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Ignorantia legis (o iuris)…

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L’ignoranza e l’incertezza delle pene aiutano l’eloquenza delle passioni.
Cesare Beccaria

non excusat[1]. La traduzione più corretta di questo noto brocardo[2] latino è “l’ignoranza della legge è inescusabile”, ed espone un principio, divenuto classico e generale nell’ambito giuridico, secondo cui non è consentito sottrarsi al rispetto della legge invocando l’ignoranza parziale o totale della norma.

Solitamente l’espressione si rende in italiano con «La legge non ammette ignoranza» (in latino “Lex ignorantiam negat”): traduzione che però lascia spazio ad ambiguità, potendo intendersi sia come “inammissibilità dell’ignoranza” in senso lato (e non semplicemente riferita alla legge stessa), sia come “la legge non ammette l’ignoranza degli avvenimenti inerenti a una sua violazione” il che costituirebbe, ovviamente, pretesa eccessiva per ogni individuo in relazione a tutti gli eventi umani.

Nata nel diritto romano, l’espressione sta a indicare che sarebbe dovere di ogni cittadino conoscere (tutte) le leggi; evitando così che la non conoscenza di una norma costituisca motivo per la sua difesa nel caso di responsabilità per violazione della norma stessa.

Uno dei requisiti della legge negli ordinamenti moderni è, infatti, la sua conoscenza, che si dà per presunta: si presume che la legge sia “sempre disponibile alla conoscenza del cittadino”, anzi della generalità dei cittadini. Le norme giuridiche, infatti, una volta trascorso il periodo di vacatio legis si presumono conosciute da tutti e obbligatorie per tutti[3].

La pubblicazione avviene, di norma, mediante l’inserzione del testo delle fonti normative statali nella «Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana», a cura del Ministero della Giustizia, entro trenta giorni dal momento in cui l’atto appare perfezionato (approvato dal Palamento e promulgato, dopo un primo controllo formale di regolarità, dal Presidente della Repubblica).

Nel diritto civile italiano l’ignorantia iuris può essere rilevante quando provoca un “errore di diritto”, cioè un vizio della volontà che incide sul processo formativo della stessa fuorviandola. Nel caso in cui un soggetto ha una “falsa rappresentazione della realtà” in quanto ritiene che esista (o non esista) una norma che disciplina una fattispecie in un dato modo, e ciò sia stato l’unico elemento che lo ha indotto a stipulare un contratto o ad assumere altro tipo di obbligo giuridico, l’errore può portare, se fatto valere con le procedure e nelle sedi giurisdizionali opportune, all’annullamento del negozio[4].

Nel diritto penale italiano il principio è espressamente contenuto nell’art.5 del Codice Penale: “Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale[5]”. Questa affermazione così “assoluta”, risalente al 1930, data di emanazione del codice Rocco, è rimasta isolata nel panorama della normativa codicistica europea: in ogni ordinamento straniero, infatti, questo principio romanistico prevede delle limitazioni, essendo evidente che imporre ai consociati una generale presunzione di conoscenza di tutte le norme giuridiche sarebbe “utopico”, considerata la vastità e variabilità della produzione legislativa[6].

A ben vedere, tuttavia, il principio espresso dall’art.5 del Codice Penale impone a tutti i consociati un “generale dovere di conoscenza della legge”, necessariamente strumentale rispetto al dovere primario di osservanza della legge stessa.

Ora, mentre risulta quantomeno “intuibile” per ogni persona che certi comportamenti possano costituire, ad esempio, reato penale (es. i c.d. “reati di danno/offesa” per i quali è necessario che il bene giuridico tutelato dalla “norma incriminatrice” sia distrutto o menomato, come nel reato di “lesioni” l’integrità fisica deve risultare lesionata-art.582 c.p.-, o nell’omicidio la vita distrutta-art.575 c.p.-), dato che il “disvalore” rappresentato da quel comportamento è sentito da chiunque, può risultare molto più complesso conoscere la sanzione prevista dalla legge che punisce, ad esempio, un “reato di scopo” cioè un comportamento che in se´ e per se´ non determina l’offesa di alcun bene giuridico, ma che il legislatore ha interesse che non si realizzi[7]: si precisa che con l’espressione “legge penale” dell’art.5 si fa riferimento ad ogni norma provvista di sanzione penale, quindi anche a quelle non comprese nel testo del Codice Penale.

L’applicazione dell’art.5 C.P. si è, spesso, dimostrata, negli anni, in contrasto con i principi costituzionali atteso che, non essendo più ammissibile, in una società moderna caratterizzata da fenomeni di pesante “inflazione” e “anarchia legislativa” (per la diffusa contraddittorietà delle norme), una presunzione assoluta di conoscenza della legge, se nessun rimprovero può essere rivolto al soggetto che, pur essendosi comportato diligentemente, non sia stato in condizione di conoscere la norma.

La Corte Costituzionale con Sentenza 24 marzo 1988, n. 364, ha dichiarato l’articolo 5 C. P. parzialmente illegittimo, per contrasto con gli artt.3 (uguaglianza formale e sostanziale tra i cittadini) e 27 della Costituzione (personalità della responsabilità penale e non colpevolezza sino a sentenza definitiva). Infatti, la Sentenza, riconoscendo che vi possono essere casi di “ignoranza incolpevole”, ha contribuito a rendere effettivo, all’interno del nostro sistema penale, il principio di colpevolezza, impedendo che venga punito un individuo nei cui confronti non può essere mosso alcun rimprovero, e ha commesso un delitto (o contravvenzione) solo perché ignorava, senza alcuna colpa, l’esistenza di un precetto penale[8].

