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Constlan Editore: Pubblicare per chi Ama Leggere

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Constlan Editore: Pubblicare per chi Ama Leggere

 

Una casa editrice da scaffale di libreria, non da vetrina o banchi delle novità, ma i cui più vecchi libri (anni Ottanta) vengono ancora venduti e ristampati

 

I Vostri consigli a un autore esordiente?

In primo luogo scrivere per il piacere, o per il bisogno, di scrivere, non necessariamente per essere pubblicati. Poi leggere. Gli autori veri (quelli pubblicati prima degli anni Ottanta). Leggere anche quelli successivi (pulp, cannibali e via dicendo) per capire come e cosa non scrivere. Infine leggere e rileggere cento volte il proprio scritto, eliminando ogni volta qualcosa. I grandi scrittori del passato non hanno mai scritto per un editore (almeno il primo libro) hanno sempre scritto per sé.

 

Un esordiente come deve presentarVi un manoscritto?

Assolutamente no a sinossi, estratti et similia. Non ci sono storie nuove, quindi un breve sunto non dice assolutamente niente. Aggiungere due righe di biografia che permettano di inquadrare l’autore, ovvero studi fatti, età, luogo di residenza. È chiaro infatti che nel giudizio conta ad esempio molto l’età e il luogo: se un brutto scritto di un laureato di trent’anni di Milano può essere solo cestinato, un mediocre scritto di un ventenne che vive in campagna può essere suscettibile di miglioramento e meritare in seguito la pubblicazione. O per lo meno può valer la pena dargli dei consigli.

 

Come può orientarsi un esordiente nella selezione delle case editrici a cui inviare il proprio lavoro?

Se non si hanno santi in paradiso conviene evitare le grandi case editrici (che normalmente aspettano che un autore sia scoperto da un piccolo editore) e affidarsi … alla buona sorte. Per risparmiare tempo, soldi, fatica e delusioni conviene scrivere (per posta, meglio, o email) chiedendo se sono interessati alla lettura di un esordiente (con le note bio di cui sopra) e specificando solo il tipo di scritto (romanzo, racconti, altro). Evitare di mandare dattiloscritti (soprattutto se per raccomandata, prioritario o corriere espresso: con i soldi risparmiati comperarsi invece un buon libro).

 

Vi sentite di indicare qualcosa di particolare a un emergente circa la revisione dei suoi testi?

Ogni neoscrittore, soprattutto se giovane o giovanissimo è influenzato da uno o più autori di riferimento: per la revisione oltre a quanto detto sopra cercare di immaginare, che non vuol dire imitare pedissequamente, come quell’autore avrebbe scritto un determinato passo. Ma soprattutto togliere tutto il superfluo: se si ha una buona dose critica ci si renderà conto, rileggendo gli scritti a distanza di qualche tempo, dopo averli fatti sedimentare, che molte cose che parevano essenziali non aggiungono nulla al testo, anzi. Solo allora, e solo dopo aver ricevuto risposta affermativa da una casa editrice, inviare il testo.

 

Ritenete che sia fondata l’utilità dei corsi di scrittura?

L’utilità dei corsi di scrittura non solo è fondata, ma è essenziale: per chi li organizza e ci campa. Se un aspirante autore ritiene che un corso di scrittura possa servirgli per essere pubblicato (non a pagamento) è meglio che accantoni l’idea di diventare un vero scrittore. A scrivere si impara solo scrivendo e leggendo. È come per la bicicletta, o meglio per l’automobile: una scuola guida può insegnare i rudimenti e le nozioni basilari, ma a districarsi in mezzo al traffico si impara solo facendo chilometri e chilometri da soli in mezzo al traffico. Lo stesso vale per le agenzie letterarie che già hanno troppo da fare per piazzare e curare gli interessi di chi già hanno in scuderia.

 

Domanda cruciale: Scrittori si nasce o si diventa? In breve quanto conta il talento di base rispetto a quanto si può eventualmente acquisire in seguito a livello di tecnica?

