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Strada Provinciale Tre – Simona Vinci

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Einaudi
 
Una donna corre lungo la strada provinciale tre che collega Modena a Ravenna. Sola, con un zainetto sulle  spalle, calpesta “l’asfalto crepato e ruvido, pieno di mozziconi di sigarette  preservativi, piume d’uccello, chiodi, bulloni”, con, ai bordi della strada, “le fabbriche in attività che sputano lingue di fumo nel cielo” e i camion che sfrecciano con “occhi di plexigass che lampeggiano feroci e che rallentano la sua corsa, la ostacolano,ma non la impediscono”. La Vinci non ci svela, all’inizio del romanzo, perché e da chi fugge la donna. Procedendo nella trama narrativa , ci svela che si chiama Vera ,  che  ha 37 anni e un desiderio impellente di libertà. Nella sua corsa la protagonista incontrerà il vecchio Mario, che vive solo in una vecchia cascina, chiuso nel proprio dolore. Un uomo sconfitto, impregnato di rimorsi per un cattivo gesto compiuto nei confronti del figlio Nicola  quando era piccolo.  Un uomo che aggiusta gli oggetti, vecchie radio, “rimette insieme i pezzi, ricompone le cose spezzate” quasi a volere dare un ordine ed un senso alla sua vita. Nel suo viaggio Vera incontra anche  il camionista Damà, unico sopravvissuto ad un incendio  familiare voluto dalla madre, nel quale sono morte le sue sorelle. La protagonista,  della quale all’inizio la Vinci ci fornisce scarne notizie, si rende conto mentre cammina con la borsa Conad, che ” oggi ci si vergogna della povertà, della sporcizia, dell’indecenza”. I tre personaggi si ritroveranno insieme nella casa del vecchio Mario, uniti, pur nella diversità, da un destino comune: sono  persone  sconfitte, povere, sole,  sono i nuovi ” vinti” di una società che non ha tempo, né voglia, di badare a chi attraversa seri problemi economici e esistenziali;( in questo,  la Vinci ci ricorda Verga e specialmente Elsa Morante)  Persone abbandonate al loro destino in un’Italia che, lascia intendere la scrittrice, sta cambiando in maniera vertiginosa e che non ha tempo, né voglia, di pensare e di assistere persone come quelle tratteggiate dalla scrittrice che si schiera, ma non è una novità per chi conosce la produzione letteraria della Vinci, dalla loro parte, in maniera aperta , senza lasciare spazio a dubbi in proposito. Sia Vera,  Mario  e Damà sono non solo personaggi tratteggiati ed inseriti nel contesto di una robusta trama narrativa, ma persone che la scrittrice ci  fa vivere, percepire e che meritano, al contrario di quello che accade oggi, rispetto e considerazione. Sono persone vere, non a caso la protagonista si chiama Vera e nella parte finale del libro, l’autrice ci parla della sua famiglia , preferendo la protagonista a chi non ha capito il dramma della donna che ha deciso di correre lungo la strada. Al di là della storia, dei personaggi caratterizzati sapientemente, dei dialoghi interessanti e delle scene altamente poetiche, quello che caratterizza questo libro,  così come gli altri della scrittrice milanese, è la scrittura:  ansiogena, perfetta, magistrale, alta. Una scrittura ed una storia che coinvolgono il lettore, lo inchiodano alle pagine del libro  fino al finale,  originale e unico, riuscendo nel difficile compito di trasmettere intense emozioni e di indurre chi legge  a profonde riflessioni.

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