se le cose vanno come ci auguriamo questo “ambiente”, questo minimo
“cafè letterario” (sicuramente inferiore a tanti altri che mi sto dilettando ad esplorare proprio in questi giorni), potrebbe diventare più ampio, più luminoso… più raggiungibile. Senza nulla togliere, ovviamente, a tutte le altre rubriche di KULT Underground.
Ma chissà, forse questa sezione, tra tutte, la considero in qualche modo più universale, più semplice da farsi piacere, più tristemente cupa, malinconica, distante da quel mondo di luci e colori in cui si trova collocata… più viva.
Poi, sì, ricordo di essere il direttore di una rivista, oltre che il redattore di queste brevi pagine, e, beh, i pensieri si moderano. Ma forse qualcuno ha capito cosa voglio dire, e lo condivide. O forse no.
Comunque sia, l’importante è che questo spazio ci sia e riesca ad acquistare vigore: per i lettori, che troverebbero così opere più intriganti da assimilare, e per gli autori, ai quali un confronto diretto, un minimo minimo di “antagonismo” potrebbe servire da sprono.

Si stava quasi già pensando di indire un secondo concorso letterario
SUSSURRI. Ma prima di iniziare questo giro una seconda volta, vorremmo sapere le potenziali adesioni, o le opinioni dei lettori, e perciò, se durante questo periodo vi capita a mano un Internet Cafè, o avete deciso per un abbonamento (anche light, dalle 18 alle 8), non esitate a mandarci un mail… lo so, il nostro servizio di controllo posta
(sia cartacea sia elettronica) è un po’ carente, e MOLTE missive sono adesso a prendere il sole sulla spiaggia dei plichi dispersi, ma chissà, magari sarete tra i fortunati che riusciranno a mandare commenti-consigli-suggerimenti alla redazione. Avete le stesse probabilità che fare un dodici, solo non vincerete in nessun caso nemmeno una lira.
Conveniente no?
Scherzi a parte, siamo seriamente interessati ad un feedback da parte dei lettori sull’eventualità di una seconda iniziativa del genere… e non dimenticate, in caso mandiate messaggi più o meno virtuali (a me anche le cartoline non fanno schifo), di prendere in considerazione pure le proposte di SCOPRIAMO (vota la rubrica migliore – proponi la risposta più accattivante).

Dite che l’ho tirata troppo per le lunghe? Vabbè, iniziamo allora…

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E apre la consueta carrellata di materiale per SUSSURRI il quinto classificato al concorso promosso da questa rubrica: L’ultimo suono del tutto di Marco Giorgini. Votato dalla giuria, (che come ricorderete ha ricevuto i racconti “anonimi”, privi cioè di ogni riferimento all’autore) complessivamente 30,5 punti, si colloca appena dietro Nonumes, nella parte “centrale” della “graduatoria”. Giudicato sommariamente neutro, è stato apprezzato lo stile moderno e qualche passaggio, mentre è stato criticato il suo messaggio fortemente fatalistico, e la mancanza di un contesto preciso entro cui riuscire a racchiuderlo.

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Dopo qualche mese di attesa, ecco che in questo numero doppio riusciamo a pubblicare una nuova opera dell’inglese Asif Khan:
Friends. Testo in rima dal ritmo veloce, che sottende, in un gioco di sillabe e richiami, un profondo significato emotivo. La scelta stilistica di comporre in questa forma i versi, in parte alleggerisce il valore complessivo, rendendo forse a tratti forzata qualche espressione, ma conferisce all’insieme un gusto di “ballata” che non risulta affatto pesante. Un buon lavoro, ben strutturato e organizzato, che riesce in poche parole a formare ottime immagini su un sentimento concreto e valido come l’amicizia.

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Cesare Mortera, conosciuto su KULT Underground per le sue brevi ed intense poesie dal gusto acre e dal tono triste, si propone questo mese con un testo in lingua inglese: “Your present absence”, la tua
“presente assenza”. Questa sua “prima volta”, seppure con l’impressione che la scelta di qualche termine (scelta addirittura ottima) sia magari costata qualcosa in attimi di spontaneità espressiva, mostra un’ottima predisposizione e una elevata evocatività delle figure presentate. Sicuramente non molto inferiore alle sue migliori produzioni in italiano, alle quali questa volta si aggiunge il vento freddo e la nebbia di una perfetta Londra settembrina, che fanno da corolla ad una vicenda senza data. La concretezza mentale dell’assenza di una persona cara difficilmente poteva essere resa più limpida.

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Il terzo brano in lingua inglese di una rubrica SUSSURRI (quasi anglofona nella sua parte relativa alle poesie) è May (farewell) del conosciuto Untold Evening Tales. Addio, o forse solo arrivederci, a qualcuno che si allontana, qualcuno importante, che lascerà nel cuore dell’autore più che una cartolina da tenere nella mente solo per le giornate grigie: questo è il tema di un breve testo che Untold Evening
Tales vuole proporre in questo momento estivo. Sicuramente più leggera di altre proposte, ma non per questo banale, o povera espressivamente: d’effetto alcune pennellate del quadro complessivo, e buono lo schema narrativo, il motivo, cioè, sul quale tutta la composizione trova il proprio ritmo.