Scrittori certo si nasce, in alcuni, rarissimi, casi; è più facile diventarlo con il tempo e con l’esercizio. Il problema resta sempre lo stesso: occorre aver voglia, bisogno, di scrivere esclusivamente per se stessi e sentire il bisogno di raccontare qualcosa. E prendere appunti. A volte si è colpiti da un’idea, da un fatto, da un’immagine che stimolano a ragionarci sopra. Prenderne nota e aspettare che il racconto si sviluppi nella testa. E provare a scrivere (magari dopo molto tempo) per cercare di far sì che il lettore a sua volta provi la stessa sensazione di stimolo, di curiosità che abbiamo provato quando ci è venuta in mente per la prima volta. Non innamorarsi dei propri scritti e soprattutto dei propri soggetti. Non lasciarsi condizionare a ogni costo dallo sviluppo previsto: tante volte gli scrittori sono partiti con l’intenzione di scrivere una certa storia e poi, strada facendo, ne è venuta fuori una completamente diversa. E questo è un buon segnale: se si inizia con un’idea e si va poi in un altra direzione vuol dire che la storia va avanti da sola, che è lei che si scrive da sola.

 

Si dice che l’aver vinto dei concorsi letterari a volte sia un’arma a doppio taglio nei confronti delle case editrici. E’  vero? Insomma, giova o gioca a sfavore?

I concorsi letterari lasciano il tempo che trovano: anche per loro vale quanto detto sopra, servono soprattutto a chi li organizza. Servono agli scrittori che vogliono nel loro palmares la medaglietta vinta alla gara della scuola, non a chi aspira anche solo a partecipare a un campionato vero.

 

Tra centinaia di manoscritti che una casa editrice esamina, quali sono i particolari che possono significare la differenza?

Di certo si è più ben disposti verso una bella e intelligente (che non vuol dire spiritosa o ruffiana) lettera di accompagnamento.  E poi il famoso, maledetto incipit. Le prime righe (pagine) fanno sì che si vada avanti nella lettura o si cestini. La chiave è comunque sempre la scrittura, che deve colpire e invitare a continuare. L’argomento è secondario perché tutto è già stato scritto.

 

Vi è mai capitato, come dire, di non dare considerazione a una giovane promessa, che poi magari è stata “scoperta” e lanciata da altre case editrici concorrenti?

Certamente, credo sia successo a tutti gli editori, ma non è certo un dramma.

 

Siete dunque alla ricerca più di un valido professionista, altamente motivato, e capaci di vendersi bene, piuttosto che di un diletttante entusiasta. Me lo conferma?

La nostra casa editrice per la narrativa esamina, e quindi eventualmente pubblica, solo autori esordienti o autori già da noi pubblicati, tutti il resto non ci interessa.

 

Autori continui, regolari, costanti, che scrivono con regolarità e che si suppone possano crescere fino a raggiungere un alto livello di professionalità e di bravura. Potrebbe essere questo l’identikit del Vostro autore ideale?

Fatte poche eccezioni tutti i grandi libri (soprattutto di autori italiani) sono stati i primi libri scritti, quelli scritti (v. sopra) per se stessi. Quelli ancora non condizionati, anche inconsciamente, dalla critica o dalle semplici considerazioni dei lettori. Quelli che non sono stati scritti per rispettare un contratto o per pagare le bollette. Scrivere con regolarità (solo per rispettare impegni presi) serve solo a produrre opere in serie, nel migliore dei casi di maniera. I libri buoni nascono solo se si ha qualcosa dentro, non per rispettare una data di consegna.

 

E quando ne incontrate uno da cosa siete in grado di riconoscerlo? E soprattutto siete veramente certi di essere in grado di riconoscerlo?

Certi di riconoscerlo no, è tutto troppo soggettivo.

 

Una volta che avete individuato un autore promettente fino a quanto e come siete disposti ad investire su di lui?

Fino al punto di pubblicarlo.

 

Eppure nonostante tutto sugli scaffali delle librerie ancora si continuano a vendere solo e soltanto i bestsellers di autori affermati, questa tendenza non si prevede invertibile,  o forse qualcosa sta cambiando?

