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A Cuba non si legge e non si scrive poesia

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A Cuba non è facile comprare un libro e sceglierlo secondo il proprio gusto, anche perché gli stipendi sono così bassi che in pochi possono spendere denaro per la lettura. Di questi tempi è troppo più importante sopravvivere: se investiamo soldi in carta stampata non ne restano per riso e fagioli. I libri costano cari, soprattutto nei negozi di Stato che vendono in moneta convertibile, la carta scarseggia, le produzioni popolari sono ridotte all’osso. Restano i negozi di libri usati che vendono e affittano per pochi pesos vecchi libri ingialliti dal tempo. Negli anni Sessanta e Settanta circolavano molti libri, grazie al lavoro importante di editori come Huracán, Imprenta Nacional de Cuba, Casa de las Americas, Cocuyo y Dragón e molti altri. Tra le mani dei lettori passavano titoli importanti della letteratura mondiale a prezzi modici e in edizioni tascabili. All’inizio degli anni Novanta, con l’arrivo del periodo speciale, la mancanza di carta ha provocato una drastica riduzione delle tirature dei libri e la scomparsa di molti editori. La Fiera del Libro dell’Avana è diventata l’unica occasione per acquistare libri, che tra l’altro sono sempre più costosi e politicizzati. Quest’anno il libro più venduto durante la Fiera del Libro è stato Cento ore con Fidel di Ignacio Ramonet, ignobile volume pubblicato anche in Italia e che rappresenta uno squallido copia-incolla di vecchie dichiarazioni del Comandante. Un altro libro molto venduto è stato Tinísima, un romanzo della scrittrice messicana Elena Poniatowska basato sulla vita della controversa fotografa rivoluzionaria Tina Modotti. La Fiera del Libro dell’Avana è stata un evento importante al quale hanno preso parte oltre seicentomila persone che hanno acquistato più di un milione di libri. La maggior parte dei visitatori, però, sono andati soltanto a guardare, perché non possedevano denaro sufficiente per acquistare libri. Un’inchiesta condotta da una rivista di regime come Bohemia riferisce che tra i giovani è diminuita l’abitudine alla lettura, ma non si interroga sui motivi. Uno studente di medicina mi ha confessato: “Qualche giorno fa ho visto in una libreria della calle Obispo un libro di Harry Potter e mi sarebbe piaciuto compralo, ma non ho potuto perché lo vendevano in pesos convertibili e non avevo abbastanza denaro”.  Per chi ha pochi soldi e molta voglia di leggere restano i venditori di libri usati, che spesso possiedono edizioni straniere di autori proibiti come Cabrera Infante e Milan Kundera. Forse non tutti sanno che a Cuba sono molti gli scrittori che il regime toglie dalle librerie e che considera immorali e servi degli imperialisti. Gorge Orwell (come potrebbe Castro far conoscere ai cubani La fattoria degli animali o 1984?), Vargas Llosa (troppe prefazioni a Reinaldo Arenas e molte critiche al regime) e Solgenitsin (a Cuba non esiste Arcipelago Gulag) sono alcuni esempi eclatanti. Purtroppo anche i venditori di strada spesso praticano prezzi in divisa e finisce che anche i libri usati restano appannaggio dei turisti stranieri. Le Biblioteche Indipendenti cercano di diffondere libri gratuitamente, ma vengono osteggiate dal governo e spesso capita che qualche pericoloso bibliotecario si faccia qualche anno di galera soltanto per aver procurato letture non consigliate da Castro. Per fortuna che Gabriel Garcia Marquez è in buoni rapporti con il regime, altrimenti i cubani non avrebbero potuto leggere neppure Cent’anni di solitudine o L’amore al tempo del colera. I libri proibiti circolano grazie ai dissidenti e ai bibliotecari indipendenti, che rischiano la galera per promuovere l’amore per la lettura.

A Cuba è difficile leggere, ma è ancora più complicato scrivere in modo indipendente e libero. Sono molti i poeti che soffrono costrizioni ideologiche dopo il famoso assunto di Castro: contra la revolución nada con la revolución todo. Molti poeti hanno vissuto in galera per opporsi al regime comunista e oggi sono in esilio: Armando Valladares, Ernesto Díaz Rodríguez, Jorge Valls, Ángel Cuadra, María Elena Cruz Varela e molti altri. I poeti cubani incarcerati per motivi ideologici e costretti ad accettare l’esilio e l’allontanamento dalle loro famiglie sono un numero indescrivibile. Ricordiamo ancora: Gastón Vaquero, Augustín Acosta, José Ángel Buesa, Heberto Padilla, Belkis Cuza Malé, Manuel Díaz Martínez, Antonio Conte, Raúl Rivero, Efraín Riverón e Manuel Vázquez Portal. La poesia ha bisogno di libertà per poter cantare e a Cuba per chi non abbassa la testa di fronte al regime non esiste diritto di parola. Pare di sentire nell’aria i versi di Salvatore Quasimodo: E come potevano noi cantare?/ Pure le nostre cetre erano appese/, oscillavano lievi al triste vento… Cuba è una terra infida per i poeti, se si pensa che persino Pablo Neruda, il più grande lirico sudamericano, è considerato lettura proibita.  Raúl Rivero, considerato il più importante poeta cubano contemporaneo, è un esempio di quanto può essere spietato il regime castrista con gli uomini liberi. Rivero ha scontato alcuni anni di galera e oggi vive esiliato a Madrid solo per aver osato scrivere senza sottostare alla censura. Per conoscere l’opera poetica degli scrittori cubani incarcerati ed esiliati l’unico libro esistente in Italia è Versi tra le sbarre – antologia di poesia cubana dissidente (Edizioni Il Foglio, 2006). Come mai in Italia grandi editori come Mondadori danno credito alle interviste fasulle e inginocchiate di un pessimo giornalista come Ramonet e soltanto un microscopico editore dà voce agli uomini liberi che si ribellano alla tirannia? La speranza è che certe connivenze con le dittature vengano giudicate dalla storia.

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