Tra le ragioni che possono rendere scusabile l’ignoranza (e che quindi escludono la punibilità del colpevole), vi sono le difficoltà legate a fattori oggettivi, come l’eccessivo numero di leggi (o successive stratificazioni di modifiche), dal testo oscuro e contraddittorio, in presenza di interpretazioni contrastanti e/o fuorvianti[9], la loro difficile reperibilità nelle collezioni di riviste giuridiche (o, nei tempi odierni, sulla rete pubblica Internet), o altri impedimenti dei mezzi di comunicazione, che rendono impossibile la tempestiva conoscenza della Gazzetta Ufficiale nella quale è pubblicata la legge.

Oppure l’”ignoranza inevitabile” può dipendere da fattori soggettivi, come la carenza di competenze nella persona che impediscono di comprendere correttamente il testo normativo, ovvero dovute ad analfabetismo nei casi più estremi[10].

In ogni caso, non potrà mai invocare a propria scusa l’ignoranza della legge il professionista che, per motivi attinenti al proprio lavoro e alle proprie competenze, sia tenuto a conoscere determinate norme di natura penale (per es. il commercialista in relazione ai reati di frode fiscale).

La nozione di “ignorantia legis” prodotta da errore “scusabile”, di cui alla sentenza della Corte Costituzionale citata, è poi stata sviluppata dalla giurisprudenza di legittimità in diverse occasioni, tanto da potersi considerare, oggi, “principio informatore” dell’intero ordinamento giuridico italiano.

Se i burocrati non ammettono l’ignoranza della legge,
io non ammetto l’ignoranza dei burocrati.
C.W. Brown

[1]Nell’immagine: “La libertà armata dello scettro della ragione fulmina l’ignoranza e il fanatismo”, Francia, 1793-95, autore sconosciuto.

[2]Il brocardo o broccardo è una sintetica e antica massima giuridica, concisa e chiara, prevalentemente di tradizione latina (esistono anche brocardi germanici o anglosassoni), come ad esempio “dura lex, sed lex”, fonte Wikipedia.

[3]Disposizioni sulla Legge in generale (c.d. “preleggi” al Codice Civile), Capo II – Dell’applicazione della legge in generale, art. 10 Inizio dell’obbligatorietà delle leggi e dei regolamenti:Le leggi e i regolamenti divengono obbligatori nel decimoquinto giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto”.

[4]ll periodo di tempo intercorrente tra la pubblicazione del precetto normativo e l’inizio della sua obbligatorietà viene detto di vacatio legis. Trascorso tale periodo opera una presunzione di conoscenza da parte di tutti i destinatari della norma.

[5]Codice civile – LIBRO QUARTO – Delle obbligazioni – Titolo II – Dei contratti in generale – Capo XII – Dell’annullabilità del contratto – Sezione II – Dei vizi del consenso. Art.1429 Errore essenziale

[6]Codice penale – LIBRO PRIMO – Dei reati in generale – Titolo I – Della legge penale: Art.5 Ignoranza della legge penale

[7]“…Si può, anzi, affermare che la storia del principio in esame coincida con la storia delle sue eccezioni: dal diritto romano-classico, per il quale era consentito alle donne ed ai minori di 25 anni “ignorare il diritto”, attraverso i “glossatori” ed il diritto canonico, fino alle attuali normative di diritto comparato (codici penali tedesco, austriaco, svizzero, greco, polacco, iugoslavo, giapponese, ecc.) si evidenziano tali e tante “eccezioni” all’assolutezza del principio in discussione…”. Cfr. Sentenza Corte Costituzionale 24/3/1988, n.364, fonte Wikipedia.

[8]Art.4, comma 2 L. 18-4-1975 n. 110 “Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi” Pubblicata nella Gazz. Uff. 21 aprile 1975, n. 105. “[2. Senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona, gli strumenti di cui all’articolo 5, quarto comma, nonché i puntatori laser o oggetti con funzione di puntatori laser, di classe pari o superiore a 3 b, secondo le norme CEI EN 60825- 1, CEI EN 60825- 1/A11, CEI EN 60825- 4.”.

[9]Tale stato oggettivo di ignoranza va, ovviamente, dimostrato concretamente in giudizio.

[10]Provenienti da fonti qualificate come la Magistratura o la stessa Pubblica Amministrazione.

[11]Cassazione: la legge non ammette ignoranza anche se l’imputato è extracomunitario e poco scolarizzato”: “Indipendentemente dal suo livello culturale, l’extracomunitario non può invocare l’esimente dell’ignoranza della legge italiana. È questo l’importante principio di diritto emesso con la sentenza n. 26799, depositata il 12 luglio scorso, con cui la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso di un extracomunitario che, in seguito a condanna per ricettazione ed altri reati aveva eccepito l’ignoranza della legge italiana sulla base di un livello di scolarizzazione molto basso”. Luisa Foti in www.studiocataldi.it, 28/08/2010

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