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L’ultima poesia di questo numero estivo è la terza ed ultima parte di
Oasis: Labirint Mind di Mia Preti. In effetti considerare “poesia” quanto proposto è ancora più arduo questo mese, rispetto ai precedenti. Lo stile, ruvido e scarno, tende infatti più alla prosa, ad una sorta di diario interiore, che ad un componimento in versi. Le prime due parti, soprattutto hanno la forza espressiva e le strutture di un dialogo con se stessi… un filosofare in cui la forma in versi diventa quasi inconsapevole. Altro discorso per l’ultima e titolata parte: se tu fossi qui. Il lirismo infatti sembra riaccendersi, e alcuni passaggi sono, nella loro immediatezza, estremamente vividi ed intensi. L’ottimo lavoro viene appena smorzato dall’ultima strofa (a mio modesto parere forse un po’ infelice come tono) che comunque non pregiudica la forza complessiva dell’opera. Difficile dare un giudizio complessivo a questo “quaderno poetico”, da noi proposto in tre parti, in quanto spesso il livello tra le singole parti è impari, ma sono sicuro di avere buona parte dei lettori con me nell’affermare che il filo conduttore sia ben presentato nell’insieme, e che non in pochi punti il livello del testo sia estremamente interessante.

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Anche se giunto sul filo del rasoio (cosa che capita regolarmente ogni mese ad almeno un opera o due), siamo lieti di introdurre la parte relativa ai testi in prosa con il racconto di fantascienza Futuro.
Questo testo, ideato da Massimo Borri, ripropone con uno stile scientifico ma ricco di autoironia l’eterno conflitto uomo-macchina; la tecnologia, nel mondo in cui veniamo proiettati fin dalle prime righe, è un’amica perniciosa dell’essere umano, e in un crescendo di immagini (che ricordano come tonalità quelle di Fahrenheit 451 di Ray
Bradbury) il protagonista si getta in una fondamentalmente paradossale
“ricerca del motore immobile”… la trama, sia pure nella sua classicità, viene svolta con ottimo equilibrio fino a giungere ad un finale ad effetto che vi consiglio di non perdere… come vi consigliamo del resto di prestare attenzione ai molti “ricami” che si appoggiano a riferimenti al nostro mondo di oggi, gradevoli e ben distribuiti.

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Il secondo racconto di questo mese è Le ombre della sera di Marco
Giorgini. Non poco differente sia come stile sia come contenuti da
L’ultimo suono del tutto o da La staffetta, ne esalta la ricerca di forme particolari e di immagini complesse. La storia, presentata come una memoria di un ipotetico passato si sviluppa forse un po’ caoticamente in un misto tra il flashback di un singolo episodio, ed il ricordo di un’intera età, per giungere ad una riflessione generica su di se e sul proprio modo di vivere le cose.

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Dopo averci stordito con lo splendido e kafkiano “De Profundis” Luca
Lanzoni si presenta questo mese con un testo di tutt’altro genere, ma sicuramente altrettanto ben organizzato e ottimamente scritto: lo sfogo. Dialogo tra due amiche, o meglio “monologo” di una ragazza di fronte ad una amica, su di “Luca”, ragazzo dai mille problemi innamorato della stessa: questa a prima vista sembrerebbe la trama. Ma ad ogni affermazione di Lella, la protagonista, qualcosa sembra scavare più a fondo, fino a creare un meccanismo di immagini, in cui gli estremi sembrano avvicinarsi, ed in cui l’introspezione personale della narratrice sembra ricavare una silhouette ben diversa da quella che lei stessa vorrebbe presentare… molta buona la forza del dialogo, e ben azzeccati sia i toni sia gli episodi raccontati.
Racconto sicuramente da non perdere.

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Dal concorso “La rete del giovane Holden”, questo mese abbiamo deciso di estrarre Cieli blu cobalto di Daniela Malagoli. Poesia breve, organizzata in tre strofe, dotata di ritmo ed intensità espressiva. Il finale, in cui una speranza, anche se metafisica, contrapposta alla ben più concreta e cruda realtà, si affaccia cambiando il senso del colore che tutto dipinge, mostra una buona capacità nella scelta delle immagini e delle parole, e sfuma, in qualche modo, il vibrante effetto della prima parte.

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Sempre proveniente dall’ottima messe del concorso di Holden giunge anche un racconto dal titolo difficilmente comprensibile: 003NO di
Alberto “BONAZ” Bonazzi. Testo strano, appoggiato su di un breve tragitto in treno e ritagliato tra filosofia letteratura e arte. L’uso delle parole sembra cambiare riga dopo riga i colori della narrazione, passando da immagini classicheggianti a quelle della più moderna letteratura cyber; le riflessioni diventano spesso un flusso incontrollato, caotico, senza trascendere mai in un vero e proprio
“pensiero libero”, ma trascinando velocemente il lettore da un tema all’altro, da una “figura” ad un’idea. La semplicità delle forme grammaticali, su cui vengono “incollati” azzeccati riferimenti culturali, rendono il testo sicuramente valido.

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Solo due consigli già dati vi separano ancora dalla “firma” di questo articolo, ma se avete ancora un secondo non saltateli: durante queste vacanze leggete… non importa cosa… ma un libro o due, nel vostro zaino, metteteceli… e, e qui si va sicuramente sul difficile, scrivete. Una poesia per qualcuno che vi è caro, un resoconto di una serata interessante, o di una giornata da incubo. Magari un racconto.
O una favola.
E se una volta che avete i vostri brani nero su bianco fateli leggere a qualcuno… o magari, spediteli a noi, affinché possiamo darci un’occhiata, e magari renderli ancora più pubblici.
Come ho poi detto all’inizio, se avete un francobollo che vi avanza e c’è una cartolina che vi sembra significativa… beh, il nostro indirizzo lo sapete no? No? Provate a mandarle a KULT Underground c/o
Biblioteca Rotonda di Modena (41100)… secondo me arrivano…

Buone vacanze… e buona lettura!

Marco Giorgini

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