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Vanni Santoni e Gli interessi in comune

9 min read

le leggende da bar, la mitologia, il tragico epico mondo dei giovani, la letteratura

 

 

Quando ho deciso di intervistarti, oltre ad aver studiato i tuoi libri ho studiato te, sulla “rete”. Ed è proprio dalla “rete” che vorrei partire, imprescindibile quando si parla del tuo percorso artistico e umano. Se dico internet, tu cosa dici?

Dico “opportunità”. L’opportunità di farsi leggere anche se non si è ancora pubblicato niente di importante, la possibilità di ricevere in tempo reale i commenti dei lettori, la possibilità di farsi conoscere e arrivare alla  pubblicazione anche se non si hanno le famose “conoscenze”. Internet è uno strumento incredibile per chi scrive, e l’avvento dei blog lo hanno reso accessibile anche a chi non sa di HTML.

 

Il tuo primo romanzo si chiama Vasilij e la morte. Qual è la sua storia letteraria e umana? Hai intenzione di pubblicarlo, data la “marcia indietro” della casa editrice che doveva farlo?

E’ un piccolo libro molto amaro, ma pieno di episodi divertenti. Una commedia tragica, un po’ come tutto quello che scrivo. E’ un romanzo incentrato sul sesso e sui sentimenti, o meglio, sul mondo di quelli che Elio chiamava “rapporti tra giovani uomini e giovani donne”. Non escludo di tirarlo nuovamente fuori dal cassetto, se qualcuno vorrà pubblicarlo, in effetti sto valutando l’idea di effettuare una nuova stesura.

 

 

Due i tuoi romanzi pubblicati, Personaggi precari e Gli interessi in comune: come riassumeresti, in una frase, l’uno e l’altro? Come li racconteresti in due parole a un tuo ipotetico figlio?

Un esercizio ben riuscito e un passo avanti verso la prosa a cui voglio arrivare.

 

Personaggi precari nasce a puntante, sbarca su internet (penso a Nazione Indiana) e sulla carta stampata, viene pubblicato in licenza creative commons, vince un concorso importante, penetra anche ne Gli interessi in comune, in quelli che chiami “capitoletti” (vs i “capitoloni”). Quanto sei legato a questo libro, quanto fa ancora parte di te? Quanto ha significato per te pubblicare con la licenza creative commons (io lo trovo un grande “atto d’amore” per la letteratura)?

“Personaggi precari” mi ha aperto porte che non osavo sognare: grazie alla visibilità ottenuta con quel libro sono riuscito a pubblicarne un altro con Feltrinelli, e oggi tengo una rubrica dedicata proprio ai personaggi precari sull’edizione toscana del Corriere della Sera.

Ma soprattutto, i personaggi precari – penso ai primi, quelli del blog – mi hanno permesso di ricevere da subito del feedback da parte dei lettori, di capire che quello che scrivevo piaceva, e molto. Un passo importante fu quando mi contattò Gherardo Bortolotti, il direttore di GAMMM, una rivista online che pubblica testi di livello molto alto; mi chiesi: “ma devvero questo vuole i miei lavori?”. La conferma definitiva, poi, fu ricevere due vere e proprie messi di elogi in risposta alle selezioni pubblicate su Nazione Indiana… Il pubblico di quella rivista è molto colto e non è certo solito elogiare a casaccio.

Per quanto riguarda la licenza Creative Commons, io cerco sempre di pubblicare tutti i miei lavori in questo modo, mi sembra innanzitutto un dovere morale. Con “Gli interessi in comune” purtroppo non è stato possibile, ma non dispero di tornarci sopra in futuro.

 

Credo che Personaggi precari sia un libro molto coraggioso. In un’epoca in cui la trama la fa da padrona, in cui un libro non esiste senza un intreccio che colleghi tutte le vicende e i personaggi di un romanzo, in cui – anche grazie al boom del noir – più si tiene il lettore sulle spine più il romanzo ha successo, tu hai scelto di inventare un genere, di scrivere un libro che sia un mix di generi diversi, di stimolare e affascinare il lettore appassionato e attento ma anche di non facilitare il compito della lettura a un lettore che, invece, non ha voglia di scavare un po’ più a fondo, nel cuore del libro. Ce ne parli?