Qualcosa può lentamente cambiare grazie però solo al passaparola e a internet. Esistono fortunatamente lettori “intelligenti” che sanno scegliere e non si fanno condizionare solo dalla pubblicità. Purtroppo la colpa principale è degli editori che pubblicano troppi libri e troppi libri di mediocre qualità. In questo modo non si rendono conto che i lettori veri dopo due o tre fregature non si fanno più abbindolare e prima o poi finiscono di essere lettori di “quei” libri e di quegli editori.

 

Ultimamente quali sono gli autori esordienti sui quali avete deciso di investire particolarmente?

Attualmente per la narrativa stiamo portando avanti il progetto Under 25 che vedrà prima dell’estate l’uscita di un’antologia (Under 25. Terzo millennio) di racconti di autori esordienti con meno di 25 anni. Nella seconda metà dell’anno pubblicheremo invece uno o due romanzi, sempre di autori Under 25. Il progetto proseguirà poi con la pubblicazione di un’antologia all’anno (se ci saranno racconti sufficienti) e di qualche altro romanzo. Diverso è il discorso per la saggistica dal momento che siamo molto attenti al mondo universitario e ci capita spesso di pubblicare, opportunamente modificate e riscritte, tesi di autori che sono comunque esordienti.

 

E il risultato che avete ottenuto in questi casi è stato rispondente alle Vostre aspettative?

Certamente, anche perché, sempre per la narrativa, non miriamo all’autore da un milione di copie, ma a tanti autori esordienti che siano di dignità pari, se non superiore, a molti libri pubblicati da autori affermati. Per la saggistica il discorso è invece diverso e comunque sempre di soddisfazione. Anche in questo caso non si tratta tanto di soddisfazione economica ma della soddisfazione di aver fatto un libro giusto: a ottobre pubblicheremo per esempio un libro (tratto da una tesi) sull’arte aborigena. Non pensiamo di venderne migliaia di copie e probabilmente a stento recupereremo le spese, ma è un bel libro su un bell’argomento. Che poi possa interessare a quattro gatti è del tutto marginale.

 

Quali sono le modalità per inviare un manoscritto alla Vostra casa editrice?

Mai per raccomandata, per il resto vedi sopra. Il più delle volte è inutile mandare un libro non richiesto, quindi meglio anticipare cosa si vuole proporre.

 

Quante persone si occupano della lettura dei materiali pervenuti in redazione e che procedure seguono per l’esame, la valutazione e il responso finale?

Per la saggistica abbiamo numerosi lettori specializzati nelle varie discipline, anche se il primo esame viene sempre fatto internamente. Per gli Under 25 (cfr. www.under25.it) lavoriamo in collaborazione con il Caffè Versato (un circolo letterario nato nell’ambito della Facoltà di Lettere della Cattolica di Milano): ragazzi ventenni che giudicano e selezionano autori coetanei (con il supporto di professori e salvo comunque l’imprimatur della casa editrice).

 

La Vostra posizione sul fenomeno oramai tanto diffuso della Pubblicazione con Contributo o a Pagamento?

È il solito discorso. Se a uno interessa vedere il proprio nome stampato è libero di fare quello che vuole, come è libero di comperare un titolo nobiliare o una laurea estera. Se vuole fare lo scrittore è tutto un altro discorso. Si paga, sì, ma con sangue, sudore e lacrime. Non in soldi. Noi per esempio quando riceviamo, e capita spessissimo, libri pubblicati a pagamento con richiesta di esame e eventuale pubblicazione, li cestiniamo automaticamente.

 

Una volta deciso di investire su un particolare autore, quali sono i meccanismi di promozione che adottate per incentivare l’iniziativa?

Non potendo, e non volendo, fare pubblicità contiamo (poco) sulla critica e molto sul passaparola oltre a iniziative promozionali mirate.

 

Capita invece che qualche nuovo autore, dopo la prima opera, Vi proponga un nuovo lavoro per la pubblicazione, e che Voi vi troviate a rifiutarlo a causa dei risultati non soddisfacenti di vendita finora ottenuti? Vi trovate a volta a dover dire di no a un Vostro pupillo?

