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Intervista con Gli Archimedi

9 min read
Forvojaĝi
 
Nati nel 2015, Gli Archimedi hanno costruito la loro identità sulla sperimentazione e sull’unicità della loro formazione, un trio d’archi composto da violoncello, violino e contrabbasso. Tutti e tre gli strumenti hanno infatti in comune la musica classica, ma sono molto rare le composizioni scritte per un trio di questo tipo. Inoltre, violino e contrabbasso sono caratterizzati da una certa versatilità che li rende ugualmente apprezzati non solo nella Classica, ma anche nel Jazz e nel Folk. Diventa così possibile per il gruppo mantenere un’impostazione cameristica da trio d’archi e, allo stesso tempo, dedicarsi alla sperimentazione di brani ascritti non solo alla musica classica, ma anche al filone folk e jazz.
Lo stesso nome, Gli Archimedi, è scaturito da un calembour, facendo di Archimede una sorta di allegoria della creatività e giocando sulla prima metà del nome che rimanda palesemente agli archi. Il trio in questo modo dichiara la propria ragion d’essere, ossia la ricerca di sonorità ed equilibri (o disequilibri) nuovi, attraverso diversi linguaggi musicali.
Il trio tuttavia non si trova a metà tra i generi, ma si basa su un attento studio dei brani scelti, in cui il centro del discorso musicale è la reinterpretazione, che si risolve in uno stile unico e del tutto personale. La formazione classica dei tre musicisti acquista così nuove sfumature grazie alla spiccata originalità nell’accostamento degli strumenti. Queste due componenti fanno sì che brani classici assumano connotazioni folk, e pezzi jazz acquisiscano nuove sfaccettature scalfite dal suo-no acustico dei tre strumenti che a turno improvvisano e accompagnano.
Album debutto, Forvojaĝi contiene brani che hanno fatto la tradizione del jazz, della musica classica, antica e folk. Una varietà artistica per nulla casuale ma tesa a disegnare l’immagine musicale del trio. Gli Archimedi sperimentano, adattano e reinterpretano un repertorio che ha fatto storia e che non è mai passato. Per loro è un modo per vedere il presente, per trovare un loro spazio nel mondo musicale di oggi. Per questo i loro strumenti non bastano più e occorre stravolgere gli ordini e i ruoli: il violoncello diventa un bouzouki greco, un duduk armeno, una chitarra manouche; il violino si trasforma in un banjo nordamericano, un clarinetto klezmer, una chitarra elettrica anni ’50; il contrabbasso diviene un violino da balera, un bodhràn irlandese e una percussione sudamericana. Il tutto rispettando canoni ed eleganza come solo un trio classico sa fare.
 
Formazione: Andrea Bertino Violino / Luca Panicciari Violoncello / Giorgio Boffa Contrabbasso
Twitter: twitter.com/GliArchimedi
 
Videoclip (Johnny B. Goode)
 
 
Andrea Bertino
Diplomato al Conservatorio di Milano sotto la guida del M° I. Krivenski, si è perfezionato con V. Brodski, F. Gulli, P. Vernikov, Z. Shikhmurzaewa. D. Schwarzberg. Musicista poliedrico, si esibisce in vari generi musicali, quali Classica, Jazz, musica popolare e Rock Progressive. Si è esibito come solista e strumentista in formazioni da camera in Italia, Spagna, Francia, Germania, Svizzera, Austria, Rep. Ceca, Polonia, Canada, Israele, Turchia e America Latina.

Luca Panicciari
Con un Diploma Accademico di II livello presso il Conservatorio di Cuneo (sotto la guida di P. Mosca), si è perfezionato con D. Destefano, B. Baraz e F. Dillon (Quartetto Prometeo). Ha partecipato a Master Class tenute da E. Bronzi, D. Cohen, A. Meunier e M. Sanderling. In passato è stato componente dell’Orchestra Giovanile Italiana e ha preso parte a tournée in Italia, Europa e Sud America, sotto la direzione di J. Tate, E. Inbal, R. Abbado, C. Desderi, G. Ferro, K. Penderecki e Y. Dinur. Ha fatto parte di diversi ensemble di musica classica e contemporanea, esibendosi in diversi teatri in Italia, Francia, Irlanda, Repubblica Ceca, Israele e Palestina.