Ne hai già parlato molto bene tu adesso, e molto è stato detto da gente ben più competente di me.  Io posso dire ai lettori interessati di andare a questo indirizzo e scaricare la versione PDF del libro: http://myfreefilehosting.com/f/c6e5337d65_0.31MB

 

Personaggi precari, come Gli interessi in comune, è un libro tempo fruibile e sociale – affronta una delle questioni più scottanti della nostra società – ma, allo stesso tempo, ricco e profondo. Credo che il suo valore letterario sia molto alto anche perché non è solo il contenuto a dimostrare la precarietà e l’eterogeneità dei personaggi e delle situazioni, ma anche la lingua scelta, il ritmo, il fraseggio. Che ne pensi?

Ti ringrazio per l’apprezzamento, quando mi sono messo a ricomporlo a partire dai testi pubblicati online, perseguivo proprio questi obiettivi. Si può fare di meglio, però: sto infatti lavorando a una versione rivista e ampliata, che includa anche le selezioni uscite su Nazione Indiana e GAMMM, oltre a un po’ di inediti.

 

Gli interessi in comune è, allo stesso tempo, un romanzo, una raccolta di racconti, una fiction, una tragedia in stile greco classico, un trattato sociologico, un manuale di storia contemporanea, un dizionario sulle droghe, un vocabolario attraverso cui tentare di capire i giovani, una testa di ponte tra giovani, adulti e anziani. Ce ne parli? Leggendo il tuo romanzo, saltano fuori continuamente riferimenti letterari altissimi – appositamente nascosti nelle pieghe del testo perché non risultino eruditi e autoreferenziali – che ispessiscono il portato culturale e umano del tuo libro. Settanta stesure. Due anni di lavoro. Chi sei prima e dopo Gli interessi in comune? Ci racconti la genesi e la nascita di questo romanzo?

Sono un po’ più esperto, un po’ più soddisfatto della mia prosa e molto più umile perché ho capito cosa significa lavorare duramente su un testo.

Il romanzo nasce dall’idea di mettere insieme, in modo coerente, un vasto “corpus” di leggende da bar e aneddoti di paese, facendo venir fuori la dimensione mitica che questi acquisiscono una volta che divengono vera e propria tradizione orale dei rispettivi bar e paesi. A questo si è aggiunto il desiderio di scrivere un romanzo a tema giovanile che fosse realistico e non moralista. Il resto è venuto scrivendo, io amo molto la letteratura antica e il teatro classico, sono appassionato di storia contemporanea e ho una formazione sociologica,  è naturale che tutto questo dia qualche marcia in più al romanzo.

 

Dici che in un primo tempo la lingua de Gli interessi in comune era più sperimentale. In che senso? Perché hai deciso di cambiarla, e come?

Come hai già ricordato, la stesura de “Gli interessi in comune” è cominciata nei primi mesi del 2006. Avendo cominciato a scrivere solo due anni prima, dovevo ancora sperimentare molto per  trovare un registro, per così dire, “maturo”. Quando sono passato alle revisioni e alle nuove stesure, ero già un po’ cresciuto come autore grazie ad altre pubblicazioni secondarie e al lavoro su “personaggi precari,” e non sentivo più il bisogno di alcune delle soluzioni che avevo tentato. Tra l’altro il romanzo, visto il tema “gggiovane”, abbisognava di un linguaggio più classico, a tratti anche antico, per controbilanciare il rischio giovanilismo dato dal gergo e dal vissuto dei protagonisti. Da questa riflessione sono giunto alla lingua attuale.

 

Il collante che tiene unite tutte le storie de Gli interessi in comune è il cinismo. Non ti lasci mai andare al romanticismo o alla spettacolarizzazione dei sentimenti o del dolore, ma a volte, come per magia, dall’iperrealismo del romanzo traspaiono dei brani lirici di struggente bellezza. Parlo per esempio del manifesto con cui si apre il romanzo, o del brano in cui Mimmo racconta come sia assolutamente vero che ad Amsterdam, per esempio, i giovani vanno per drogarsi, e di come se ci fosse un reale dialogo tra genitori e figli anche le droghe potrebbero fare meno male. Potrebbe essere Gli interessi in comune questo “dialogo” che è mancato sin’ora? Quanto hai riflettuto e ponderato prima di trovare il coraggio per scrivere questo romanzo? Non hai mai avuto paura che venisse accolto come un romanzetto alternativo e non venisse capito?

Scriverlo mi è venuto naturale, non mi sono mai posto il problema di come sarebbe stato accolto. Credo che il venire frainteso rientri nei rischi connessi alla pubblicazione di un libro incentrato su temi cosiddetti “forti”, ma io ho molta fiducia nei lettori, o almeno nella maggior parte di essi.

