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E’ venerdì sera: compleanno di Chicco

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E’ venerdì sera: compleanno di Chicco

Mi guardo e riguardo davanti allo specchio. Stasera sono proprio lanciatissimo. Lo stereo passa un pezzo dei beach-boys. Accenno un breve balletto sulle spiagge californiane accanto ad un falò.
Squilla il telefono. E’ Sergio dalla caserma. "Tutto bene" gli faccio "e tu?" "bene settimana prossima mi danno la licenza quindi prepariamoci per una festa come ai vecchi tempi. C’è il compleanno di Chicco stasera?" "Si, abbiamo prenotato un tavolo al Cotton, vicino alla pista grande, quella commerciale". "Mi spiace parecchio non poterci essere, ma già sapevo di non potere avere la licenza per questo week-end" "Dispiace anche a me…."ma la cosa sta prendendo una strada troppo patetica e poi non suona bene per me: è facile fare il buono in queste situazioni: in caserma ci sta lui ed io sono qui libero, pronto per andare in bolgia. Correggo il patetico con l’ironico "…eh si mi dispiace proprio sapere che fra sette giorni ti avrò ancora fra le PALLE" "che stronzo che sei" mi fa ridendo ed io "Alla grande!".
Al pub Chicco e Leo hanno già il bicchiere in mano. Dopo una mezz’oretta ci siamo tutti e cominciano i giri di auguri e bevute. Fuori dalla bolgia qualcuno comincia ad insistere per partire. Chi, come Isa ed altre ragazze per paura della fila, chi come Chicco e tanti altri che non vedono l’ora di entrare in macchina a fumare, chi come Stefano non perché gli scoccia pagare di più….
In macchina Chicco si siede rigorosamente davanti perché deve lavorare. Prepara anche una riga di coca.
L’abbiamo presa apposta per quest’occasione, non è che possiamo permettercela tutti i fine settimana.
Ho sempre sostenuto che, per uno con il portafoglio da studente-operaio, la coca è una di quelle droghe meno pericolose. Non può matematicamente renderti dipendente. Gli acidi mi mettono più paura sotto questo aspetto.
Ho visto alcuni miei coetanei fuori di testa per aver mangiato.
Cristian, il nostro amico-fornitore ce l’ha offerta in uno stato di esagerato entusiasmo dovuto non solo a perché se l’era appena sparata. "E’ roba fresca, tagliata pochissimo e dà una botta pazzesca. Mi sono appena tirato su un mezzo righino e guardate come sono ridotto….." il che voleva dire per noi principianti che è roba tagliata ma non del tutto scadente. Ci ha salutato dicendoci di non parlare troppo esplicitamente al cellulare la prossima volta perché è rischioso per lui, essendo un carabiniere.
Come al solito dobbiamo parcheggiare lontano ma questa volta abbiamo il privilegio vip di evitare la fila passando per l’entrata tavoli. La plebe ci guarda gelosa e noi quasi ci sentiamo i flash addosso.
Aspettiamo per un po’ la macchina di Simone. Già sappiamo che loro entreranno verso le cinque, cioè non prima che lui abbia trovato un posto al riparo da possibili sfregiatori e parcheggiatori maldestri, in zona illuminata e trafficata, con umidificazione e ventilazione adeguata.
Il cameriere ci porta al tavolo. Cazzo bello, grande e vicino alla pista ed alle cubiste. Che figata.
E’ presto e ci rompiamo le palle. Ci schiodiamo dal tavolo per fare un giro. Arrivo dalle parti del bar per cambiare ci trovo Marco con i suoi amici.
Tutte le volte che lo vedo è sempre appoggiato al banco del bar.
Una volta mi è capitato di vederlo in bagno. Un tizio in carrozzella ha cominciato a camminare.
Lui conosce tutte le bariste e se ne innamora. Ha sempre la tessera delle consumazioni bucata come un colabrodo. Il bicchiere fisso in mano. Credo che ci dorma anche.
Mi chiede se ho visto la nuova barista molto carina ma anche stronza perché ancora non gli ha offerto da bere, neanche una volta. Lo invito al nostro tavolo, c’è molta roba da bere. Mi dice che più tardi viene a fare un giro.. se solo riuscisse a spostare il banco del bar vicino al tavolo.