Giorgio Boffa
Strumentista eclettico, si avvicina da subito allo studio dell’organo presso l’Istituto di Musica Sacra di Alba per poi dedicarsi al basso elettrico ed infine approdare al contrabbasso. Di qui, approfondisce il linguaggio jazz, e accosta agli studi classici una ricerca di percorsi stilistici nuovi e formule inesplorate di espressioni contemporanee. Si affianca a diversi gruppi musicali, collaborando con artisti quali Arturo Brachetti, Gerardo Balestrieri, Mike Stern, Dr Livingstone, Rino Vernizzi, Ezio Bosso, Paolo Zirilli, Fabio Giachino, Antica Officina dei Miracoli, Michele Ascolese, Tony Bungaro, Alberto Fortis.
 
 
AIB (Ene Sarere – Dowd’s Favourite – Ipsupsi Knuci) – Trad. Armenian – Irish – Bulgarian
Agala im Susa – Trad. Yddish
Seikilos – from Seikilos Epitaph first century A.D.
Autumn Leaves – J. Kosma
Road to Columbus / Say old man, can you play the fiddle? – Trad. Bluegrass/Old Style
La vie en rose/Minor Swing
Zefiro torna – C. Monteverdi
A media luz – E. Donato
Obsession / O pato – P. Flores / J. Silva, N. Teixera
Billie’s Bounce – C. Parker
Um a zero – Pixinguinha, B. Lacerda
All of me – G. Marks, S. Simons
Rondò alla Turca – W.A. Mozart
 
Intervista
 
Davide
Ciao. Come vi siete conosciuti e come nasce l’idea di un trio che rivisita musica del passato e dalle più disparate origini?
 
Gli Archimedi
Ciao Davide. Noi tre ci conosciamo ormai da diversi anni e, dopo aver suonato insieme per molto tempo in altre formazioni, abbiamo deciso di dare vita a questo progetto molto particolare. Essendo appassionati a diversi generi musicali, tra cui lo Swing, il Gipsy Jazz, la Musica Tradizionale e la Classica, è nata l’idea di convogliare questi interessi musicali in un unico progetto con l’intento di introdurre, da un lato l’elemento dell’improvvisazione anche jazzistica in alcuni casi, e dall’altro di sperimentare e di giocare, attraverso i suoni “classici” dei nostri strumenti, con il sound di altri generi musicali.
 
Davide
For + vojaĝi, quindi partire, andare via dall’esperanto, la lingua franca artificiale inventata da Zamenhof. Si può considerare la musica come una lingua franca? In che modo, secondo voi, fa dialogare i popoli?
 
Gli Archimedi
Michel Petrucciani diceva che la musica è il linguaggio universale, quindi si può considerare in effetti come una lingua madre comune a tutti. Che questa rappresenti un modo per far dialogare i popoli è difficile a dirsi, perchè ci sono delle differenze non solo culturali legate alle diverse tradizioni musicali di cui bisogna tenere conto. Forse un modo può essere quello legato al concetto di energia o “elettricità” (quando la musica ti fa venire la pelle d’oca!) che alcune musiche trasmettono, per esempio un brano tradizionale scozzese suonato da una great hihgland bagpipe può essere elettrizzante quanto un brano Rock’n’Roll!
Ritornando al disco, il titolo “Forvojagi” ci è sembrato opportuno per descrivere il tipo di viaggio musicale che abbiamo deciso di intraprendere, ovvero partire senza stabilire necessariamente una meta e senza preoccuparsi troppo delle tappe, costruendo il percorso ”on the road”. Quindi siamo “partiti” con un brano tradizionale Armeno per arrivare con il Rondò alla Turca di Mozart!
 
Davide Riccio
Come nasce un riarrangiamento, una reinterpretazione degli Archimedi?
 
Gli Archimedi
Gli arrangiamenti nascono direttamente in prova dopo averli suonati molte volte. Dopodichè i brani poco a poco prendono una loro forma che si consolida, mantenendo però una certa flessibilità che permette di renderli sempre vivi durante il concerto live.
 