 

L’ironia stempera la drammatica realtà raccontata nel libro, come la lirica rende denso e alto il tessuto cinico del tuo romanzo. Ce ne parli?

Non è semplice parlare di questo aspetto, bisognerebbe leggere il libro. In ogni caso credo che questo intersecarsi di realismo, ironia e lirica sia semplicemente il tratto caratteristico del mio stile di scrittura, e viene anche dalle mie letture – amo Yates e Selby Jr come anche Pazienza e Foster Wallace o Mishima e Catullo – e dal lavoro del mio punto di riferimento artistico principale, il regista Mario Monicelli.

 

Feltrinelli ha creato un sito apposta per il tuo romanzo, con gadget e altro. Mi sembra una grande prova di stima per il tuo lavoro e non solo, anche un modo per avvicinare i giovani alla letteratura “importante”. Ce ne parli? Tu che ne pensi?

Sono molto felice di vedere quanto una casa editrice importante come Feltrinelli creda nelle potenzialità del mio lavoro, e credo che “Gli interessi in comune” possa piacere tanto a un pubblico colto quanto a uno in cerca di puro intrattenimento.

 

Feltrinelli è una delle case editrici che più riesce a non violentare la sua storia e il suo portato letterario ma, allo stesso tempo, a intessere un rapporto nuovo – al passo coi tempi – con i lettori. Penso ai blog, ai podcast, alle presentazioni a spron battuto. Che ne pensi? E nel tuo caso, di cosa parla il tuo podcast?

Ti dico solo che quando ero uno scrittore senza editore, pubblicare per Feltrinelli era uno dei miei sogni proibiti, la mia stima per l’editore è immensa.

Il mio podcast si intitola “Altri interessi” ed è una trasmissione che definirei “di costume”, nella quale ogni volta parlo di un aspetto della cultura contemporanea più o meno legato ad alcuni aspetti del mio romanzo. Finora ho parlato di blog, discoteche, giochi di ruolo, postmodernismo, cultura rave, Ken il guerriero, morte… Quindi, temi molto variegati.

 

Una domanda che avresti voluto ti si facesse e nessuno ti hai mai posto?

“Come mai ne ‘Gli interessi in comune’ le tre epigrafi sono sparse nel testo invece che poste tutte all’inizio?”

 

Un brano, o un aspetto de Gli interessi in comune che hai tuo malgrado evinto dal libro definitivo ma che non avresti mai voluto eliminare (e perché)?

Nelle prime stesure c’erano vari personaggi in più rispetto al romanzo che si trova oggi in libreria. Avendoli tagliati non li rimpiango, in quanto la storia senza di loro è più snella e meglio strutturata, ma tra tutti un poco mi spiace per il Dudde, un “protagonista secondario” del quale mi piacevano molto l’ingenuità e il modo di porsi. Era sicuramente un personaggio riuscito, ma a conti fatti non aggiungeva granché al romanzo, così l’ho eliminato senza troppe lacrime.

 

Ci racconti un episodio della tua vita, un ricordo, qualunque cosa che non dimenticherai mai e che ha contribuito a renderti la persona che sei adesso?

La lettura del racconto “La biblioteca di Babele” di Borges, a sette o otto anni, mi fece capire che la letteratura poteva essere una cosa meravigliosa. La lettura del romanzo “Requiem per un sogno” di Huber Selby Jr., nel 2003, segna la rinascita del mio interesse per la narrativa contemporanea (anche se è del 1978) e quindi l’inizio della mia attività letteraria.

 

Progetti per il futuro?

Fino a settembre sarò impegnato nella promozione de “Gli interessi in comune”, ma ci sono molte cose in cantiere: oltre alla versione ampliata di “Personaggi precari” e alla nuova stesura di “Vasilij e la morte”, ho praticamente terminato un  nuovo romanzo, a tema calcistico e scritto a quattro mani, che dovrà passare attraverso l’ultima fase di revisione. Oltre a questo, a inizio 2009 lanceremo, con lo staff di SIC – Scrittura Industriale Collettiva, un romanzo collettivo a 200 mani che coinvolgerà tutti gli iscritti al sito e sarà certamente un grosso impegno per noi fondatori.

 

Grazie!

 

Vanni Santoni

Gli interessi in comune

Feltrinelli

2008

 

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