Una seconda possibilità la si concede a tutti sempre che il libro sia ritenuto meritevole indipendentemente dal risultato commerciale (anche perché se crediamo in un libro siamo portati a attribuire a colpa nostra e non dell’autore un eventuale insuccesso). Per il terzo, eventuale, tentativo gli consigliamo di rivolgersi a altri editori nel reciproco interesse.

 

E’ vero che molti autori esordienti calano di livello dopo il primo successo, o peggio ancora non sono in grado di mettere a punto la seconda opera e rinunciano del tutto? E in caso come Ve lo spiegate?

Cfr. quanto detto sopra. Un autore è veramente libero, e quindi motivato, solo quando scrive per la prima volta. Dopo l’esordio è quasi impossibile non essere condizionati.

 

Nell’economia generale del Vostro catalogo quanto puntate sulle opere degli autori esordienti?

Sono la maggioranza

 

Quale può essere una buona tiratura per un romanzo di esordio di un autore italiano?

Per nessun libro (nemmeno se adottato) stampiamo più di 1.000 / 1.500 copie. I magazzini sono pieni di libri invenduti e ristampare costa poco anche in termini di tempo.

 

Rimane ancora vero che il sogno di ogni editore è quello di creare un autore, e dunque un nuovo fenomeno editoriale?

Non per noi. Noi vogliamo pubblicare (non creare) autori che possano raggiungere il pubblico cui sono naturalmente destinati. Il valore di un libro non si giudica quasi mai dalle copie vendute: se così fosse dovremmo considerare capolavori libri che fra qualche anno (o fra qualche mese) nessuno mai citerà, se non, forse, come “fenomeni” di marketing. Sarebbe come dire che i programmi televisivi con maggior audience sono i migliori: purtroppo sappiamo che non è così. I “fenomeni” editoriali possono capitare a tutti e spesso per motivi del tutto incomprensibili. Anche se al giorno d’oggi sono quasi sempre costruiti a tavolino. Quando capitano ai piccoli editori ne sono spesso stati la rovina: trovare un autore da 100.000 copie in un anno significa che l’anno successivo, se non si trova, come non si trova, un altro autore da 100.000 copie occorre averne dieci da 10.000 o più probabilmente cento da 1.000. ma non è comunque la stessa cosa.

 

Parliamo di percentuali, su centinaia di manoscitti inviati a una casa editrice quanti sono ragionevolmente proponibili e quanti di quelli accettabili giungono poi alla pubblicazione? Insomma su che numeri viaggia la selezione di un nuovo autore? I nostri lettori sospettano che la probabilità di riuscire sia paragonabile alla vincita dell’Enalotto, è davvero così?

Considerando che non c’è praticamente italiano che non scriva è probabilmente così. Però anche se per la narrativa il livello medio è piuttosto basso, non è così che va impostato il discorso. Purtroppo troppa roba pubblicata negli ultimi anni fa pensare “Se ha pubblicato lui (lei) questo libro posso farlo anch’io”. La realtà è che il libro, come tutte le altre opere dell’ingegno, non è un prodotto industriale e non può quindi fare riferimento a statistiche e percentuali. E, a costo di essere sin troppo noioso, torniamo al solito discorso: quanti sono quelli che scrivono per se stessi e quanti per essere invece pubblicati? Quanti scrivono per il piacere di farlo e quanti invece per raggiungere fama e soldi (come è successo a troppi inetti)? Quando un esordiente ha come prima preoccupazione quella di registrare il proprio scritto alla SIAE e comunicarlo a belle lettere (e sono ormai numerosi) significa una notevole dose di presunzione: “Ho scritto un capolavoro e non voglio che me lo copino!” Ecco qui siamo sulla strada sbagliata (e anche in questo caso da noi sono già molto vicini al cestino).

 

Non dovreste essere Voi a cercare gli autori, e non essere viceversa sottoposti da questi ultimi a un costante ed asfissiante corteggiamento?

Per la saggistica è possibile e a volte lo si fa, anche se i risultati non sono mai stati entusiasmanti, ma per la narrativa come si fa? Fermiamo la gente per strada? Noi comunque con il progetto Under 25 è quello che cerchiamo di fare: diamo a tutti un’opportunità, chiediamo agli autori di mandarci i loro racconti.

