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Sail to India

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gioco per 3-4 persone
Autore: Hisashi Hayashi
Editore: Alderac Entertainment Group (www.alderac.com)
 
Nel quindicesimo secolo il Portogallo, a causa del controllo del Mediterraneo da parte degli Ottomani, si era ritrovato nell’impossibilità di continuare i suoi commerci con l’oriente, e quindi i suoi navigatori hanno iniziato ad esplorare nuove rotte, anche grazie ai progressi tecnologici che permettevano di spingersi al di là delle rotte conosciute.
Vedendo l’ambientazione di questo “Sail to India”, ci saremmo aspettati un’altra nazionalità dell’autore, ma dal nome si può intuire che Hisashi Hayashi è giapponese, ed è un autore che ha già al suo attivo un buon numero di titoli, anche se poco conosciuti dalle nostre parti. E vedendo regole e componenti pare proprio che gli autori nipponici ricerchino un certo “minimalismo” (come Machi Koro, da poco pubblicato nel nostro paese da Uplay.it), minimalismo che però non porta al semplicismo, anzi, siamo di fronte ad un piccolo gioiello, che nasconde tra i suoi pochi componenti un “motore di gioco” molto sofisticato, che non aspetta altro che essere “messo in moto” da noi giocatori; andiamo a vedere nel dettaglio di che cosa si tratta.
La scatola è molto piccola (più o meno come quelle per due mazzi di carte) e contiene:
– un mazzo di carte di grande formato (di varie tipologie),
– cubetti di legno in quattro colori,
– il regolamento (in inglese).
I materiali, ovvero le carte, sono di buona qualità e ben illustrate, il grande formato potrebbe rendere più complicato trovare le bustine adatte, ma in realtà non vanno maneggiate molto spesso, per cui si può giocare anche senza. Ci sono scritte in lingua un po’ dappertutto, ma dato che non ci sono elementi segreti è sufficiente che un giocatore conosca l’inglese (in realtà oltre all’originale in giapponese hanno prodotto questo gioco anche in altre lingue, come il tedesco e il francese).
Per la preparazione si allineano le tre carte con le tecnologie (costituiscono una piccola plancia), si piazza la carta Lisbona sul tavolo, si mischiano le altre carte costa e se ne rivelano tre, da mettere a destra di Lisbona, le altre formano il mazzo di pesca (giocando in tre se ne rimuovono tre a caso); poi ogni giocatore riceve una carta storico, una carta dominio (sono in pratica piccole plance con delle tracce numerate), una carta riassuntiva e cinque cubetti (gli altri vanno nella riserva): uno va su Lisbona, uno indica la velocità iniziale per le navi (ovvero uno spazio, sulla carta dominio), e tre per gli scienziati (sulla carta dominio c’è lo spazio apposito). Si decide il primo giocatore (in teoria chi è stato più recentemente su una nave) e si può iniziare, dopo aver assegnato un certo punto di monete in base all’ordine del turno.
Per quanto riguarda monete e punti vittoria, sulla carta storico si segnano i punti vittoria, dato che c’è una traccia da uno a cinque, con ogni cubetto (che rappresenta uno storico) si possono registrare fino a cinque punti (i cubetti si prendono dalla carta Lisbona), lo stesso sistema si usa sulla carta dominio per il denaro, ovvero ogni cubetto (banchiere) si registrano fino a cinque monete: questo implica che spendendo soldi si può arrivare a togliere banchieri da questa carta (che tornano sulla carta Lisbona).
Nel proprio turno, un giocatore effettua due azioni, scegliendole tra le seguenti (si può ripetere due volte la stessa azione):
– aggiungere un cubetto (prendendolo dalla scorta) a Lisbona, pagando una moneta,
– muovere le navi, ovvero, si possono prendere i cubetti che si trovano a Lisbona e spostarli nello spazio sotto le altre carte (qui rappresentano navi in mare) fino al massimo movimento consentito (inizialmente è di uno spazio, ovvero si possono spostare nella carta adiacente), oppure spostare le navi che si trovano già in mare; una volta effettuato il movimento, se una nave ha raggiunto una carta coperta la può scoprire, e guadagnare un punto vittoria (due se si tratta dell’ultima carta, che rappresenta l’India; infine, il giocatore può spostare le navi dal mare alla carta, e posizionarle sulle risorse rappresentate (per poi venderle in seguito), notare che in ogni carta ci sono due risorse differenti, e solo un cubetto può occupare uno spazio risorsa.
