KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Voci – Claribel Alegría

4 min read

Traduzione di Zingonia Zingone e Marina Benedetto
Prefazione di Zingonia Zingone
Samuele Editore
Poesia
Pagg. 98
ISBN 978-88-96526-56-9
Prezzo Euro 12,00

I versi del commiato

Confesso che non sapevo nemmeno che ci fosse una poetessa di nome Alegria e che se anche l’avessi saputo molto probabilmente non avrei letto nessuna delle sue opere, perché sono interessato soprattutto a raccolte di autori italiani.  Pertanto devo riconoscere ad Alessandro Canzian, poeta pure lui, ma anche titolare della casa editrice Sanuele, specializzata in testi poetici, il merito di avermi fatto scoprire questo autentico talento, che non è più fra noi dal 25 gennaio 2018. Nicaraguense, Claribel Isabel  Alegría Vides, più nota come Claribel  Alegría, si può a giusto titolo considerare una fra le maggiori esponenti della letteratura centroamericana, al punto da essere stata candidata nel 2016 al premio Nobel per la letteratura. Mi scuso per questa introduzione volta soprattutto a far sapere di chi si tratta,  e che ritengo indispensabile per inquadrare l’autore che nella sua non breve vita (era nata a Esteli il 12 maggio 1924) ha avuto un passato politico che ha caratterizzato il suo percorso, essendo stata un membro del fronte sandinista, di chiara ispirazione marxista. Tuttavia, l’aspetto ideologico sembra riflettersi marginalmente nella sua produzione, se non nel linguaggio che più che semplice si potrebbe definire popolare e che, nella raccolta in questione, insieme con la tematica mi è riuscito particolarmente gradito.

Voci, arricchita dal testo in spagnolo a fronte,  è a chiusura di un percorso ricco di soddisfazioni e di incontri con altri artisti che hanno avuto modo di entrare in contatto con Claribel, a cominciare dal suo mentore Juan Ramon Jiménez e poi via via molti altri, fra i quali Italo Calvino e Julio Cortazar. 

Per una donna arrivata alla fine del ciclo vitale questa raccolta ha il sapore di un testamento, di un lascito in cui il tema svolto è la morte, nel tentativo di cercare una ragione per la quale sia possibile andare in un oltre a compensazione della perdita della propria fisicità. E’ un tentativo, e lei lo sa bene, di svelare un mistero con l’osservazione della natura, di quel creato di cui anche noi siamo parte, ed è in ciò che ci circonda che trova l’ispirazione per il suo discorso, per parlarne metaforicamente ( Torno verso il mare / è lì che nacqui / mi accolse una roccia / quando saltai sulla terra. / Scendo piano / mi trattengo nel muschio / tra i fiori selvatici / scendo a cercare il fiume / che mi riporti al mare. /  Il mio vicino / il torrente / non sa che io esisto / brama / salta / riempie canali /  scoppia / anche lui cerca il fiume / dissolversi nel fiume / che mi riporti al mare /  perché il mare ci aspetta / perché il mare è la culla / perché siamo il mare.).

Del resto non possiamo che riconoscere la sincerità di chi si sente alla fine dei suoi giorni e ancor più forte si pone quella domanda, spesso repressa in età più verde, sul perché esista la morte, se essa non sia che una semplice stazione di arrivo di una forma di vita da cui ripartire per una nuova e diversa forma di esistenza. 

Stranamente Claribel alterna alle poesie delle brevi prose che altro non sono se non dei flash di vita trascorsa, cioè dei ricordi che riemergono all’improvviso, indubbiamente interessanti, ma che a mio avviso spezzano quel feeling che si viene a instaurare tramite i versi fra chi legge e il poeta. 

Nell’insieme è una raccolta che, lungi dall’assumere toni di accentuata liricità, dato l’argomento, scivola veloce agli occhi del lettore senza opprimerlo, ma interessandolo nella misura in cui si apprezza la capacità di affrontare un tema così drammatico con spirito lieve; inoltre traspare la convinzione che l’ultimo passo sia solo e semplicemente una fase dell’esistenza, la cui accettazione ci permette di meglio comprendere il percorso già effettuato, fin dalle sue origini, che ritornano con l’osservazione, con occhi da bambina, di una tartaruga, di un granchio, di una libellula.

L’opera si conclude con un messaggio ai figli, con un testamento poetico nella forma e nel contenuto (vi lascio una scala / traballante / incompiuta / con qualche scalino rotto / alcuni marci / e più di uno / intero. / Riparatela / mettetela in piedi / saliteci sopra / salite / fino a toccare la luce.).

Così è la vita, si potrebbe dire, che sta a noi improntare ai nostri sentimenti, una lunga scala che sale verso l’eternità.

Commenta