 

Quali sono le opere che prediligete? E in base a quali criteri progettate le collane editoriali? Successo di pubblico, o passione per il genere letterario prescelto?

Come detto non esistono argomenti nuovi, esistono modi di scrivere. Se uno sa scrivere e ha una storia può essere di qualunque tipo dal giallo al rosa (il discorso vale ovviamente solo per la narrativa).

 

Come fa un autore a sapere che sorte ha avuto il suo manoscritto inviato in lettura presso di Voi?

Noi che siamo tra i più piccoli riceviamo (tra posta e email) non meno di una ventina di proposte ogni settimana (purtroppo ci sono dei picchi anche più alti ma non siamo ancora riusciti a capire a cosa siano dovuti). Oltre a ciò riceviamo ancor più richieste di assunzione e collaborazione. Se, come in teoria sarebbe giusto, dovessimo rispondere a tutti dovremmo avere una persona dedicata solo a questo ed è chiaro che non ce lo possiamo permettere. D’altra parte nel nostro sito e nei nostri cataloghi è scritto a chiare lettere cosa pubblichiamo e cosa non pubblichiamo: non vediamo perché dovremmo quindi rispondere. Il discorso non vale per Under 25 perché siamo noi che chiediamo e quindi rispondiamo, anche se molto sinteticamente, a tutti (anche agli under 25 che ci mandano materiale senza essere a conoscenza del progetto).

 

La politica editoriale non è mai incentrata su un solo libro, ma è rivolta generalmente alle potenzialità dello scrittore, ma come si può con un esame frettoloso di poche pagine di ogni manoscritto individuare non solo il valore letterario di un’opera ma anche le capacità di sviluppo di chi scrive e che potrebbe diventare un buon autore?

Nel caso dei racconti è semplice. Per i romanzi (e per chi ha anni di marciapiede) bastano le prime due pagine e qualche pagina a caso per capire, al novanta per cento, se il libro merita di essere letto o no. Ciò non toglie ovviamente che non ci possa essere un margine di errore, ma siamo certi che non sono molti i Dante Alighieri o i Pavese che hanno ancora il loro libro nel cassetto non pubblicato. Torniamo comunque al discorso di prima: se dovessimo leggere per intero tutti i dattiloscritti che ci arrivano, quanto ci costerebbe? E siamo certi che basti la lettura di una sola persona? Intendiamoci è una cosa che capita, credo a tutti, anche con libri che comperiamo: pensiamo ci possano interessare ma, malgrado ripetuti tentativi, non riusciamo a andare oltre pagina 20 e alla fine finisce che non li leggiamo.

 

DOMANDE SULLE VOSTRE COLLANE EDITORIALI TEMATICHE DEDICATE AGLI APPASSIONATI DEL GENERE GIALLO, NORI, MISTERY, THRILLER ED HORROR.

 

Ultimamente molte collane dedicate al Giallo e Noir tendono a sconfinare nel Pulp o nello Splatter. Qual’è la Vostra posizione in proposito?

Come forse si è capito pulp e splatter sono fenomeni che avevano una loro ragione quando sono emersi, ma hanno fatto danni (alla lettura e alla scrittura) che potranno essere sanati sono fra qualche secolo: purtroppo molti aspiranti scrittori hanno capito che volesse dire scrivere cazzo ogni tre righe.

 

Le vecchie e nuove collane editoriali dedicate al genere Giallo, Thriller e Noir, con qualche coraggiosa puntata verso il genere Horror, si stanno rivelando una scelta vincente. Forse si tende ancora considerare questo tipo di letteratura un intrattenimento di serie B, o le cose stanno diversamente? O questo sta solo a testimoniare ancora una volta che il lettore medio ha una paura quasi atavica nei confronti delle cosiddette letture “impegnate” o “impegnative”?

