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Il cielo di Itaca – Gabriella Bianchi

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Lietocolle, 2011
 
Le pagine del libro presentano unsusseguirsi di quartine, in un linguaggio pulito e lontano da decadenze elirismi; tre strofe per ciascuna facciata, quasi che l’autrice in un idealeperegrinare sulla strada della vita, e in quella sua intima personale, a mano amano continui ad appuntare le sue emozioni e le sue impressioni.
Si tratta di un viaggio, di un diario lungoun anno, o meglio di una peripezia non preordinata, scandita dal susseguirsidelle stagioni, che qualche volta la riportano a tempi lontani: la neve è unlenzuolo leggero/ che profuma d’infanzia. Ma, tutto considerato, in unareviviscenza pascoliana, sempre la casa della poesia è ritenuta dall’autrice illuogo della fanciullezza interminabile.
Innanzi tutto, rileviamo la fiducia nellaparola poetica quale unica lama rivelatrice di ciò che accade o ci attornia, laquale, anzi, riesce a sollevarci dalla scabra quotidianità verso giardinipensili e verso il cielo. La poesia è un cerimoniale/ che lega la terra alcielo/ arte divinatoria/ per aprire porte serrate.
Altrove usa versi ancora più incisivi,soprattutto in relazione a se stessa, cui, evidentemente, non nega l’ustionepoetica: credo nel vangelo della mia poesia/ perché ogni poeta vero è unmessia/ che conosce a memoria le leggi/ e l’ordine del cosmo.
Qualche volta, però, ha attimi dicedimento: il mondo è spietato/ e i poeti si sono arresi/ Non hanno piùparole/ per lenire il dolore.
In realtà, dai tempi andati, quando ilpoeta sedeva a corte ed era insignito di onori, molte cose sono cambiate e lapoesia non ha più una posizione rilevante nelle vicende degli uomini, pertantoun poeta vale quanto un chicco di riso e non riesce a incideresull’assetto dei tempi per quanto li fustighi.
L’autrice dichiara anche la difficoltàdell’impegno preso con l’arte per attanagliare le parole: a volte ammaestro/parole feline/ funambole inquiete/ riottose al morso.
Tutto cade sotto la sua attenzione. Da unospunto visivo paesaggistico o meteorologico risale ogni volta a considerazionidi ordine universale collegate alla sua vicenda personale o, più in generale,alla vita dell’uomo.
Ho trovato più interessante, oltre allatenerezza dei versi dedicati alla madre defunta –ma anche al padre-, la partecivile e politica. Proprio oggi che i tempi globalizzati bruciano e ancora dipiù quelli nostrani, è abbastanza raro trovare esempi di denuncia, soprattuttonella poesia femminile.
Nella silloge, però, si svolge una criticaimpietosa che interessa tutta la civiltà occidentale in cui siamo immersi, acominciare dalla città di Perugia, sporca e indecente, da cui anche gli angelivolano via.
 E, continuando, l’autrice segnalal’ipocrisia della chiesa e la piaga della pedofilia, la televisioneimbonitrice, il precariato, le banche e il capitalismo internazionale,l’incompetenza della classe medica (forse i medici di Vibo/ sonoimbianchini/ che hanno comprato la laurea/ al mercato nero), che spesso siconsidera onnipotente, l’organizzazione sociale che tralascia di premiare ilmerito, la volgarità imperante, fino alla lotta per la giustizia e la libertàdei monaci birmani.
In questa suburra/ maleodorante e atroce/si vive in apnea e compressi/ come le pagine di un libro. 
Anche l’amore è passato nella sua vita senzadeporre semi duraturi. Usa termini bellicosi per definire la sua frustrazione: mihai attraversato/ con la follia di un proiettile, oppure l’amore èdivenuto/ guerra odio sterile.
Si adombra, nonostante la disillusione,anche una ricerca del divino, sebbene l’autrice indichi al poeta e al filosofoun percorso non di fede acritica ma di logica, vale a dire un tentativo diprovare l’esistenza di un ordine superiore attraverso un mezzo forgiatod’infinito, rappresentato dalla parola poetica.
Intanto ha riportato sulla terra a lettereminuscole alcuni termini confessionali,    come quelli  -vangelo, messia- indicati poco fa.
Dopo tanta burrasca G. Bianchi anela alcielo di Itaca: girata la boa/ non resta che il ritorno/ ad Itaca.
Itaca accolse Ulisse dopo le traversie e,quindi, nella metafora rappresenta l’approdo alla pace o almeno il desiderio ditrovare un posto quieto. Per l’autrice, che spesso fa riferimento alla suastanchezza esistenziale e al tragitto armai quasi terminato, potrebbe essere unpunto profondo della sua interiorità ma anche il luogo del riposo eterno alquale tutti saremo chiamati.

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