Intanto ho perso gli amici. Continuo a girare con la sola forza della calca. Uno mi spinge, un’altra mi pianta un tacco nel pollicione, una figa mi chiama ma mi accorgo che
1.
non sono diventato improvvisamente irresistibile.
2.
lei non si è sbagliata: "che figuraccia"-"non ti preoccupare…come ti chiami?"
3.
un pennellone dietro di me ha il mio stesso nome
La disco è un campo da rugby americano con un numero infinito di giocatori alla ricerca di una palla che nessuno sa dove sia. E tante ragazze pon-pon pronte ad incitare sempre l’altra squadra.
Raggiungo a fatica il tavolo-panchina placcandone due e slogandomi una caviglia.
Sono tutti accalcati in attesa dei camerieri. Saluto i nuovi arrivati della compagnia, fra cui, appena seduti, quelli della macchina di Simone. Lui, dopo aver visionato i 5000 posti parcheggio della zona, deve aver optato per il suo
garage.
Isa ha portato quattro sue amiche, uhm niente male, anzi.
Arriva Chicco ed i nostri discorsi vertono direttamente su loro. Lui sa già tutto, nomi, età, occupate/libere, ecc.…..
Ho tanta voglia di andare là e presentarmi, ma poi comincio a pensare che farei solo la figura dell’allupato, forse del buffone (visto il mio grande savoir-faire in queste occasioni), o alla meglio quella del playboy della domenica.
Loro se ne stanno per i fatti loro, limitandosi a parlare e ridere con altri quando la circostanza lo impone.
La maggior parte dei maschi della mia comitiva elenca sillabe a casaccio fra loro, il tutto con molto stile, se non fosse per il fatto che non si guardano neanche in faccia, occupati come sono a tenere d’occhio le tipe.
Me la tiro e rimango sulle mie.
La pista è piena. Ragazze che ballano fra di loro pronte ad innervosirsi se qualcuno le importuna. Tipi che si muovono serissimi, quasi stessero lavorando. Alcuni robot con gli occhiali da sole e i passi imparati a casa in ore davanti allo specchio. Un gruppo di ubriachi ride, beve, dondola e spinge completamente fuori ritmo.
Tutti guidati dallo speaker fantasia: SU LE MANIII, BENVENUTI, SOLO DI VENERDI’, FINO AL MATTINOOOO…..
Stanno per arrivare i camerieri-equilibristi in mezzo alla calca.
Sembra quasi bello trovarci tutti insieme a cantare il rito degli auguri. Chicco, insieme ad un altro milione di persone, spegne le candeline.
Il cameriere fa i piatti e solo quelli armati di lupara riescono ad avere la meglio.
Gianni si annusa la torta e disgustato "che cazzo di odore ha?!". La porge a Leo, lì vicino. Lui da vero coglione prova sentirla col naso e Gianni gliela stampa in faccia, manco fossero le comiche. Succede un po’ di tutto, chi ride e viene bagnato da bottiglie di spumante diligentemente sbattuto, chi si trova frutta dei cocktail in tasca, chi ghiaccio nella schiena o chi ne usa le gocce come coriandoli.
Tutti insieme, più o meno, vittime-complici-predatori.
Qualcuno non verrà più alle nostre feste. Le amiche di Isa sono fra questi. Il bello è che alla fine sono riuscito ugualmente a farci la figura del buffone. Ma mi sto divertendo una cifra, forse perché sono su di giri e non me ne frega niente.
Io e il Lupo decidiamo di andare in bagno per una bella pippata. Entriamo insieme. Io tengo la porta, lui versa i granellini bianchi sul piano dello sciacquone. Ci lavora su di bancomat. Qualcuno bussa ed io, controllando il panico, sbuffo un OCCUPATO! Penso al rumore delle botte che hanno dato i buttafuori a gente come me. Arrotolo un cinquanta e tiriamo la polverina.
Sento l’amaro nella mia bocca ormai completamente anestetizzata.
Al bar ritroviamo gli altri che ora sono alle prese con un nuovo gioco. Fanno i pieno delle arachidi al bar e se le lanciano a vicenda nei bicchieri. Ne prendo un pugno.
Vedo Simone che sta parlando con una tipa in un angolo buio. Di nascosto faccio partire 3 arachidi. Che culo, canestro perfetto! Siamo proprio in forma, Magic…lui si volta e mi accorgo che lui non è lui ma uno più grosso e incazzato.