La letteratura è una cosa, i libri sono un’altra. Quando si tratta di letteratura non esiste serie A, B e C, come non esistono generi. Mi sembra inutile e offensivo sottolineare quanta Letteratura sia stata gialla, noir, horror, fantascienza… e ben sappiamo che ci sono opere (soprattutto del passato, purtroppo) ben più impegnative della cosiddetta letteratura “impegnata”

 

Dicono che il Giallo, con la sua logica rassicurante e matematica, e il Noir, con la sua fredda e impietosa introspezione psicologica, siano in realtà due facce della stessa medaglia che rappresenta efficacemente  in fondo la nostra vita reale di tutti i giorni. Allora è questa la vera spiegazione della vitalità tutto sommato insospettata di questo intramontabile genere?

Il discorso è estremamente complesso e non sono certo la persona più indicata per affrontarlo adeguatamente, me la cavo quindi con una domanda: i milioni di persone che hanno letto Faletti erano appassionati di noir o Horror? personalmente non credo. E di quei milioni quanti hanno poi si sono appassionati a questo genere di libri? personalmente credo nessuno o quasi. E ancora, gli appassionati di noir/horror sono disposti a sciropparsi qualsiasi libro che abbia quell’etichetta (come invece fa una certa frangia di cinespettatori)? E la fantascienza?

 

Perchè una casa editrice come la Vostra? Qual’è la sua collocazione attuale?

Una nuova sigla editoriale che comprende alcune iniziative storiche dell’editoria italiana. Il catalogo Costa & Nolan per una saggistica di livello, aperta da sempre ai nuovi fenomeni dell’arte, in senso quanto mai lato, o della comunicazione, così come a nuove e non banali interpretazioni del sociale e antropologico. Una collana (Ritmi) da cui, con le stesse persone, sarebbe poi nato Stile Libero di Einaudi, con una variegata presenza di classici, narrativa, anche esordiente, giallo, noir e horror (ahimé solo classico o quasi) e il progetto under 25. Una casa editrice da scaffale di libreria, non da vetrina o banchi delle novità, ma i cui più vecchi libri (anni Ottanta) vengono ancora venduti e ristampati. E il lettore sa che a differenza di altre sigle con produzione apparentemente analoga, pubblichiamo solo quello che riteniamo meritevole e nulla di pagato (direttamente o indirettamente).

 

Le collane editoriali in genere sono qualcosa di misteriosissimo, difficile da comprendere per i non addetti ai lavori. A  volte non è facile differenziare le case editrici in base alla tipologia di pubblicazione da loro trattata. Qual’è il modo migliore per farsi un’idea rapida e chiara in proposito?

Ancor più difficile è oggi che tanto si parla di interdisciplinarietà e se da un lato non esistono più le materie tradizionali dall’altro non esistono più le case editrici specializzate come una volta. Ci sono però collane e collane, ovvero quelle che sono meri contenitori e quelle dietro cui c’è un preciso progetto editoriale: un po’ semplicisticamente basta fermarsi su qualche titolo o autore conosciuto o di interesse per capire che anche altri titoli o autori sconosciuti trattano argomenti differenti ma allo stesso modo. Certo è che più volte mi è successo di rifiutare un buon libro proprio per l’impossibilità di metterlo nell’adeguato contenitore, ovvero non avendo una collana specifica.

 

Una nota dolente, quanti autori ai quali avete concesso la Vostra fiducia, hanno poi pubblicato la loro seconda opera con altre case editrici?

Più di una volta, ma non sempre è una nota dolente, anzi. Le piccole case editrici pubblicano quasi sempre autori che i “grandi” non vogliono pubblicare. Se capita che lo facciano per il secondo o terzo libro è solo la dimostrazione della qualità del lavoro svolto. In molti casi poi se ne sono pentiti, perché se è vero che i grandi possono garantire di più sull’immediato, non possono per contro curare con la stessa attenzione un libro per tutta la sua vita. Basta provare a cercare (anche presso l’editore) qualche libro di qualche anno fa per rendersi conto che con l’enorme numero di novità che pubblicano non possono occuparsi più di tanto di ogni singolo titolo. Noi se necessario (e non certo per l’incasso in sé e per sé) andiamo a cercare l’ultima copia in fondo al magazzino. E comunque se di autori è pieno il mondo (molti di più delle case editrici disposte a pubblicarli) è anche vero che sono molti i casi di autori affezionati (e riconoscenti) che hanno preferito restare con noi rinunciando alle ben più mirabolanti offerte di altri editori.