Davide
Quando rielaborate più brani in un medley, cosa vi guida nell’accostamento di uno all’altro (per es. La vie en rose a Minor Swing ecc.) o di uno agli altri (come in AIB)?
 
Gli Archimedi
Pricipalmente l’istinto, oppure può essere anche solo una nota o un suono a guidarci nell’accostamento di un brano all’altro.
 
Davide
Quali stimoli in particolare mirate a suscitare nell’ascoltatore?
 
Gli Archimedi
Non miriamo a suscitare uno stimolo in particolare, più che altro in concerto forse fantastichiamo sul fatto che, se un certo brano suscita in noi una certa “elettricità” magari la stessa viene provata dall’ascoltatore. Possiamo dire che a volte capita e ne siamo molto contenti!
 
Davide
Quartetto Bălănescu, gli Archimisti, i Quartetti Effe e Archimia, Vitamin String Quartet, Solis String Quartet e avanti. Sono molti i quartetti d’archi dedicatisi al rifacimento di musica pop, rock, jazz ecc. per questo classico tra i più classici ensembles strumentali, senza contare l’uso del quartetto nella stessa musica rock (Elvis Costello vi ha fatto un intero disco di notevole bellezza,  The Juliet Letters…) Decisamente più raro invece incontrare un trio di violino, violoncello e contrabbasso. Ci sono degli ensembles d’archi che apprezzate particolarmente tra quelli che si dedicano come a voi a rileggere pagine musicali d’altro genere dal classico?
 
Gli Archimedi
Oltre ai gruppi che hai citato ce ne sono alcuni che ultimamente apprezziamo molto, uno di questi è il Masada String Trio, un gruppo degli anni ’90, con una forte impronta jazzistica legata anche all’improvvisazione libera, oppure il Barokkosolistene un gruppo Norvegese molto bravo che interpreta musica barocca ma si dedica anche al crossover. In realtà ci ispiriamo anche ai solisti, uno di questi è Gilles Apap, Stefano Bollani, Hank Roberts un violoncellista statunitense molto interessante per citarne alcuni, ma ce ne sono molti altri!
 
Davide
Come vi ponete rispetto a un brano reso strumentale, non più cantato, al quale vengono a mancare perciò le sue originarie parole. Voglio dire, la forza di brani come “Johnny B. Goode” o “La vie en rose” sta nel fatto di avere anche delle parole indimenticabili, tali da essere un tutt’uno con la musica? Come vi supplite?
 
Gli Archimedi
Per rispondere mi rifaccio a un altro brano che interpretiamo nel disco, Zefiro Torna di Claudio Monteverdi. Qui viene a mancare il concetto di “madrigalismo”, cioè l’aderenza musicale al testo poetico, intrinseco a questi brani cantati di epoca barocca. In questo caso, non potendolo cantare, ci siamo limitati a mantenere la struttura del basso continuo affidando le due voci originali al violino e al violoncello. In questo modo abbiamo cercato di conservare, o forse di ricreare a modo nostro, il ritmo musicale che scaturiva dalle due voci originali. In maniera simile è stato anche per le altre canzoni riarrangiate.
 
Davide
Ci sono due modi di sfuggire alle miserie della vita: la musica e i gatti”, affermò Albert Schweitzer, non solo un filantropo, ma anche un grande organista. A cosa serve la musica secondo gli Archimedi?
 
Gli Archimedi
Già questa è una bella definizione! Non crediamo che la musica serva necessariamente a qualcosa, per noi sicuramente non rappresenta solo un “lavoro” ma è anche una ragione di vita.
 
Davide
Datemi un punto d’appoggio e vi solleverò il mondo, disse Archimede. Qual è il vostro, vi si potesse sollevare, spostare un po’ più “in alto” ma anche alleggerire il mondo?
 
Gli Archimedi
Forse per noi il punto d’appoggio è fatto di tanti piccoli punti d’appoggio che di volta in volta troviamo, spostiamo o addirittura eliminiamo quando si tratta di arrangiare un brano nuovo.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Gli Archimedi
Abbiamo in cantiere diversi concerti e collaborazioni, forse un disco nuovo prossimamente.
 
Davide
Grazie e à suivre…
 
Gli Archimedi
Grazie a te
 
 

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