La tipa lo supplica "Ti prego non fargli del male, lascialo perdere.." Nell’attimo prima che mi colpisca riesco a far partire un fiume di scuse con un decisivo "Te ne offro un altro….doppio". La prima e unica cosa che mi dice è "si-va-bene-andiamo- al-bar"
Mi viene in mente quando da bambino facevo il duro con quelli più grandi e poi quando sentivo l’odore delle botte imploravo scuse ai loro piedi.
Gli pago la birra e me la filo velocemente. Spero di non incontrarlo più finché la mia altezza non crescerà di 30 cm e non metterò su almeno 30 Kg di muscoli.
Intanto i miei amici si sono gustati in prima fila la scena e avranno da ridere per i prossimi 30 anni.
Dentro è un caldo bestiale. Quando arriva l’estate è sempre così: una gran fila fuori per cui non vedi l’ora di entrare; una gran calca sudata dentro per cui non vedi l’ora di uscire.Fuori è affollatissimo, molta gente non è neanche entrata.
"Hanno ragione a stare qui fuori, è più fresco, nessuno ti
spinge, la musica non ti fa urlare ed incontri la stessa gente che c’è dentro.
C’è pure il classico chiosco se vuoi bere o mangiare" spiego a Lupo. Lui annuisce anche se non sembra interessato al mio discorso. O meglio interessato solo ad una parte del mio discorso, quella relativa al chiosco. Si spara subito una birra, "Cazzo è piscio, sentila". Ne bevo un sorso e fa proprio schifo. Maledice il tipo del chiosco ma continua a berla.
Un cane, sicuramente randagio considerando l’aspetto ed il fatto che siamo in estate, si avvicina e ci guarda con la lingua fuori. "Forse ha sete" azzardo l’improbabile ipotesi". Lupo si china "Hai sete poverino? vieni qua che ti do un po’ di birra. Ma non berne troppa che ti puoi ubriacare". "Senti chi parla" lo provoco e lui dondolando esageratamente "IO non mi sono mai ubriacato".
Mette la bottiglia nella bocca del cane. Il cane comincia a bere leccando ben bene tutto il collo della bottiglia. Gli viene anche un colpo di tosse e ci sputa un po’ dentro.
"Smettila che sta arrivando Stefano!" gli ordino e lui capisce al volo. Comincia a far finta di berne dei sorsi. "Vero Stefano che qui si sta meglio" lo massaggio "rimani a far due chiacchiere con noi". Lui annuisce e comincia a parlare di che cazzo non me ne frega.
Sappiamo che a questo punto farà tutto da solo. Si vede che ha sete e si ritrova nel dubbio se pagare per bere o scoccare, bevendo meno, ma gratuitamente. Non c’è nessun dubbio: "Cosa bevi, me ne daresti un sorso?". Lupo un po’ scocciato gliela porge "Ti avverto è calda però"
"Ah fa lo stesso" trionfa lui e se la beve di gusto.
Mi mordo la lingua per non ridere. Devo darmi anche qualche pizzicotto.
E’ una delle tante che ti facciamo Stefano, che ti abbiamo fatto e che ti faremo, per i soldi che hai tu ed i tuoi, per la villa dove abiti, dove fate digiuni non certo religiosi e nonostante ciò per come tendi a scoccare panini, bevande o quant’altro, aspettando che altri paghino per non pagare te. Per tutte le volte che c’è da andare via in macchina e la tua ha sempre qualcosa che non va o il pieno da fare. Amen
Stefano incontra un suo amico e comincia a parlargli.
Ci passa indietro la birra. Il cane guarda ancora la birra nonostante ci abbia bevuto Stefano. Lupo porge nuovamente la birra al randagio. Non capisco se Stefano vede la scena o no, comunque quando Lupo gli propone "Se ti va puoi finirla la birra, io non ne voglio più", lui si mette a ridere e poi con una voce così cattiva che non gli avevo mai sentito "Guarda che non sono mica stupido; non ci casco nei vostri giochi cretini. Ho visto che l’hai data al cane".
Se ne va dicendo "Non sono mica stupido, Capito"
"Cosa pensavamo noi, non è mica uno stupido, lui" ammetto,
"No-no" se ne ride il Lupo.

Gabriele Prati

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