 

Il sodalizio tra autore ed editore quanto è importante nei rapporti futuri lavorativi e professionali? Insomma credete che sentirsi coperto alle spalle da una casa editrice che lo sostiene o lo incoraggia possa aiutare un autore nella sua attività di scrittore, lasciandolo libero da pressioni e da incertezze?

Spero vivamente che gli scrittori abbiamo altri problemi

 

Si assiste costantemente a un continuo prolificare di case editrici altamente specializzate su una tematicità specifica, giova differenziarsi o è solo fonte di una sterile settorizzazione in un campo dove francamente l’informazione stenta a volte a farsi strada?

È vero solo in parte perché anche le case che nascono con una specializzazione precisa prima o poi finiscono quasi tutte per allargare il loro raggio d’azione e perdere così la loro peculiarità. L’eccessiva specializzazione se all’inizio può essere utile, alla distanza finisce per ghettizzare la casa editrice e diventa un boomerang. La specializzazione non è utile tanto nei temi di cui si occupa una casa editrice quanto nel modo di affrontarli, soprattutto oggi che tutti si occupano di tutto.

 

Quanto pesa il Marketing nell’andamento economico di una Casa Editrice, quanto investite nelle campagne promozionali per il lancio di un prodotto o di un autore, e quali sono i risultati che di solito si conseguono con questi investimenti?

Con un adeguato investimento si può vendere anche un libro di pagine bianche (è successo), anche se è probabilmente difficile riuscire a venderlo una seconda volta. Ma per far decollare le vendite di un libro l’investimento deve essere importante se no non serve a niente. E un investimento importante non è sostenibile da tutti (certo non da noi): molte volte si fa pubblicità (poca) solo per autogratificazione dell’editore o per gratificazione dell’autore. Noi abbiamo abolito ogni forma di pubblicità non potendocela permettere. Contiamo molto di più sulla promozione mirata: facendo libri di nicchia (il termine è brutto e abusato ma rende abbastanza l’idea) l’importante è far sì che il maggior numero di persone interessate sappia, prima o poi, che quel libro esiste. Quindi iniziative mirate.

 

Come mai le presentazioni degli autori in libreria vanno spesso pressappoco quasi deserte? La gente ha paura di aggregarsi, di farsi coinvolgere, di rapportarsi personalmente con un autore, famoso o meno che sia?

Sono quasi sempre banali e noiose e servono, come per la pubblicità, per far contento l’autore. Funzionano (ma non per il libro) quando c’è il personaggio di richiamo, ma allora la gente va per il personaggio e non per il libro. Oppure se sono, anche in questo caso, molto mirate, ma è un discorso che vale solo per la saggistica.

 

Avete in mente progetti particolarmente interessanti, nuove collane, qualcosa di aggressivo da proporre al mercato editoriale?

Una nuova collana “Estetiche della comunicazione globale” dove si spazia dalla neotelevisione, ai videogames, ai manga e una collana di monografie sui videogames destinata … alle università

 

Che metodi usate, oltre ai parametri delle vendite, per capire cosa si aspetta e cosa cerca il lettore comune quando girovaga per gli scaffali delle librerie?

Girando in libreria mi viene voglia di cambiare mestiere, sia perché c’è già tutto, sia perché in bella mostra c’è sempre (quasi) solo il peggio, a cominciare dai comici tv. Molto più importanti sono le fiere, Torino in primis ma anche tante piccole di provincia, che sono l’unica nostra occasione di contatto diretto con il nostro utente (altro brutto termine) finale.

 

Come spiegate il grande successo editoriale delle opere allegate in vendita in edicola con quotidiani e periodici settimanali? Forse la gente ha paura di entrare in una libreria?

Con i metri lineari di librerie da riempire che hanno gli italiani in casa. Quanti di quelli che hanno comperato quei libri li hanno poi veramente letti?

 

Si dice che uno scrittore non deve essere uno che pensa, ma uno che ha già pensato. E’ importante il distacco dagli accadimenti narrati, nella modalità espressiva di un autore?

