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Intervista con Salvo Lazzara

8 min read

Pensiero Nomade
UN CERCHIO PERFETTO

Nuovo cd per “Pensiero Nomade”, registrato tra il 2017 e il 2020 ed edito dalla romana Filibusta records nel 2021. “Un cerchio perfetto”, settimo album del progetto fondato da Salvo Lazzara, consta di undici tracce strumentali e due cantate. Bella che danzi / Quasi non fosse più tempo / Da qui si vede il mare / Puntini / Rugiada tra le mani / La forma dell’aria / Un cerchio perfetto / Buio e magia / Volti e rivolti / Il suo sorriso antico / Come tramonto acceso / Sul finire / A te che sei. Un disco ricco di contaminazioni che spazia tra diversi generi musicali e dove si respirano atmosfere suggestive di world music, elettronica, jazz, progressive, ambient ed altro elegante e colto “nomadismo” musicale

Precedenti interviste:
https://kultunderground.org/art/1877/
https://kultunderground.org/art/17759/

Intervista

Davide

Ciao Salvo e ben ritrovato su Kult Underground. Sono passati nove anni dall’ultima intervista sul tuo cd “Imperfetta solitudine”, undici dalla precedente su “Materia e Memoria”. Cosa è successo nel frattempo? Ci sono stati altri tuoi lavori in questo lungo tempo?

Salvo

Ciao Davide, in effetti di cose ne sono successe in questi nove anni, alcuni progetti musicali, alcune collaborazioni. Non sono rimasto in silenzio, per così dire. Sono usciti due lavori come Pensiero Nomade, Da nessun Luogo e Canti del disincanto, entrambi per Filibusta records; ho collaborato con Stefano Giannotti al cd La vostra ansia di orizzonte (Maracash); con Luca Pietropaoli al progetto Guided By noise (Filibusta) e sempre con Luca Pietropali, Davide Guidoni e Claudio Milano al progetto Appunti per una teoria delle maree (Filibusta records). Diciamo che collateralmente a Pensiero Nomade ho sperimentato parecchio!

Davide

Hai scritto che questo lavoro, voluto, pensato, desiderato in ogni nota e passaggio, rappresenta tutto quello che Pensiero Nomade è stato. “Un cerchio perfetto” è stato registrato tra il 2017 e il 2020, un lungo periodo quindi di gestazione. Come si pone rispetto ai tuoi precedenti lavori e al tuo percorso artistico? Cosa vi esplori di nuovo o cosa riprendi e perfezioni a distanza di tempo?

Salvo

Diciamo che Un cerchio perfetto rappresenta una sintesi di tutte le ispirazioni, di tutte le fonti sonore e le ricerche che mi hanno appassionato nel progetto Pensiero Nomade. Nel tempo si è manifestata una chiara differenza fra quello che riuscivo a comporre come Pensiero Nomade e tutte le altre esperienze con collettivi diversi. È stato come se questo progetto avesse, e di fatto è così, una sua precisa cifra sonora e stilistica. Questo lavoro è quindi, per molti aspetti, un punto di arrivo, nel senso che rappresenta il progetto al suo massimo, ma anche una ripartenza, nel senso che ne stabilisce alcuni punti chiari, sia in termini di composizione che di ispirazione.

Davide

Il cerchio rimanda al tempo ciclico, infinito e universale. Ma anche alla perfetta rappresentazione della totalità, della compiutezza e dell’armonia. Cos’è il cerchio perfetto del tuo titolo e del tuo lavoro?

Salvo

È il movimento di lento ma inesorabile ritorno alle origini ma non è un girare intorno senza scopo, un rimuginare vecchie storie, piuttosto un racconto circolare, come quelle storie che sembrano non avere fine, perché appunto, percorrono una narrazione infinita.

Davide

Come è nato questo materiale? Dovesse raccontare una storia, anche la tua o la vostra nei suoi tre anni di preparazione, cosa racconterebbe “Un cerchio perfetto”?

Salvo

Racconterebbe un musicista e un uomo che ha finalmente fatto i conti con le sue origini, con la sua storia musicale e personale, e che prova a mettere “tutto al suo posto”, a creare un disegno compiuto, dove ogni colore e ogni forma sia quella giusta, ogni dettaglio in equilibrio. E racconterebbe un esperimento riuscito di alchimia tra personalità differenti. Non so dirti se il risultato sia poi perfetto come nel titolo, ma a me, a noi, è sembrato proprio così.

Davide

Ci presenti i musicisti che hanno suonato in questo nuovo lavoro?

Salvo

Partirei dai “vecchi compagni di musica”: Andrea Pavoni, che ha composto in prima persona alcune delle tracce, ha suonato il piano, le tastiere e ha curato gli arrangiamenti di tutto il cd; con Andrea si è creato un feeling particolare già nel cd Da nessun luogo. Luca Pietropaoli, che ha suonato il contrabbasso acustico in tre tracce. Davide Guidoni, che ha suonato le percussioni e le batterie. Michela Botti ha cantato magistralmente in due tracce, ed era presente già, come tutti gli altri, in Da nessun luogo. A questo gruppo per così dire stabile, si è aggiunto Edmondo Romano, musicista che ha suonato tutti i fiati e che rappresenta una punta di diamante della musica di confine tra jazz, prog ed etnica e che sento molto vicino per ispirazioni e per “radici”. Io ho suonato tutte le chitarre, il contrabbasso elettrico e la touch guitar.

