KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

200 numeri ma soprattutto quasi 20 anni….

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Ho una memoria fallata, spesso non mi ricordo di cose fatte ieri, confondo le cose e spesso i ricordi. Riportarla al '94 o giù di li mi richiede un certo sforzo.
Si intenda, e' uno sforzo che faccio molto volentieri, anche perché si tratta di piacevoli ricordi. Lo sforzo non è relativo al ricordarsi di quei tempi lontani, ma nel recuperare le sensazioni che avevo al tempo nel fare una cosa speciale, unica.
Ancor oggi incontro persone dopo le solite le 2-3 frasi di convenienza, saltano fuori con la domanda “ma KULT lo fate ancora”?
E' un progetto, un evento che e' rimasto impresso non solo nella mente di chi vi ha partecipato ma anche in chi lo ha letto una volta o anche solo sentito nominare.
Che sia stato precursore dei tempi, geniale dal punto di vista tecnico e interessante nei contenuti è qualcosa di assodato. Basta prendere in mano un numero di allora, catapultarsi per un attimo al mondo informatico e multimediale di quel tempo e comparare le due cose.
Ma se devo scegliere un momento a cui sono legato personalmente scelgo il momento della chiusura del numero, che di solito cadeva il giovedì sera.
Il ritrovarsi era dettata dalla necessità di portare fisicamente gli articoli raccolti a mano dai vari collaboratori, spesso riscritti al computer da noi stessi e chiudere il numero.
Lasciate per un attimo da parte smartphone, tablet e portatili multimediali, email in ogni dove, ADSL wifi e tutto il resto di oggi e pensate un attimo ad un dischetto, quello in plastica colorata rigido da 3 pollici “e mezzo”. Quello da un mega “e mezzo”, in cui oggi a fatica ci entra una foto. Quello era il nostro mezzo di distribuzione e di condivisione dei contenuti. Si arrivava con qualche floppy con sopra gli articoli e ce ne andavamo con il numero montato.
Era un momento importante in cui si ordinavano gli articoli, si completava il sommario, si controllavano le ultime cose prima dell'ultima correzione di bozze e chiusura definita del numero. Tutti in qualche modo partecipavano ma era Marco di solito che faceva i salti mortali per far stare tutto dentro a quella sottiletta di plastica.
Oltre al numero si parlava di qualche nuovo punto di distribuzione (no, niente mail, web, twitter, facebook e affini….il 1994, capisci?), di chi portava il numero a quella biblioteca e chi invece in quell'altra, chi lo spediva a qualche lontano indirizzo che l'aveva richiesto, cosa fare per l'evento che ci aveva chiamati in causa, la divisione dei vari collaboratori per la raccolta degli articoli del mese successivo. Capitava anche che non c'era tanto da fare e si finiva presto per andare a bere una birra assieme.
Si era li' per una idea, perché ti sentivi parte di un qualcosa importante. Qualcosa in cui credevi e che ritenevi valido, anche se, come nel mio caso, non rappresentava la tua vita. Non ho mai amato scrivere, non avevo velleità artistiche da promuovere, ne avevo una irrefrenabile passione da condividere. Ma quando lo iniziavi a guardare, lo sfogliavi, ti faceva venire voglia di farne parte, di dire la tua su un articolo letto o di portare qualcosa di tuo agli altri. E questo l'avevano capito in tanti.
Per questo motivo per quanto provi affetto per KULT non riesco a metterlo davanti a chi lo aveva reso possibile facendone parte. Da Marco all'ultimo dei collaboratori.
Ricordo la luce soffusa, gli aperitivi del dopo cena, le discussioni e le differenti visioni che avevamo. Ricordo l'amicizia e la voglia di fare che ci teneva uniti.
Ricordo la pazienza di Marco che mentre finiva di mettere gli ultimi ritocchi al numero si sorbiva il brusio delle nostre chiacchiere sul piu' e il meno. Era un momento dedicato a KULT ma ad anche tante chiacchiere, che non sempre sono inutili.
Ogni tanto ci richiamava all'ordine a decidere su una cosa o sull'altra. Non l'ho mai visto cedere di un passo.
E se oggi KULT esiste lo si deve soprattutto a lui.
 
Il contributo alla diffusione di KULT Underground (e all’espansione, in termini di articolisti) di Gianluca Meassi è stato davvero ampio. E’ a lui che si devono molte delle rubriche che ci hanno caratterizzato nei primi anni, sono suoi o di suoi contatti molti degli articoli sui giochi di ruolo, ed è grazie a lui che il nostro dischetto è stato distribuito nei posti più impensati, tra cui anche (almeno) un negozio di dischi indie e rock – forse, in qualche modo, il posto più azzeccato di tutti, insieme alle biblioteche.

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