– vendere merci, un giocatore può riportare cubetti dalle proprie risorse a Lisbona, e ottenere monete e punti vittoria in base al numero di merci differenti (da una fino ad un massimo di sei).
– costruire edifici, ogni carta contiene due edifici (fortezza, mercato o chiesa), un giocatore può convertire una nave o una merce in un edificio pagando due monete (ogni edificio può essere costruito solo una volta). Una fortezza vale un punto vittoria e permette ad un giocatore di spostare automaticamente le navi da Lisbona alla fortezza; un mercato vale un punto vittoria e quella merce nella vendita (senza dover utilizzare il cubetto stesso); una chiesa vale due punti vittoria.
– aumentare il movimento delle navi: spendendo due monete si può portare il movimento a due spazi, spendendone altre quattro lo si può portare a tre.
– acquisire una tecnologia: uno dei tre scienziati può essere posizionato su una tecnologia pagandone il costo in monete, da questo momento in poi il giocatore la potrà utilizzare (ci sono vari potenziamenti, ma soprattutto si tratta di metodi per ottenere punti vittoria aggiuntivi), solo un giocatore potrà acquisire una specifica tecnologia, e non si potranno ottenere scienziati aggiuntivi (ovvero, si è limitati a tre tecnologie).
Oltre a queste azioni, un giocatore può sempre (senza spendere azioni) richiamare navi, merci, edifici, banchieri o storici su Lisbona, nel caso in cui abbia bisogno di un cubetto e non ve ne siano.
La partita continua in questo modo fino a quando non si verifica una di queste due condizioni:
– viene scoperta l’ultima carta (l’India),
– due giocatori rimangono senza cubetti in riserva.
Il giocatore che fa scattare la condizione finisce il proprio turno, poi ogni altro giocatore (tranne lui) esegue l’ultimo turno. I punti vengono conteggiati sommando quelli degli storici, gli edifici e le tecnologie che danno punti a fine partita; in caso di parità la vittoria va a chi ha scoperto l’India, in seconda battuta (se chi ha scoperto l’India non è tra coloro che stanno pareggiando) a chi ha più monete, e successivamente a chi ha più punti vittoria con gli storici. Se i giocatori sono ancora in pareggio, la partita finisce in parità.
Quello che colpisce maggiormente, giocando a Sail to India, è la pulizia dei meccanismi e il modo con cui l’autore è riuscito a gestire tanti elementi con una “sola” risorsa, ovvero i cubetti: tutto ruota intorno alla loro manipolazione e alle decisioni che bisogna prendere che riguardano dove posizionarli (e spesso questi posizionamenti sono definitivi). Alla base c’è la necessità di procurarsi monete, attraverso il movimento delle navi e il loro posizionamento sulle risorse, ma le monete sono solo un tramite (anche perché non portano direttamente ai punti vittoria) ma un mezzo attraverso il quale migliorare le proprie possibilità, attraverso l’acquisizione di altri cubetti, edifici e tecnologie; e riguardo queste ultime, le decisioni più importanti che devono prendere i giocatori sono come utilizzare i tre scienziati (una scelta definitiva) e quali edifici costruire, scelta questa che dipende anche dalle tecnologie scelte (ad esempio, se si ottiene la Gilda, per massimizzare il punteggio si dovranno costruire mercati, mentre con il Sistema Bancario si potranno trasformare direttamente monete in punti vittoria, e così via). E non ultimi ci sono i cubetti che si dovranno destinare agli storici, man mano che si ottengono punti; i banchieri invece non sono una scelta definitiva, e quindi sono meno importanti (è molto improbabile avere bisogno in un certo istante di più di due banchieri).
Quindi abbiamo un gioco semplice, ma sicuramente non banale, dalla durata contenuta (dalla mia esperienza, meno dell’ora indicata sulla scatola) e dal costo altrettanto contenuto, anche l’alea è molto ridotta, dato che l’unica variabile è l’ordine con cui vengono pescate le carte (oltre alle mosse altrui), ovvero non ci sono effetti variabili alle azioni dei giocatori; un difetto può essere la limitata scalabilità, dato che vi si può giocare solo in tre o quattro persone, ma se siete in due c’è sempre l’opzione di utilizzare due colori a testa, e attribuire la vittoria a chi ha il punteggio più elevato con il proprio colore dai punti inferiori.
In conclusione, complimenti all’autore, e anche all’editore, che decidendo di pubblicare un’edizione in inglese ci ha permesso di conoscere questo gioco (e questo autore), che altrimenti sarebbe rimasto, ahimè, relegato nel Paese del sol levante.

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