Davide

Siete stati definiti un “laboratorio di nomadismo musicale”. Come descriveresti “Pensiero Nomade” in quanto gruppo e insieme progetto solista?

Salvo

La definizione coglie l’essenza di questo progetto, che da sempre mi porta ad esplorare delle zone di confine fra generi diversi. Devo dire che Pensiero Nomade si è posizionato ormai su un orizzonte per lo più acustico, e questo mi ha convinto a giocare con le possibilità che appunto gli strumenti a corda acustici permettevano. Gli sconfinamenti elettrici, elettronici o jazz sono sempre stati messi al servizio di questa matrice che, se non fosse ormai uno stereotipo quasi offensivo, potrei chiamare World.

Davide

Qual è il tuo approccio di gruppo alla creazione musicale, anche filosofico, che quindi si interroga e riflette sulla musica stessa e sul mondo?

Salvo

Non saprei come definirlo perfettamente. A volte la musica nasce in maniera casuale, e poi subisce delle stratificazioni successive; in altre circostanze parto da un concetto, da uno schema armonico, e lo sviluppo. In ogni caso, posso dirti che è un approccio sempre caratterizzato da ricorsività: ci sono schemi, passaggi, logiche che si ripropongono e ripetono, in una singola traccia o in un intero progetto.

Davide

Due brani sono cantati da Michela Botti. Solitamente “Pensiero Nomade” si dedica alla musica strumentale. Come nascono in particolare “Buio e magia” e “Sul finire”, come tra gli altri brani strumentali vi portano anche un canto o una voce recitante, delle parole? Quando senti che è necessario aggiungere delle parole a un brano musicale? O il viceversa, quando senti che non ve n’è alcuna necessità?

Salvo

I due brani cantati nascono dalla collaborazione stretta con Andrea Pavoni; in particolare suo è il testo e l’arrangiamento di Sul finire. Questi due brani rappresentano due fasi di passaggio all’interno del progetto, due cesure fra momenti diversi, ma anche due focus su temi che sono centrali nel progetto stesso, il senso di perdita e la malinconia. Francamente non so dirti quando scatta il bisogno di accompagnare il canto alla musica, capita che la musica da sola non si basti, oppure che un testo venga alla ribalta con una potenza tale da necessitare di essere vestito con la musica. Non ne ho mai fatto però una questione essenziale.

Davide

La tua/vostra musica, anche se di sapore più mediterraneo che indiano, è molto varia, ma sovente mi sono ritrovato ad ascoltare delicate trame e atmosfere vicine a certi Popol Vuh. Florian Fricke, a un certo punto, abbandonò quasi completamente l’utilizzo di strumenti elettronici, in favore di composizioni musicali dominate dal pianoforte e dagli strumenti acustici perché “la musica elettronica non poteva esprimere il potenziale e la purezza spirituale dei suoi nuovi progetti”. Anche in questo tuo/vostro lavoro mi sembra che prevalga la strumentazione acustica, comunque v’è un uso molto discreto della elettronica. Si tratta di una scelta precisa?

Salvo

Si certo, e per certi versi mi sento assai vicino alla posizione di Florian Fricke, almeno in senso astratto. Sono stato folgorato dall’approccio al jazz di gruppi come gli Oregon, dove l’uso degli strumenti acustici non comportava mai cadute di tensione, delicatezze eccessive, sfogo nel pastorale. Ecco, mi pare di poter dire che Un cerchio perfetto provi a riproporre questo tipo di atteggiamento.

Davide

“La vita, per compiersi, ha bisogno non della perfezione, ma della completezza”, scrisse Jung. Cosa ti fa sentire la completezza oppure il suo contrario in un tuo brano musicale?

Salvo

La musica suonata, in particolare, ha su di me sempre questo effetto di Mindfulness, che diventa chiaro quando riascoltando qualcosa che ho composto o suonato, avverto l’equilibrio fra la sottrazione (metti sempre di meno, togli quando puoi) e la comunicazione (c’è tutto quel che serve a far arrivare il messaggio, il concetto, il sentimento).

Davide

Perché la musica fa bene? Perché è importante? Qual è poi in particolare il rapporto tra la musica di “Pensiero Nomade” e la vita, non solo in senso assoluto, ma anche in quella di tutti i giorni?

Salvo

Come dicevo prima, per me è una ricerca di Mindfulness; c’è chi la trova nello sport, chi nella meditazione, chi nel lavoro in campagna. Posso dirti, per aver provato tutte queste cose, che per me la musica corrisponde meglio, si armonizza meglio con la vita, mi tiene in equilibrio meglio delle altre cose.

Davide

Cosa seguirà?

Salvo

Questo ultimo lavoro verrà proposto live, appena possibile, con un piccolo ensemble orchestrale. Altri progetti sono già in embrione, ma avranno gestazioni lunghe, non necessariamente come Pensiero Nomade. Insomma, sono già in strada….

Davide

Grazie e à suivre…

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