È un falso problema: il problema resta essere capaci di scrivere e avere qualcosa di cui scrivere. Non esistono regole valide per tutti.

 

Parlando delle basse medie di lettura del nostro paese, si assiste invece a un forte incremento degli aspiranti scrittori, forse perché è più facile essere un abile scrittore che un buon lettore?

La mia (purtroppo lunga) esperienza mi dice che non è che gli scrittori siano aumentati, è solo che adesso hanno il coraggio, e le opportunità, di tirare la loro roba fuori dal cassetto mentre una volta non ci avrebbero nemmeno provato, soprattutto per il rispetto che avevano per gli scrittori pubblicati. Oggi, come già detto, “Se c’è riuscito lui perché non dovrei riuscirci anch’io?”

 

Diceva Oscar Wilde che non esistono libri “buoni” e libri “cattivi” ma molto più semplicemente libri scritti “male” o scritti “bene”. Fondamentalmente è una grande verità, ma ancora assistiamo al fenomeno, francamente preoccupante per il nostro panorama letterario, di assoluti sconosciuti scrittori “famosi” in qualche altro campo che si cimentano con la scrittura.  Al di là degli indiscussi ritorni economici dovuti a una sensazionale campagna promozionale, come si può ragionevolmente ritenere che comici, attori, calciatori, cantanti e uomini politici si possano cimentare validamente con la scrittura? E’ come se un meccanico decidesse di emulare Rembrandt, tanto per fare un esempio, senza mai essersi cimentato prima con un’analoga esperienza artistica.

Non credo sia una cosa preoccupante perché chi compera quei prodotti (e il termine non è usato a caso) è quello che vuole. Non è che siano libri buoni o cattivi, non sono semplicemente libri ma, appunto, prodotti commerciali. E non è che se non venissero più pubblicati quegli acquirenti (e non lettori) comprerebbero, e leggerebbero, qualcos’altro.

 

L’ultimo rapporto italiano sulla lettura dipinge il nostro paese come un grosso animale indolente e pigro, da che cosa deriva secondo Voi questo fenomeno? Colpa delle scuole, della cultura, dell’educazione, della mancanza delle istituzioni o delle strutture che non riescono a sostenere come dovrebbero e a incrementare la lettura nell’età scolare?

Personalmente ho sempre avuto cattivi rapporti con i miei colleghi editori perché ho sempre sostenuto che la colpa prima è nostra: pubblichiamo troppi libri (ben di più di paesi con indici di lettura molto più alti), troppi libri inutili, troppi libri brutti. Incominciamo a fare un passo indietro noi e poi preoccupiamoci della scuola e delle istituzioni. O di chiedere aiuti. E impariamo a trattare i lettori da lettori e non semplici clienti (ovvero vacche da mungere).

 

Un cenno sugli autori che stanno pubblicando con Voi in questo periodo, sulle Vostre “scoperte” editoriali, sulle scommesse “vincenti” che avete intrapreso nei confronti del mercato editoriale italiano.

Come scoperte puntiamo molto sui nuovi Under 25 che sono comunque uno specchio dei tempi, niente di stratosferico ma sicuramente al livello di molti bestseller recenti e in qualche caso anche superiori. Da loro ci aspettiamo, anzi già ci hanno mandato qualcosa, anche buoni romanzi.

 

Il lettore italiano è un animale evoluto, o una fragile creatura inerme in balia delle manovre politiche ed economiche del Merchandasing?

Per fortuna di lettori veri, soprattutto tra i giovani, ce ne sono e tanti. Contiamo molto sul loro proselitismo. Il loro problema è che quasi mai hanno i soldi per acquistare tutti i libri che vorrebbero.

 

E infine in breve di cosa ha bisogno oggi il mondo editoriale per rinnovarsi e incontrare i favori del pubblico?

Che chiuda oltre la metà delle oltre 4.000 (quattromila!) case editrici esistenti (anche se a volte solo sulla carta) e che i restanti editori facciano gli editori e non i venditori di libri.

 

Cosa si aspetta infine oggi il lettore da una casa editrice?

Ah, saperlo

Sabina Marchesi

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